Addio a Bruno Pizzul, il cordoglio di colleghi ed amici

La scomparsa di Bruno Pizzul, che l'8 marzo avrebbe compiuto 87 anni, sta suscitando in queste ore un'ondata di emozione popolare di vistosa, condivisa e rara intensità.
Riportiamo sotto una serie di commossi ricordi di colleghi ed amici:
Il ricordo di Marino Bartoletti
La morte di Bruno Pizzul fa male. Ma proprio male. Per chi, come me, ha diviso una buona parte della propria vita con lui, ma anche per chi ha avuto la fortuna di godere - dall'altra parte dello schermo - del suo essere gentiluomo in ogni cosa che ha fatto
Era stato assunto in Rai per concorso: cioè perché era BRAVO. Trasmetteva sentimenti, non chiacchiere e numeri. Avrebbe compiuto 87 anni fra tre giorni. Ha voluto andarsene nel suo amato Friuli. Mandi, gigante buono
Il ricordo di Angelo Giorgetti
Lo stile quieto di Bruno Pizzul, che quando raccontava le partite dell’Italia era di parte ma riusciva a mantenere le distanze con una grammatica di comportamento tipica dei grandi giornalisti, potrebbe essere definito fuori moda.
Pizzul ci ha lasciato e oggi probabilmente non sarebbe stato ai primi posti fra le colorate voci di un network moderno. E’ cambiato il mondo, figuriamoci il calcolo della misura nel giornalismo.
Però, quanta nostalgia per l'eleganza di quell'approccio antico. Me lo ricordo per tante telecronache e quel ‘giovane Malusci’ strascicato con affetto, quasi da parente alla lontana. Buon viaggio, voce rassicurante.
Il ricordo di Riccardo Cucchi
Che dolore carissimo Bruno. Tu non lo sapevi ma prendevo appunti mentre ti ascoltavo.
Il ricordo di Matteo Salvini
Oggi ci lascia una leggenda del giornalismo sportivo e della telecronaca della Nazionale che, con la sua indimenticabile voce, ha saputo accompagnare ed emozionare milioni di italiani.
Buon viaggio, Bruno Pizzul
Il ricordo di Xavier Jacobelli
Pizzul, l'Italia si commuove perché era uno di tutti
L'ondata di emozione popolare per la morte dello straordinario telecronista affonda le radici nella sua capacità di raccontare il calcio con lo stile, la cultura, il garbo con cui entrava nelle case di milioni di appassionati e non solo.
La scomparsa di Bruno Pizzul, che l'8 marzo avrebbe compiuto 87 anni, sta suscitando in queste ore un'ondata di emozione popolare di vistosa, condivisa e rara intensità. Affonda le radici nella sua capacità di raccontare il calcio con lo stile, la cultura, il garbo con cui entrava nelle case di milioni di appassionati e non solo di appassionati di calcio.
L'Italia si commuove per Pizzul perché lui era uno di tutti. Meravigliosa è la lezione di italiano impartita dal professore friulano che, prima ancora, era stato calciatore nella squadra parrocchiale di Cormons, poi nella Pro Gorizia, quindi centromediano nel Catania, infine con Ischia, Udinese e Torres. Bruno è stato un gigante del microfono, del quale alcuni urlatori nell'Anno Domini 2025 non potrebbero nemmeno attaccare la spina. Volete mettere la sua voce, il suo tono, mai sguaiato, mai cafone, con le grida di troppi mancati suoi emuli, convinti che per farsi ascoltare bisogna ululare.
E che dire delle orripilanti degenerazioni del linguaggio calcistico: la pitch inspection, il braccetto, il quinto, la transizione, la cartena di destra, quella di sinistra e le altre lepidezze, manifesto di un malconcio bagaglio lessicale. Pizzul no. Pizzul possedeva una proprietà di linguaggio assoluta, coniugata a una voce vellutata, calda, pastosa, lucidata dall'erudizione calcistica che non aveva bisogno di essere né ostentata né di tediare lo spettatore con fluviali nozioni statistiche o logorroiche. argomentazioni. Egli aveva avuto maestri eccellenti come Nicolò Carosio e Nando Martellini, prima di salire a sua volta in cattedra. Senza tirarsela, senza iattanza, sempre con l'umiltà racchiusa nella frase che significativamente riassume la sua filosofia di vita: "Ho cercato di fare il lavoro che amavo nel miglior modo possibile e senza superbia”. Ci sei riuscito, Bruno. Eccome se ci sei riuscito
