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La Germania ha un Musiala, l’Italia no. Da anni: il 9 forse c’è, ma Cassano resta l’ultimo vero 10

La Germania ha un Musiala, l’Italia no. Da anni: il 9 forse c’è, ma Cassano resta l’ultimo vero 10TUTTO mercato WEB
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Oggi alle 09:08Serie A
di Ivan Cardia

Julian Nagelsmann ha Jamal Musiala, Luciano Spalletti no. La differenza, fra Germania e Italia, è in buona parte tutta qua. E non è proprio un caso: i tedeschi, arrivati qualche anno fa al punto più basso della loro storia calcistica, sono ripartiti con un faro guida. La qualità, la tecnica prima di tutto. Ha aiutato avere per qualche tempo Guardiola nel proprio campionato, ma il lavoro è stato finalizzato: il calcio moderno pensa agli algoritmi e ai centimetri - che peraltro da quelle parti non sono mai mancati -, ma alla fine contano i piedi buoni. È da qui, e anche dall’aver saputo integrare - calcisticamente, non ci allarghiamo a discorsi sociologici - i tedeschi di seconda o terza generazione, che nasce una nazionale qualitativamente stellare.

A San Siro ha brillato la stella del gioiello del Bayern Monaco: non è stato neanche il migliore in campo, ma quando si è acceso la partita è cambiata. Salta l’uomo, ruba il mezzo tempo di gioco che sposta gli equilibri. E non è l’unico: Nagelsmann ha Sané e può permettersi di lasciare Adeyemi in panchina, Gnabry fuori dai convocati come Wirtz che però è infortunato.

In Italia, dopo tanto tempo abbiamo forse trovato un numero 9. A Moise Kean, che ieri ha indossato quella maglia per la prima volta tra i grandi, il compito di non deluderci: lo aspettavamo da tempo. Ci manca il 10, non da oggi. Nulla contro Giacomo Raspadori, che ha ottime qualità ma non è un dies. Non lo è nessuno: il miglior dribblatore del campionato è l’acerbo Gaetano Oristanio, che gioca nel Venezia. Segue Mattia Zaccagni, nel cui recupero il ct spera per la Germania: più un esterno che un fantasista in grado di legare il gioco, e comunque non un top assoluto a livello europeo. Il grande escluso di queste convocazioni è Riccardo Orsolini: senza nulla togliere alle qualità dell’asso del Bologna, dalle parti di Berlino difficilmente farebbe notizia.

L’ultimo vero “dieci” del calcio italiano resta Antonio Cassano, fotografia di una generazione sprecata che, con Mario Balotelli, nel 2012 ci ha fatto sognare. Sono passati tredici anni ed è stato una rondine, poi il nulla. Non è un caso che l’Inter capolista faccia praticamente a meno del dribbling, che il Napoli scudettato di due anni fa l’abbia trovato in un georgiano e che quello attuale di Conte si sia adeguato all’assenza del fondamentale. Un tempo, il giocatore che salta l’avversario era endemico nel calcio italiano: non è solo questione di nostalgia ricordare gli anni in cui discutevamo sul più forte fra Totti e Del Piero, o giocatori come Di Natale, Zola, Mancini in nazionale diventavano al massimo comparse. Era una nostra caratteristica, come la fase difensiva spesso esagerata nella narrazione attorno al pallone italiano. Si è persa, con un po’ di retorica, nelle strade svuotate dai ragazzini che ormai non ci giocano più, e non l’abbiamo ricercata nei settori giovanili: sempre più improntati al fisico e alla tattica, sempre meno ai gesti tecnici. Con la Germania, al ritorno, ce la possiamo persino giocare: in termini assoluti ha ragione Spalletti, il gap non è così ampio. Ai mondiali, si spera, ci andremo. Però la differenza resta, perché la via della qualità ancora non l’abbiamo intrapresa e non ci stiamo neanche pensando più di tanto.

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