Ultras: proiettili mai visti per l'omicidio di Vittorio Boiocchi
Un uomo a terra, aggredito davanti al portone di casa: morirà al San Carlo pochi minuti dopo il ricovero. Due killer con casco integrale in fuga su una moto di grossa cilindrata. E un omicidio ancora avvolto nel mistero. È passato un anno dall'agguato di via Fratelli Zanzottera, costato la vita al leader della Curva Nord Vittorio Boiocchi.
L’omaggio degli ultras
Quella sera, i capi ultrà svuotarono il secondo anello verde di San Siro alla fine del primo tempo di Inter-Sampdoria (con seguito di polemiche e provvedimenti della Questura), ultimo omaggio al capo assassinato un'ora prima del fischio d'inizio. E sabato sera alcuni membri del tifo organizzato di fede nerazzurra si sono ritrovati allo stesso indirizzo con la famiglia di “Zio Vittorio" per ricordarlo con striscioni e fumogeni.
La pista dell’Est Europa
In questi dodici mesi, le indagini della Squadra mobile non si sono mai fermate per dare un volto ai due fantasmi svaniti nel nulla. Il lavoro della Scientifica sui bossoli repertati, stando a quanto risulta al Giorno, ha aperto uno degli scenari che gli agenti della sezione Omicidi, coordinati dal pm Paolo Storari e guidati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Domenico Balsamo, stanno scandagliando senza sosta. Sì, perché i colpi che hanno ferito a morte Boiocchi sono di fabbricazione cecoslovacca e mai prima del 29 ottobre 2022 erano stati rinvenuti sulla scena di un delitto avvenuto in Lombardia. Di conseguenza, una delle ipotesi che gli investigatori starebbero battendo è che a portare a termine materialmente il raid letale siano stati due sicari originari dell'Est Europa, assoldati da uno o più mandanti per un'aggressione per conto terzi.
Intimidazione finita male
Non a caso parliamo di aggressione e non di omicidio su commissione, perché gli accertamenti tecnici sulle traiettorie dei proiettili avrebbero dato un'altra indicazione potenzialmente importante: non è detto che i due killer fossero lì per uccidere. Tradotto: è possibile che l'ordine fosse di gambizzare Boiocchi, forse per intimidirlo e fargli capire che stava esagerando, ma che una reazione della vittima designata abbia portato a un esito diverso rispetto a quello pianificato alla vigilia.
Il ritorno in curva
Detto del possibile "come", resta da individuare il "perché", determinante per risolvere il caso. E qui le piste sono tante. Tante quante le relazioni che Boiocchi aveva riallacciato dopo il ritorno in libertà. Reduce da 26 anni e 3 mesi di reclusione per una decina di condanne per narcotraffico, associazione a delinquere, sequestro di persona, porto abusivo di arma, ricettazione e furto, nel 2019 l'ex capo dei Boys San è rientrato al Meazza per riprendersi tutto: la leadership indiscussa della Nord e i suoi business. Un cambio della guardia segnato pure da una scazzottata con un altro dei capi storici, Franco Caravita, poi smentita con una foto in ospedale e due medi a favor di smartphone per allontanare malelingue e voci di contrasti interni.
Frequentazioni pericolose
Chi lo conosceva bene racconta che Boiocchi, ormai sulla soglia dei 70 anni, era tornato con la voglia di riguadagnare il tempo e il denaro perduti, agendo con particolare spregiudicatezza e su più tavoli: che fosse sugli spalti e nei dintorni dello stadio o su altri campi, con interlocutori criminali di medio-alto livello. Nel luglio del 2020, ad esempio, aveva incontrato ai tavoli del Bar Calipso di via Correggio Vincenzo Facchineri – "diretto appartenente" dell'omonima ‘ndrina e fratello di Luigi, ritenuto il boss di quella "organizzazione criminale" – e Antonio Francesco Canito detto 'Caniggia', direttamente legato al clan Magrini, "famiglia appartenente alla malavita barese", il cui fratello Massimiliano fu gambizzato nel novembre 2019 in un bar di Quinto Romano dopo essere stato costretto a inginocchiarsi da un aggressore mai identificato.
L’arsenale in auto
A marzo del 2021, era arrivato l’ultimo arresto, sempre della Mobile. Boiocchi era stato fermato su un’auto rubata: i poliziotti avevano trovato finte pettorine della Guardia di Finanza, una pistola senza matricola con caricatore e sette cartucce, uno storditore elettrico, un coltello da cucina di grosse dimensioni, due manette in acciaio. Gli inquirenti avevano poi scoperto che era stato incaricato di un’estorsione da 2 milioni di euro ai danni del titolare di un'azienda con sede a Città Studi.
80mila euro al mese
Nel corso di quell’indagine, coordinata dal pm Carlo Scalas, fu intercettato un dialogo-chiave, durante il quale Boiocchi si rammaricava per lo stop alle partite causa emergenza Covid e per i guadagni a cui stava giocoforza rinunciando: circa “80mila euro al mese”, nelle sue parole, tra parcheggi, “700-800 biglietti in mano” e due paninari che gli davano una somma stabilita a ogni match casalingo dell'Inter.
Il principe della Barona
E arriviamo all’aprile del 2023, quando viene arrestato il presunto ras della Barona Nazzareno Calaiò alias "Principe". In un’intercettazione, risalente a un anno prima, si parla, secondo il Ros, ancora di Boiocchi: “Adesso studio il modo che gli taglio la testa senza pagarla... a questo infame qua”. Chi ha ucciso “Zio Vittorio”?