Karlstrom: "Ho scoperto di essere diabetico a 16 anni. Grazie Udinese, era facile dirmi di no"
Jesper Karlström, centrocampista svedese dell'Udinese, ha parlato a Sky dell'inizio di stagione dei friulani, del suo arrivo in bianconero e anche di un tema decisamente più delicato. Il classe '95 è infatti diabetico, una malattia scoperta ai tempi delle giovanili. Si parte, appunto, dal suo impatto con Udinese: "Solo buone prime impressioni, è una bella città piccola ma accogliente. Ci sono tante belle persone e le sensazioni a livello calcistico sono buone, siamo partiti bene: non potevamo partire meglio".
In Italia potrai sfidare Zlatan Ibrahimovic.
"In realtà ho giocato con Ibra in nazionale, due volte. Ovviamente è il mio idolo e uno dei più grandi giocatori nella storia della Svezia, è stato fantastico poter giocare con lui".
Cosa significa avere il diabete per un calciatore professionista?
"È una malattia cronica, diagnosticata quando avevo 16 anni: ormai sono abituato, ma è qualcosa a cui devi pensare in qualsiasi momento della giornata. Faccio iniezioni prima di mangiare, devo pensare a tante cose: cosa mangio, che tipo di allenamento fare. Ci penso sempre, ma ormai sono abituato e non ricordo com'era prima. Devo solo cercare di fare il massimo, forse posso anche essere un modello per molti bambini col diabete: ho parlato tanto di questo, da quando l'ho scoperto è un tema che ho affrontato diverse volte. Voglio mostrare, soprattutto ai bambini che pensano possa impedirgli di fare qualcosa, che sono in Serie A: era il mio sogno ed è bello poter fare vedere una cosa del genere ai bambini, che gli piaccia il calcio o qualsiasi altro sport".
Hai un sensore di monitoraggio del livello di glucosio nel sangue? "Sì, ho un sensore sul braccio per vedere il flusso sanguigno. Devo anche ringraziare l'Udinese, sarebbe stato semplice dire di no perché avevo un problema. È bello che abbiano mostrato fiducia nei miei confronti".
È una cosa che ti ha causato tristezza? "Ci sono stati dei momenti di tristezza, ovviamente, ma direi soprattutto di rabbia. Io faccio il mio massimo, ma a volte il livello di zucchero nel sangue non va comunque bene e mi devo svegliare di notte, devo bere o mangiare qualcosa per mettere le cose a posto. Negli ultimi due o tre anni ho provato a vedere le cose in modo migliore: a volte mi arrabbio ancora perché la gente vede solo che faccia le iniezioni e pensa che si tratti solo di questo. Ma c'è molto altro, è la parte più semplice: dieci secondi e via, sono tante altre le cose a cui devo pensare ogni giorno. È una cosa da prendere seriamente e alla quale bisogna stare tanto attenti, ma il mio messaggio è che vivo la vita come tutti gli altri. Nel calcio devi prendere le cose seriamente, lavorare duramente: lo sport aiuta in questo".