Sassuolo, Dionisi a 360°: "Berardi ha doti da grande squadra. Juve e Inter vittorie meritate"
Lunghissima intervista del tecnico del Sassuolo Alessio Dionisi ai canali ufficiali della Lega Serie A. L'allenatore neroverde inizia il suo ragionamento dai successi contro Inter e Juventus in campionato: "Sicuramente la settimana nella quale abbiamo affrontato due squadre importanti come Juve e Inter è stata significativa, speriamo possa esserlo e rimanere tale anche nel prosieguo del nostro campionato, perché quando fai delle prestazioni del genere contro squadre che hanno obiettivi diversi dai nostri e, credo di non essere smentito, riuscendo a vincerle entrambi con meriti, devi portarti dietro il tuo dovere, la consapevolezza che è cresciuta, senza aumentare la presunzione, motivandoti, cercando di avere maggiore ambizione. Non posso negare che prima di queste due partite non eravamo così consapevoli e sicuri per fare certe prestazioni, poi lavori sempre per questo, ma un conto è pensarlo e un conto è riuscire a farlo. Noi ci speravamo, lavoravamo per, la squadra è stata rinnovata e fare queste due prestazioni ha significato tanto ma dobbiamo pensare al futuro perché è importante quello che faremo dopo queste prestazioni, ci siamo fatti notare anche per altre cose positive, e non essere ricordati solo per queste prestazioni".
L'allenatore del mese di settembre?
"Personalmente, aver ricevuto un premio dopo queste partite perché il premio è stata una conseguenza di queste due prestazioni e del risultato, è motivo d'orgoglio ma lo condivido con tutti. L'allenatore non scende in campo, non so nemmeno se è la componente più importante di una squadra, ma ricevere un premio del genere allenando una squadra del livello del Sassuolo non è comune, ma la speranza è che si possa riessere candidati perché vuol dire che la squadra ha fatto risultati. Questa cosa fa piacere, non posso negarlo, ma mi sarebbe piaciuto riceverlo più avanti perché non sarebbe stato solo per queste due partite per un altro ciclo di partite, poi questo fa piacere a me, allo staff e alla società".
Lei ha vinto anche la Panchina d'argento...
"Per essere un allenatore che è partito dalla D, con una carriera da giocare in C e in D, pensare che in 10 anni, grazie al lavoro della squadra, grazie a tutto, mai l'avrei pensato prima. Vincere l'allenatore del mese, che poi è più importante essere l'allenatore della stagione, anche questo non l'avrei pensato anni fa. Sono delle gratifiche personali che poi contano meno di quello che è l'obiettivo di un allenatore che allena una squadra e dei giocatori mediamente giovani che devono consolidarsi e crescere per avere come obiettivo anche il raggiungimento di squadre più importante. Poi degli allenatori se ne parla tanto, fa piacere, ma i protagonisti sono i giocatori, è bene che i premi vengano divisi più tra di loro".
Cosa pensa un allenatore in panchina quando vede Berardi fare quel gol che ha fatto con l'Inter?
"Tutte le vittorie, di qualsiasi squadra, passano dalle giocate individuali. Poi il calcio, essendo uno sport a basso punteggio, ti ricordi un dettaglio che ha spostato il risultato. In queste gare abbiamo avuto delle giocate non comuni, non solo al Sassuolo, ma in A, e una tra queste è la giocata di Berardi. La sensazione già dal campo, a volte la prospettiva è diversa, ci sono le sensazioni del momento, ma già da lì mi sono guardato intorno, ed era pazzesco e rivedendolo...una difficoltà incredibile, una giocata che pochi giocatori fanno, però anche nella gara con la Juve ci sono state delle giocate individuali, Berardi ha fatto un assist fuori dal comune per Laurienté, poi non è arrivato il gol e se ne parlerà di meno, a San siro invece ha inciso e se ne parlerà come è giusto che sia, perché siamo all'ottava-nona di campionato, è presto, ma credo che andrà nei 10 gol più belli della Serie A".
Gli expected gol con Berardi e senza cambiano tanto: quanto è importante per voi?
