Lucescu: "Ho vissuto situazioni difficili in Ucraina. Guerra durerà tanto e non vincerà nessuno"
Mircea Lucescu, allenatore della Dinamo Kiev ed ex di Shakhtar Donetsk e Zenit San Pietroburgo, è intervenuto ai microfoni di Radio Rai, nella trasmissione Radio Anch'io Sport in questo momento molto complicato che si sta vivendo in Ucraina: "Ho vissuto situazioni difficili, nel 2014 siamo stato obbligati ad andare via da Donetsk e andare a giocare le ultime gare in un altro stadio, poi non siamo più tornati. Abbiamo giocato ovunque ma mai a casa nostra. Pensavo finisse così la questione ma adesso c'è la guerra con la Russia. Eravamo tornati dalla Turchia due giorni prima, il giovedì avevamo l'allenamento e sabato la partita ma nella notte c'è stato il terribile attacco e sappiamo com'è poi andata. Credo che sarà difficile da riprendere il campionato, allora ho deciso di andare via. I calciatori sono riusciti a uscire dall'Ucraina anche grazie a Ceferin, sono arrivati tutti in Romania e poi ripartiti per i propri Paesi. Ci sono però altri giocatori ancora lì e non possono uscire. Voglio aiutarli da fuori, ci siamo organizzati per portare via mogli e bambini, circa 80 persone, e li abbiamo fatti uscire. Tanti sono ancora lì. io adesso sono a Bucarest e cercheremo di organizzare qualcosa anche per gli altri ragazzi che sono andati a ovest".
Lei ha allenato anche in Russia, lo Zenit, come pensa che si risolverà la situazione?
"È difficile da dire, non avrei mai pensato si arrivasse a questo. Il problema è politico, non popolare, hanno vissuto insieme come fratelli. Non so come può finire, è iniziata la guerra e gli ucraini sono orgogliosi e fieri della loro cultura. Sarà una battaglia lunga e nessuno vincerà".
Uscire dal Paese è stato difficile?
"Un po', ma non tanto. Questo non è stato il vero problema, abbiamo visto uomini lasciare mogli e figli alla frontiera. È stato terribile".
La Romania è un Paese molto generoso. Potrà accogliere tanta gente?
"In tanti sono rimasti lì e in Romania siamo ben organizzati per dare lavoro agli ucraini e per mandare a scuola i bambini, ma non basta il mio Paese, serve l'aiuto di tutta Europa".
Suo figlio allena il PAOK, squadra greca ma di proprietà di un russo.
"Ha espresso solidarietà ed è giusto così. Non si può schierarsi in altro modo se non dalla parte della verità, cercando di dare un'immagine corretta della situazione".
Cosa può fare l'Italia?
"Aiutare i bambini, questa è la cosa più importante".
È giusto che lo sport paghi per questa cosa?
"Per me lo sport non c'entra niente con la politica. La gente deve continuare a fare le proprie competizioni, a prescindere dal Paese di appartenenza, non sono d'accordo di ritirare il diritto di partecipare allo sport ai russi. Devono competere, questo non doveva essere fatto, lo sport deve solo aiutare".