Marotta torna alla Giana: "Ho sempre saputo che un nuovo inizio ci sarebbe stato"
Tra gli istinti primari dell'essere umano, e chi lo nega mente, c'è quello di dare un calcio a un pallone. Cosa, questa, che può diventare anche una professione, magari in modo inaspettato: perché succede che stai terminando l'università giocando nella squadra del tuo paese, con gli amici di sempre, ma la società decide di investire per provare a crescere. E scala le categorie, portandoti fino al professionismo. Lavoro? Calciatore, sì.
E' questa, in breve sintesi, la storia di Matteo Marotta, che ha legato il suo nome alla Giana Erminio prima poi di mettersi in eccellente mostra con il Piacenza - col quale ha sfiorato anche la promozione in B - e il Lecco. Ma nella vita arriva un momento in cui le origini chiamano, in cui il cuore può più di tutto il resto: il figliol prodigo, nella buona accezione del termine, torna a casa. Perché si, Marotta e la Giana sono di nuovo insieme.
In esclusiva a TuttoMercatoWeb.com, le prime parole del giocatore dopo il ritorno in biancazzurro.
Un cerchio che si chiude, come la più romantica delle favole. Perché la scelta di tornare "a casa"?
"Dentro di me ho avuto il desiderio di chiudere dove avevo iniziato, tornare alla Giana era quello che volevo. Il Sangiuliano, dove ho militato lo scorso anno, mi aveva fatto una proposta, ma non si è trovato l'accordo, e allo stesso tempo avevo visto che il mio ex compagno di squadra Chiappella era diventato allenatore della prima squadra della Giana: una sorta di segnale. Albé poi mi mancava, l'ambiente Giana mi ha sempre voluto bene, le circostante erano favorevoli: non vedevo altra soluzione se non tornare. E' solo stato accelerato quello che avrei comunque voluto fare nel giro di un paio di anni".
Un desiderio forte quello di tornare alle origini: perché, allora, averle lasciate quattro anni fa?
"Allora, proprio quattro anni fa, un ciclo si era per me chiuso, fa parte della vita, ma sapevo che a distanza di anni, con un bagaglio di esperienza diverso sulle spalle, se ne sarebbe potuto aprire un altro. La Giana mi ha dato tanto, e io volevo prima o poi restituirle tutto. Se lo meritano l'ambiente, il presidente Bamonte, Cesare Albè, il direttore Colombo e tutte le persone che dietro le quinte lavorano duro per il club: addette stampa, dottori, magazzinieri. I tifosi".
Cosa senti di poter quindi ora dare alla causa biancazzurra?
"In questi anni sono cresciuto sia come giocatore che come uomo, ho cercato di rubare qualche segreto a chi aveva esperienze diverse dalla mia, di apprendere nuovi situazioni tecniche, di gestire anche in modi diversi la quotidianità: voglio mettere tutto questo a servizio della squadra, soprattutto dei più giovani".
Anche perché, lista attuale alla mano, la Giana è una rosa giovane...
"Si, è vero, ma vedo un gruppo motivato, un bel mix di freschezza, data dai giovani, e voglia di riscatto ed esperienza data da noi più vecchi: spero ne esca un mix vincente, ma le sensazioni di questi primi giorni di preparazione sono buone.
Che campionato di attendi?
"La Serie D, ho avuto modo di vederlo lo scorso anno, è un campionato tosto, difficile e anche molto imprevedibile: è assolutamente difficile fare previsioni. E viene ancora ora più complesso farle perché non si conoscono i gironi, le squadre non sono ancora completate. Quel che deve essere chiaro a tutti, è che è importante dare sempre il massimo".
Hai una bella responsabilità: sei stato autore della grande cavalcata del club e protagonista in C, ripetersi non è mai scontato...
"La responsabilità la sento a prescindere, non perché sia difficile ripetersi. A quello non devo nemmeno pensarci, sono qui per scrivere un'altra storia, e dimostrare il mio attaccamento alla causa, indipendentemente da tutto il resto. Ora sono un altro tipo di giocatore rispetto a un tempo, ma darò sempre tutto".