"Lui è determinante. Tutte le squadre hanno giocatori che mettono la loro qualità individuale nella squadra ed elevano la prestazione della squadra e anche il risultato, lui nel Sassuolo è questo. Non è l'unico ma è il giocatore offensivo che ha più esperienza e nell'esperienza la qualità emerge di più, è più consapevole degli altri. Lui è nato per giocare a calcio, si diverte, e credo lo riporti anche nelle partite. Lui ha il calcio in testa, io ho detto che potrebbe fare qualsiasi ruolo dal centrocampo in su, ma anche dietro anche se sarebbe sprecato, ma ha la testa per giocare in ogni zona del campo perché lui vede il calcio, lo legge prima e lo capisce, non è un caso che con lui in campo i numeri siano migliorati. Io i numeri li guardo ma bisogna analizzarli in un medio-lungo periodo. Noi ad esempio nelle prime 8 abbiamo giocato con il Napoli alla seconda, in 10 per un tempo, e quella partita potrebbe 'macchiare' i dati delle prime 10 partite perché ti schiacciano di più in porta, e quella partita inciderà tantissimo, ma le nostre prestazioni in 10-20 partite potrebbero migliorare quei numeri. Domenico ha numeri pazzeschi, nell'anno solare forse solo Osimhen in Italia aveva partecipato a più gol, ed è significativo. Domenico ha giocato 300 partite in Serie A col Sassuolo, ha dati importanti su numeri grandi e anche i dati confermano quello che penso io e quello che pensano tutti: ha doti da grande squadra".
Lei ha uno degli attacchi più forti della Serie A...
"Non sono d'accordo. Ho stima di tutti ma non è facile giocare con tanti giocatori offensivi. Noi ne abbiamo tanti per scelta, abbiamo determinati giocatori di attacco e meno di corsa indietro e credo che non ci sia squadra in Serie A, che giocano con 4 attaccanti perché Castillejo gioca da trequarti ma è un attaccante, Bajrami è un trequartista offensivo, ed è difficile in una squadra del nostro livello giocare con 4 attaccanti, devono tornare i conti per farlo. Siamo una squadra votata all'attacco e vogliamo esserlo. Il rischio quale può essere? Prendere qualche gol in più, cerchiamo di limarlo e limitarlo con gli attaccanti, per poi essere pericolosi ed efficaci, altrimenti la coperta diventa corta. Credo che ne valga la pena ed è per questo che continuiamo su questa linea ma se abbiamo pensato di creare una squadra votata all'attacco è perché siamo convinti che i nostri giocatori offensivi siano di buon livello per noi, ma anche chi sta giocando poco diventerà importante per noi, spero nel breve-medio periodo, poi i ragazzi giovani o che arrivano dalla B hanno a volte un'esplosione immediata o più tardiva, ma hanno qualità. Abbiamo un reparto offensivo che mi permette di fare delle scelte. Un reparto offensivo che ci permette di giocarcela anche con qualche rischio, cercando di fare un gol in più degli altri, poi se non ci riusciamo dobbiamo cercare di rivedere qualcosa".
Chi è Alessio Dionisi?
"Credo che una persona non si debba descrivere da solo. Ognuno ha la percezione di se stesso ma vedersi da fuori sarebbe più opportuno e forse più neutrale. Sono un papà di 2 bambine, una gioia enorme. Marito di una moglie splendida che mi supporta e mi ha permesso di intraprendere questo percorso perché credo che non si possa fare un percorso del genere se non hai una serenità di un certo tipo, e ce l'ho grazie alla famiglia, la moglie e gli amici, perché io mi impegno e cerco a essere lo stesso amico di 10 anni fa quando ero in D. I miei impegni sono cambiati, sono la stessa persona, ma mi piace pensare di essere sempre lo stesso con i miei amici perché quello che conta è essere una persona, fermo restando che il lavoro a volte non te lo permette, delle volte devi essere quello che gli altri vogliono da te o trasmettere quello che gli altri hanno bisogno di ricevere però mi impegno a trasferire quello che sono, i valori in cui credo, perché credo nella meritocrazia e io per certi aspetti ne sono l'esempio ed è grazie a un percorso, non posso dimenticarmi quello che la meritocrazia mi ha dato e devo trasmetterlo anche a chi lavora con me, perché il lavoro quotidiano ti permette di arrivare dove oggi non pensi ma dove probabilmente dopodomani potrai arrivare. Io non voglio fermarmi e cerco di trasferire questo. Poi l'allenatore deve avere concetti tattici, tecnici, ma è secondario perché sono prima un uomo. Nel mio lavoro mi sono già tolto nuove soddisfazioni e sono alla ricerca di nuove soddisfazioni".
