Marchetti italiano all'estero a 40 anni: "Il mio amico Zauri mi ha portato a Malta"
Ritrovarsi italiano all'estero a quarant'anni, dopo aver giocato una vita in Italia, anche a livelli piuttosto alti. È questa la curiosa scelta di carriera presa da Federico Marchetti, portiere che dopo l'addio allo Spezia a fine contratto del 30 giugno scorso ha deciso di volare nella vicina isola di Malta e di unirsi ai campioni in carica degli Hamrun Spartans. Ci ha raccontato le origini di questo spostamento ma anche altri temi di contorno, nell'intervista esclusiva che abbiamo realizzato con lui a sfondo italiani all'estero: “Succede la settimana prima, una decina di giorni forse, del playout tra Spezia e Verona. Ad allenare gli Hamrun c’è Zauri, amico di vecchia data, ci eravamo un po’ persi. Abbiamo fatto qualche cena, a Roma, poi gli ho mandato l’in bocca al lupo e lui, un po' scherzoso ma forse no, mi chiede cosa faccio. Dipendeva dall’esito: se lo Spezia si salvava, avevo un altro anno di contratto, ma la B non volevo giocarla. Meglio smettere. E allora mi chiede di darmi una mano, dicendomi di fare un giro qua a fine campionato anche per vedere le strutture e parlare con i dirigenti ed esponenti della società. Lo Spezia poi è retrocesso, io vado lì, vedo la situazione e mi stimola il fatto che giochino il preliminare di Champions".
Sono stati convincenti.
"Il proprietario, Portelli, è un personaggio molto influente e innovativo, tra i grandi costruttori di Malta: è un visionario, un presidente giovane che vorrebbe portare la prima squadra del paese nelle competizioni europee. Questo tipo di visione mi ha dato l’entusiasmo, questa ambizione oltre la normalità del presente. Tutto ciò mi ha incuriosito e convinto”.
Aiuta avere la famiglia con sé?
“Non ci sono ritiri, niente trasferte, questo è stato importante per il sì. Ma anche il giocare partite di un certo livello. Volevo fare un’esperienza nuova, migliorare il mio inglese. Ho fatto anni di Serie A, tutte le categorie, sono al ventiquattresimo anno di professionismo. Era un’esperienza che mi mancava, non sono di certo in Premier o in Liga ma c’è il suo perché. Non è molto seguito mediaticamente il torneo, e questo un po’ dispiace, ma la gente vive certe rivalità. Tutto ruota intorno agli stimoli, per me. Rispetto all’anno scorso siamo un po’ indietro, però il livello era meno competitivo, le altre si sono tutte rinforzate. Avevamo l’obiettivo della Supercoppa (vinta, ndr) che ci ha fatto spendere energie. Ora ci concentreremo per ritornare al primo posto”.
La sua carriera italiana ha visto gli anni migliori con tre presidenti piuttosto vulcanici e di personalità: Cellino, Lotito, Preziosi…
“Estremamente intelligenti, complicati per certi versi. Tralasciando Cagliari, dove Cellino mi ha dato una bella mazzata tenendomi un anno fermo per sue vedute dopo il Mondiale, poi alla Lazio sono ripartito e mi sono ripreso tutto. Con Lotito non ho nessuna recriminazione in sospeso, hanno fatto delle scelte, volevano puntare sui giovani, io avevo situazioni incasinate anche extra-campo. All’ultimo anno di contratto, senza accordo, sono rimasto fuori rosa come altri. E infine con Preziosi: è andata come andata, ma sono molto legato a lui perché è stato chiaro, dicendomi che volevano puntare su Radu. Però avevo dato loro una mano e mi ha fatto altri due anni di contratto: avrei potuto fare il secondo anche di Meret a Napoli, ma ho scelto il Genoa perché ha un tifo pazzesco ed ero convinto di poter giocare, non averlo fatto mi ha dato ulteriori stimoli. Superati i 34-35 anni si tende a etichettarti come figura di contorno".
Pensa già al post-carriera?
“Vivo molto alla giornata questa esperienza, è nata così e così la affronto. Mi piacerebbe allenare in futuro, due volte a settimana per loro alleno anche i giovani portieri, 12 anni, mi sto cimentando anche su questa strada alternativa. Inizio da preparatore dei portieri, perché non potevo non partire così, ma mi piacerebbe fare l'allenatore di una prima squadra. Ho esperienza e visione da dietro, certi pensieri che avevo si sono realizzati in campo. Ora vedremo, ho già preso il patentino UEFA B e quando smetterò farò il UEFA A. Conoscere nuove culture aiuta e apre la mente, anche se è un campionato secondario qui hai a che fare con realtà diverse, che arricchiscono, è inevitabile”.