Beretta: "Vita da calciatrice? Un sogno e una lotta ai pregiudizi"
Il ruolo del portiere è uno di quelli più complicati, bistrattati e più difficili da interpretare. Il portiere, che sia titolare o meno, deve sempre farsi trovare pronto, attento e concentrato, perché ogni suo errore può essere decisivo per la vittoria avversaria, senza dimenticare che quando un portiere sbaglia si è subito pronti a criticarlo, dimenticando magari, o facendo passare per ordinaria amministrazione, le parate difficili fatte in precedenza o nella stessa partita. Una delle giovani più promettenti del panorama italiano in questo ruolo è sicuramente Beatrice Beretta, classe 2003, che in questa stagione ha fatto il salto di qualità passando dal campionato Primavera alla serie B. Abile nelle uscite basse, nel tuffo e nella trasmissione con i piedi, è dotata di una gestione podalica eccellente che la rende un elemento aggiuntivo nella fase di possesso e nella costruzione dell'azione dal basso; tatticamente primeggia proprio nel giro palla e nella difesa dello spazio dietro la linea difensiva.
“Beatrice è un vero e proprio talento” racconta Pietro La Riccia, preparatore dei portieri del Tavagnacco femminile "sia per quanto riguarda le abilità tecniche, ma anche per la forte personalità che mette in campo, caratteristica fondamentale per il ruolo che ricopre. La sua voce e la presenza in campo sanno farsi sentire in modo positivo per incitare e guidare le compagne del proprio reparto difensivo, quindi direi una vera leader". E dopo aver delineato il profilo tecnico-tattico, fisico e comportamentale, La Giovane Italia è andata a scoprire qualcosa in più di Beatrice.
Cosa vuol dire per te essere una calciatrice?
“Per me significa inseguire un sogno e sperare di fare della mia passione un lavoro. Essere calciatrice significa anche essere parte di una battaglia contro i tanti pregiudizi che ci sono ancora".
Sei passata dalla Juventus Women U19 al Tavagnacco: quali sono le tue impressioni sull'attuale squadra? Hai riscontrato delle difficoltà nell'ambientarti e nell'allontanarti dalla famiglia?
“Passare al Tavagnacco è significato anche passare nel mondo delle grandi e l’ambiente sicuramente cambia, l’ho notato appena sono arrivata, anche se comunque noi siamo una squadra abbastanza giovane e promettente. Ci ho messo poco ad ambientarmi, mi sono trovata subito bene, sia con le compagne che a scuola, dove ho conosciuto persone nuove e stretto amicizie con i compagni di classe. Per quanto riguarda la distanza, mi ci è voluto un po' di tempo per abituarmi, nonostante avessi vissuto per tre anni in convitto alla Juventus lontana dalla famiglia".
Com'è giocare in Serie B? Cosa cambia rispetto alla Primavera?
“Giocare in serie B è una bella esperienza che permette di crescere sotto tutti i punti di vista. Sicuramente c’è più competitività nel campionato di serie B, il livello complessivo è più alto e non ci sono partite che finiscono con eccessivi gol di scarto, come capita spesso in primavera con squadre come Juventus, Inter o altre rose più preparate".
Quale è la persona che ti ha maggiormente spronata ad intraprendere la carriera da calciatrice?
“Non c’è una persona nello specifico però i miei genitori, una volta che ho iniziato, mi hanno sempre sostenuta e seguita".
Che sensazioni provi quando entri in campo?
“Quando entro in campo è una liberazione da quel mix di emozioni che si sono create prima di entrarvi, in più c’è la contentezza di fare ciò che più mi piace".
Che giocatrice sei?
“Io credo di essere una giocatrice ambiziosa che non si accontenta mai e sono molto autocritica. Do sempre del mio meglio e pretendo che anche chi gioca con me faccia lo stesso".
Che cosa fa Beatrice fuori dal campo?
“Fuori dal campo studio (e mi prende un bel po’ di tempo), sono anche un'amante delle serie tv, anche se sono complicata nella scelta: non ne guardo una dietro l’altra ma le scelgo con cura. Quando sono a casa mi piace anche stare in compagnia e amo anche giocare a carte".
Come credi possa cambiare il calcio femminile con il professionismo?
“Sicuramente spero che si arrivi a maggiori tutele con il professionismo, anche perché mentalmente noi giocatrici siamo già pronte. In più spero che il professionismo permetta a tutte le giocatrici, non solo quelle che hanno delle società maschili dietro alle spalle, di fare del calcio il proprio lavoro".
Da promessa LGI, un messaggio alle future "Beretta" del domani.
“Credo che bisogna sempre inseguire i propri sogni e non farsi influenzare dai giudizi delle persone che non conoscono la realtà".