Si sente più pisano, varesino o sassolese?
"Mi sento toscano al 100% ma al tempo stesso ho preso da tutte le realtà dove ho vissuto. A Sassuolo è il terzo anno e conoscere le persone più a fondo ti lascia qualcosa in più e speri di poter lasciare anche a loro. Gli altri magari ti vedono con occhi diversi e a volte non riesci a instaurare un rapporto genuino perché mi percepiscono in maniera diversa rispetto a qualche anno fa. Mi divido tra la Toscana, ci vado poco, e spero di tornarci a vivere prima o poi. Ci ho allenato un anno solo ed è stato bello. Sto in Emilia Romagna e sto benissimo perché credo sia la regione più vicina alla Toscana e sono anche confinanti. Vivo in Lombardia, in provincia di Varese. La mia figlia più grande studia a Varese e credo di aver imparato qualcosa anche da Varese. Ho perso alcune terminologie toscane, il 'mi garba' l'ho trasformato in 'mi piace', anche 'babbo', le mie figlie mi chiamano papà. Io il mio lo chiamo babbo, prima che nascesse mia figlia dicevo 'mi deve chiamare babbo' e invece mi chiama papà. Io mi sono abituato al suono della parola papà, per mia figlia sono papà e io mi sento papà".
Il tuo percorso ti aiuta a far capire ai giocatori cosa stanno vivendo in Serie A e l'occasione che stanno avendo?
"Sicuramente la gavetta mi ha dato, è un valore che mi porto dietro, trasmetterlo a chi è attorno a me, sicuro che ci riesco, ma con i ragazzi non è semplice: cerchi di trasferirglielo però l'allenatore è una figura vicina a loro, che li giudica, li sceglie, però nella loro testa la scelta dell'allenatore può condizionare il loro pensiero. Cerco di trasferire il mio percorso ma non sono i miei figli, si può paragonare il lavoro del mister con il lavoro di papà, ma non è la stessa cosa. Loro se sono a Sassuolo hanno doti che io non avevo, io mi sono affacciato in una squadra di A, ma poi ho giocato in altre categorie perché non avevo le loro qualità. Cerco di trasferire il lavoro quotidiano che è l'unico che può migliorarti. Quello che i giocatori non devono fare è costruirsi un livello di alibi. Lo sport di squadra ti porta a lavorare di gruppo ma anche a nasconderti dietro alla scelta di qualcun altro e il rischio è quello di costruirsi un alibi così grande che non ti permette di crescere, perché l'unica possibilità di crescita ce l'hai misurandoti con l'errore, riprovarci, crescere e superarlo. L'alibi ti fa scansare l'errore, poi un altro errore e un altro alibi, un altro errore e un altro alibi, ma devi essere davvero un giocatore talentuoso, e ce ne sono pochi, che possono permettersi di costruirsi un castello di alibi e andarsi a cercare sempre la zona comfort. Io cerco di trasferire la mia esperienza ma non faccio il papà dei giocatori. Li devo far convivere, rispettarsi, e che rendano al massimo. Poi non è mai semplice farli rendere al massimo dentro la squadra, perché per me è più importante che renda la squadra valorizzando tutti loro".
Cosa pensi della Lazio?
