Inter a rapporto, ma l'attacco è un tema: a gennaio tanti sondaggi e zero ingaggi
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Troppo bravi per perdere. È un concetto complicato, ma espresso da Mkhitaryan dopo il ko di Torino. È uno dei temi affrontati nel discorsetto di Beppe Marotta, Piero Ausilio e Simone Inzaghi all’Inter. La squadra più forte del campionato, che risulta tale soprattutto con le piccole e quasi mai con le grandi: è il paradosso di un campionato ancora apertissimo e che però è diventato un po’ più complicato.
L’appuntamento di martedì non va ingigantito: la presenza della dirigenza alla Pinetina è una costante, a differenza che altrove. Nulla di straordinario, anche per Inzaghi non avrebbe senso smettere all’improvviso i panni con cui ha sempre gestito il gruppo a sua disposizione per trasformarsi nel poliziotto cattivo. Se tutti i giorni i vertici sono ad Appiano Gentile, non tutti i giorni arriva un discorso motivazionale di Marotta, che ricorda ai suoi giocatori come la cattiveria delle grandi serate europee serva anche in quelle di Serie A.
A quello che manca tra panchina (poco) e campo (un po’ di più: le responsabilità dei giocatori in alcune sconfitte ci sembrano superiori a quelle dell’allenatore) vi è da aggiungere quello che la dirigenza non ha fatto a gennaio. O meglio, ha provato a fare e non è riuscita: c’è una grande differenza. Perché vuol dire che l’Inter si era accorta di avere una necessità, ma si è arenata sulla difficoltà di spingere all’esodo almeno uno fra Arnautovic e Correa, se non entrambi. Oggi si analizzano le difficoltà delle seconde linee dell’attacco di Inzaghi, ma proprio per questo non possono sorprendere più di tanto.
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