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Branchini: "Il calcio ormai è uno spettacolo da vendere. Menefreghismo sui calendari"

Branchini: "Il calcio ormai è uno spettacolo da vendere. Menefreghismo sui calendari"
mercoledì 5 giugno 2024, 19:15Serie A
di Lorenzo Di Benedetto
fonte da Solomeo, Camillo Demichelis

L'agente Giovanni Branchini, nella conferenza stampa di presentazione del Golden Boy 2024, ha parlato di vari temi, a cominciare dall'affare Ronaldo: "Fui definito bandito per aver portato via Ronaldo. Non ritenevo giusto che il giocatore migliore al mondo dovesse fare dei sacrifici per aiutare economicamente il Barcellona. Avevamo una clausola per andare via, anzi sembrava così. Avevamo una trovato l’accordo per rinnovare e togliere la clausola, ma al momento della firma il Barcellona aveva cambiato tutto e allora siamo andati via”.

Un giocatore di cui vuole parlarci?
"Io ho avuto la fortuna di gestire tanti grandi giocatori. Anche la fortuna di gestire tanti bravi ragazzi con cui mi sento ancora. Uno dei più grandi giocatori credo sia stato Seedorf. Lui univa tutto nel calcio. Il suo unico difetto è quello di pensare di insegnare la religione a Gesù Cristo. Un grande campione è stato Ancelotti che lo utilizzava da allenatore in campo. È l’unico ad aver vinto la Champions con tre club diversi, ma non ha mai vinto il Pallone d’Oro”.

Troppe partite?
“Menefreghismo assoluto o ignoranza nel guardare il calendario. Il calcio ormai, per queste persone, è uno spettacolo da vendere. Tutto questo va tutelato. Nessuna squadra può dare spettacolo se non può allenarsi. I giocatori devono superare i microtraumi per evitare problematiche più serie. I giocatori ormai non si allenano mai e non possono dare spettacolo. Questo è dato per scontato, perché si pensa che i tifosi possano sempre pagare il biglietto o abbonamenti, ma sarà sempre così? Oggi esaltiamo campioni che non sono campioni. Gigi Riva per noi era un grande eroe. Noi oggi abbiamo spacciato per campioni giocatori che non avrebbero giocato nemmeno in serie A. Oggi uno dei problemi più grandi è che non diamo tempo ai nostri talenti di diventare campioni. Li trattiamo da campioni senza esserlo e qui si ferma la crescita, perché non c’è più quella fame di una volta”.

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