"Noi veniamo da un mini ciclo di 8 partite dove abbiamo fatto vedere cose buone e altre meno buone, noi siamo il sunto di tutto. Difficile che dopo 8 partite, lo sapevamo già dall'inizio, saremmo riusciti a trovare continuità, che è difficile per noi trovare la continuità di risultati per il valore degli avversari in A. Giocheremo contro una squadra forte, che è approdata in Champions per merito l'anno scorso. Ne ero sicuro, lo dicevo l'anno scorso perché al primo anno un po' era riconoscibile, e un allenatore come Sarri potendo lavorare un po' sullo stesso gruppo, ne ero sicuro. Se hai la fortuna di dar continuità a tutti gli effettivi è ripartire da dove hai finito e la Lazio quest'anno parte avendo fatto degli investimenti importanti e avendo aumentato il valore della rosa. La Lazio è più forte sulla carta dell'anno scorso, ha perso un giocatore importante ma sono arrivati giocatori importanti. L'anno scorso ci ha fatto giocare male e non abbiamo fatto gol contro di loro, creano le loro situazioni, e la mano dell'allenatore si nota. La Lazio è una big del campionato e per noi non sarà facile, sarà importante fare una prestazione giusta perché se sbagli contro queste squadre parti già sfavorito e se non fai la miglior prestazione fai fatica. Noi cerchiamo di essere sempre pericolosi, sapendo che la Lazio ha un potenziale superiore al nostro, ma ci proveremo".
La Coppa Italia?
"Io ho un po' una ferita aperta perché la scorsa stagione non mi è andata giù. Se si dice che il buongiorno si vede dal mattino, noi non ci siamo fatti mancare niente. Prima partita, derby, dovevamo giocare in casa ma abbiamo giocato fuori per i lavori, non è un alibi, e abbiamo perso la prima partita, un derby dopo tanti anni con il Modena, ed ecco perché è una ferita aperta. Quest'anno abbiamo giocato la prima a Cosenza fuori casa, siamo riusciti a passare il turno ai supplementari, e ci tengo. Abbiamo fatto una buona Coppa Italia al mio primo anno a Sassuolo. Abbiamo fatto bene con l'Empoli, mettendo a rischio il passaggio del turno del Napoli. Il passato non conta, vogliamo cercare di andare più avanti possibile, il Sassuolo non è mai andato oltre il quarto turno e questo è un obiettivo. Sappiamo che è una competizione a imbuto, poi entrano le big e ci tengono tutte, e questo è importante".
Come cambia l'approccio in Coppa?
"Noi per certi aspetti facciamo fatica a calarci in quella che dovrebbe essere più la nostra parte. Sarà difficile con lo Spezia, le differenze tra A e B ci sono, ma in una partita delle volte si assottigliano perché lo sport di squadra porta anche a questo e lo vediamo nelle competizioni nazionali, agli europei, ai Mondiali, nelle competizione europee, e sicuramente con lo Spezia siamo favoriti ma ce lo dobbiamo guadagnare sul campo e poi ho una rosa a disposizione con più di 20 giocatori di movimento ed è giusto coinvolgere chi merita e può fare bene alla squadra, perché non faccio il benefattore, e giocherà chi merita, ma è giusto dar valore a un gruppo che sta crescendo e l'obiettivo è, attraverso il coinvolgimento di tutti, passare il turno con lo Spezia, pensando poi di andare a giocare la prossima fuori casa, e vogliamo quello. Dovremo calarci nella partita, che sarà contro lo Spezia".
Si può imitare Fiorentina e Atalanta, arrivando in fondo alla competizione?
"Troppo presto per dire dove arriveremo, dove vogliamo arrivare. Io ho detto che vogliamo ottenere in Coppa Italia quello che questa società non è mai riuscito a ottenere, poi solo cammin facendo, anche le squadre di B o C hanno il sogno ma i sogni sono lontani dalla realtà, mi piace ragionare a breve periodo e ora l'obiettivo è passare il turno con lo Spezia, poi pensando a chi prima di noi ha fatto un percorso non da favorita, vedi la Fiorentina, devo pensare anche al percorso: ha giocato contro la Cremonese, dipende anche dal percorso che ti costruisci. Lo Spezia sulla carta è battibile per il nostro potenziale ma la dobbiamo battere, vinci se meriti in campo di batterla, e poi penseremo a quello che potremo ottenere".
