DL Rilancio, pieni poteri alla FIGC. E tempi della giustizia rapidissimi: al massimo 102 giorni
Tempi rapidi e certi per il futuro del calcio italiano. Il Decreto Rilancio prevede infatti la possibilità di riforme, anche molto incisive, sulla stagione 2019/20 e su quella 2020/21. Di fatto, le federazioni sportive, e la FIGC per quel che interessa il calcio, a norma dell’articolo 218 possono annullare il campionato in corso ovvero consentirne il completamento, sia in versione “normale” che con novità di qualsiasi tipo (per esempio, attraverso playoff). E inoltre possono incidere, in deroga alle norme federali che prevedono una stagione “cuscinetto”, anche sul format della prossima stagione, sia a livello professionistico che dilettantistico. Ecco perché sarà importantissimo seguire il Consiglio Federale che sta iniziando in questi minuti, dove molte di queste decisioni saranno prese.
Ricorsi veloci. Lo spauracchio principale della FIGC, a livello giuridico, è quello dei ricorsi: concludere i campionati, come sappiamo, comporta il rischio di una serie infinite di cause da parte delle squadre che ne sarebbero in qualche modo danneggiate. Per esempio, perché può essere negata loro la promozione, oppure potrebbe esserne prevista la retrocessione. L’elenco di possibilità è ovviamente amplissimo. Tutti scenari futuri, che hanno spaventato finora la FIGC, e che però sono snelliti in maniera notevole dall’intervento del Governo, che prevede un procedimento davvero rapidissimo rispetto agli standard della giustizia, sia sportiva che ordinaria.
Al massimo 102 giorni. Proviamo a sintetizzare il procedimento previsto nei commi dal 2 al 6 dell’articolo 218. Viene anzitutto completamente superata la giustizia federale (nel caso della FIGC, Tribunale Federale Nazionale e Corte Federale di Appello): unico grado di giustizia a livello sportivo è il Collegio di Garanzia del CONI. A meno che, ma non complichiamo troppo le cose, la FIGC non vari una riforma della giustizia che preveda un solo grado, ma questo non è ad oggi uno scenario ipotizzato. I tempi sono serrati: dal provvedimento (per esempio, la sospensione del campionato di Serie C) i soggetti interessati hanno 7 giorni per fare ricorso ed entro 15 giorni deve arrivare una decisione. Che, badate bene, può anche non arrivare: se il Collegio di Garanzia non emette un responso, il ricorso si considera respinto. E a quel punto si passa direttamente alla giustizia amministrativa.
Tempi rapidissimi anche al TAR e al Consiglio di Stato. Il binario veloce scorre anche davanti al Tribunale Amministrativo Regionale competente, che per la cronaca è in ogni caso quello del Lazio. I soggetti interessati hanno 15 giorni per impugnare la decisione (o il silenzio…) del Collegio di Garanzia del CONI e l’intera causa davanti al TAR, da svolgersi peraltro con atti sintetici, deve concludersi al massimo in ulteriori 25 giorni. Lo stesso procedimento vale davanti al Consiglio di Stato, per un tempo massimo complessivo di, appunto, 102 giorni dal provvedimento impugnato. Tempi lontanissimi da quelli a cui siamo abituati (per capirsi, l'ultima sentenza del TAR sulla vicenda del Cerignola, relativa all'estate 2019, è arrivata solo pochi giorni fa), che garantiscono sicuramente celerità e certezza. Un po’ meno, a giudizio di molti esperti del settore, la garanzia che le questioni siano trattate in maniera approfondita e completa. Ma tempi eccezionali richiedono misure eccezionali. E una ricorsopoli “pandemica” bloccherebbe troppo a lungo il calcio italiano.