Bindi lascia il calcio giocato: "Voglio vederlo da altre prospettive, migliorandolo"
"L’unica persona che sei destinato a diventare è la persona che decidi di essere": diceva così il filosofo statunitense Ralph Waldo Emerson.
E il "diventare" è probabilmente uno dei nodi centrali della vita dell'essere umano, una vita inevitabilmente segnata da cambiamenti, adattamenti, scelte di vita, spesso anche difficili da prendere: perché ci vuole più coraggio a mutarsi, a mettersi in discussione e a reinventarsi. Soprattutto quando per circa 20 anni si è stati un qualcosa, anche di importante.
Perché questo è stato Giacomo Bindi, nella sua "area di competenza": uno tra i migliori portieri in circolazione tra Serie B e Serie C.
Ma il momento è arrivato, a 35 anni la scelta è stata fatta: quella attuale, vissuta con la maglia del Pordenone, è stata la sua ultima stagione da calciatore. Da oggi, scarpette - e soprattutto guantoni - sono appesi al chiodo. Tra i tanti attestati di stima e riconoscimenti che il mondo pallonaro gli ha giustamente tributato dal giorno in cui ha comunicato questa scelta.
Ai microfoni di TuttoMercatoWeb.com, è stato proprio Bindi a raccontarsi, e a ripercorrere questa lunga avventura.
Una carriera quasi ventennale, ora nel pieno della maturità, soprattutto per un portiere: perché la scelta di appendere le scarpette al chiodo?
"Guardandomi indietro, ho visto di aver costruito una carriera fatta di tanti momenti preziosi, campionati vinti, gare giocate in modo soddisfacente in Serie B, confronto con persone che adesso sono in Serie A: sapevo da subito, però, che tutto questo, per quanto bello e felice, non era eterno, quindi mi sono costruito attraverso gli studi universitari un percorso alternativo. Che reclama adesso il suo momento: è l'ora di lasciare questa prima parte di vita per dedicarmi a qualcosa di diverso. Certo, smettere e riniziare un percorso è una forma di investimento e rischio su sé stessi, serve coraggio, ma sono sereno, anche perché la decisione non è maturata dall'oggi al domani. Erano dei mesi che la stavo valutando. Il confronto con la mia famiglia e le persone a me vicine mi ha aiutato molto. La cosa che però mi ha sorpreso è la manifestazione di affetto ricevuta una volta comunicata questa mia scelta: mi aspettavo qualche pacca sulle spalle, ma non così tante. Questo mi ha gratificato molto, vuol dire che ho fatto bene, sono piaciuto, sono stato utile: ho quindi ancora più serenità nel lasciare il calcio giocato".
Dopo diverse promozioni, decidi però di chiudere la carriera con una retrocessione...
"Pordenone, nel corso degli anni, è una piazza che ha vissuto molte gioie, è cresciuta tanto sotto molti aspetti: dall'apparizione di Milano in Coppa Italia con l'Inter si è poi passati alla Serie B, con tanto di Serie A sfiorata... sono davvero molto felice di quanto è stato fatto. La retrocessione è stata un insuccesso, certo, ma credo sia solo un passo indietro per farne prestissimo due in avanti. C'è tutto per ripartire al meglio. Anche le esperienze negative aiutano a crescere".
Lasciare però in un altro momento sarebbe stato più semplice.
"Non ho ragionato sui momenti della squadra e dell'ultimo anno, ho fatto un ragionamento sul mio percorso totale. Sentendomi davvero sereno e soddisfatto ho ritenuto fosse comunque il momento giusto".
A proposito di momenti, quale è il più bello della tua carriera?
"E' difficile sceglierne uno, anche se i campionati vinti sono sicuramente quello che più mi rimane dentro. Il primo a Latina, anche se non da protagonista assoluto, non lo dimenticherò mai, ma anche la B conquistata a Pisa, a fronte di un campionato giocato da protagonista, è qualcosa di magico, un momento indelebile. Cornice di pubblico fantastica, la più bella di sempre, e un mister, Gennaro Gattuso, che è quasi un mito. Un campione del mondo, una persona di carisma e astuzia che ha sempre capito le dinamiche dei vari momenti, ha insegnato tanto a tutti".
E' quindi Gattuso la persona che ha segnato maggiormente la tua avventura da calciatore?
"Indubbiamente Gattuso ha segnato la mia storia sul rettangolo verde, ma in una carriera così lunga e differenziata, vissuta dal profondo Nord al profondo Sud, sono state tante le persone che mi hanno lasciato qualcosa. Un qualcosa che ho poi sempre messo in pratica nelle mie esperienze".
Esperienze spesso segnate da una costante: una volta raggiunta la B, non arrivava la riconferma. Qualche tirata di orecchie ai club?
"(Ride, ndr) Effettivamente dopo la promozione non sono mai stato fortunato! A parte gli scherzi, sono state tutte situazioni diverse. A Latina fu un addio doloroso, a Pisa ponderato e più voluto: avevo visto poca chiarezza nel progetto, e, seppur con dispiacere, ho optato per altre soluzioni. Cosa che non avrei invece fatto a Padova: capisco il fare altre scelte, ma dopo due anni che avevo dato il meglio di me non mi è stata data neppure la possibilità di fare il secondo, mi hanno detto che dovevo andar via. Ci son rimasto molto male. Pordenone è invece il club con cui ho avuto il riscontro meritocratico migliore, la società non ha mai messo in discussione la mia titolarità neppure in Serie B, e a proposito di persone che hanno segnato il mio percorso, cito mister Tesser: con loro ho conosciuto dinamiche professionistiche di livello, tra le migliori respirate in questo sport".
Credi che tutti questi insegnamenti ricevuti sul campo si siano ripercossi anche nella tua sfera privata?
"Il calcio rispecchia la vita reale, e anche se posso sembrare presuntuoso, credo di avere una marcia in più grazie a quello che finora è stato il mio lavoro. E' un ambiente molto vasto, una palestra di vita che aiuta tanto".
E' quindi più quello che il calcio ti ha dato o quello che ti ha tolto? Si sottovaluta spesso la cosa, ma è un lavoro che richiede molti sacrifici...
"Con pazienza, e anche con l'intelligenza di chi mi sta vicino, credo di aver gestito il tutto al meglio tutte le dinamiche che il mio lavoro comprendeva: posso quindi dire di aver ricevuto più di quanto ho dato, ed è per questo che ora voglio restituire qualcosa al calcio".
Vedremo quindi Bindi ancora nel calcio, ma in altre vesti?
"Mi piacerebbe rimanere sì nel calcio, ma no da attore protagonista, bensì vedendolo da un'altra prospettiva, per provare a migliorarlo. A settembre inizierò con l'AIC il corso formativo di segretario amministrativo, poi vedremo cosa mi riserverà il futuro".