Se passate c'è l'Atalanta. Hai detto che firmeresti per fare una carriera come Gasperini...
"L'ho visto ed è uno stimolo in più. La squadra è forte, lo stadio è bello, è un piacere giocarci, il campo lo stesso. Sono tutte componenti che danno importanza alla competizione. L'allenatore dell'Atalanta non devo descriverlo io, ha un'idea differente da quella che abbiamo noi, ma non c'è un'idea migliore dell'altra, c'è l'idea giusta per la squadra che hai, se ottieni risultati accresci la consapevolezza dei ragazzi e mi sembra che l'Atalanta ci sia riuscita. Per certi aspetti firmerei per fare la carriera di Gasperini, non mi rivedo perché noi cerchiamo di fare altro, al tempo stesso sarebbe un ostacolo difficilissimo perché c'è un'idea diversa, giocatori forti, un allenatore bravo che spreme i giocatori ottenendo il massimo, ma un passo alla volta, parleremo dell'Atalanta se passeremo con lo Spezia".
Che ricordi hai della Coppa Italia? Penso a Olginatese-Monza...
"Era il mio primo anno da allenatore, il primo turno di Coppa che avevamo giocato fuori, noi eravamo in D, eravamo sfavoriti, aveva segnato Vita che ora è a Cittadella. Avevamo fatto bene anche se la stagione dell'Olginatese non è stata positiva. Quello è un lontano ricordo, nel calcio 10 anni è preistoria. Aneddoti di Coppa Italia, penso al turno con la Juve alla mia prima stagione a Sassuolo, dove delle scelte anche in funzione del campionato, non dico che ci hanno precluso il passaggio del turno, perché eravamo a Torino con la Juve e dovevamo vincere, ma eravamo andati sotto, il gol di Traoré ci aveva permesso di pareggiarla, e una deviazione nel finale ci ha fatto uscire dalla Coppa Italia. Venivamo in campionato dal ko con la Samp per 4-0, Scamacca e Raspadori erano squalificati in campionato, e a un certo punto della partita ho dovuto fare una scelta difficilissima perché eravamo sull'1-1 contro la Juve, c'erano Berardi e Traoré in campo che dovevano giocare anche con la Roma la gara dopo. Pensavo alla Coppa e al campionato, dovevo cercare di pensare a tutti e due e li ho sostituiti tra il 60' e il 70'. Loro ovviamente non erano così contenti, anche se Domenico sapeva perché la scelta l'avevo condivisa, ma poi c'era il campionato. Noi venivamo da una sconfitta, poi c'era la Roma, poi dopo andavamo a San Siro, con il senno del poi dico che abbiamo fatto bene perché abbiamo fatto bene con la Roma e con l'Inter, tornassi indietro rifarei la stessa cosa, quindi ho fatto bene a farla, però se contro lo Spezia ricapiterà la stessa cosa lo rifarò? Forse no...".
Come si prepara una gara secca?
"Chi non fa le coppe è meno attrezzato rispetto a chi fa le coppe. La Coppa Italia è una gara a eliminazione diretta, quindi è come giocare le competizioni europee, la parte finale. Per me si prepara più o meno allo stesso modo, le scelte sono fatte in maniera diversa, perché c'è sempre un domani ma al tempo stesso quella partita decreterà forse la fine del tuo percorso o meno, quindi le scelte iniziali, non tanto la preparazione alla gara perché non va caricata tanto di più, bisogna scaricare se la gara trasmette ai giocatori troppo carica, ma le scelte in funzinoe dei primi 11, dei tempi regolamentari ed eventuali supplementari, devono essere fatte in maniera diversa rispetto al campionato, dove c'è sempre un domani e la gara finisce al 90', mentre la sfida a eliminazione diretta vive di dettagli e momenti diversi rispetto a una gara di campionato che poi, tutti gli allenatori lo dicono, questa è una finale, è la partita più importante, quindi realmente la prepari come fosse la più importante e l'unica ma non è così, perché è diverso giocarsi una gara che ha un inizio e una fine e potrebbe essere l'ultima in quella competizione, mentre preparare la nona di campionato è diversa".