Roma fragile: quando la paura scatta al 90'. Tra dati e statistiche
La paura fa 90? No, per la Roma la paura scatta dopo il 90’. Le statistiche sono impietose: tre gol incassati nei minuti di recupero piazzano i giallorossi al secondo posto in Serie A per reti subite nei finali, dietro solo al Como. Se si aggiungono le sei reti prese nell’ultimo quarto d’ora, il quadro diventa chiaro: la Roma crolla nei momenti decisivi, pagando caro una fragilità fisica e mentale che è costata otto punti tra campionato e coppe.
Le cause? La tenuta atletica scricchiola sotto pressione, con giocatori che sembrano cedere negli istanti più delicati. La lucidità sparisce, l’equilibrio si sgretola. Partite come quelle segnate dalle reti di Karlsson e Zaniolo lo dimostrano: appena subisce un colpo, la squadra fatica a rialzarsi. La capacità di reazione è minima, le occasioni create sono rare e spesso inefficaci.
A complicare la situazione è anche un aspetto tattico: gestione dei cambi insufficiente e giocatori chiave fuori forma. Ranieri, di fronte a una rosa non in formissima, si ritrova con poche risorse affidabili, e ciò ne compromette la solidità e la freschezza.
Il problema aggiuntivo è che manca un leader tra gli 11 e così, quando il gioco si fa duro, sembra che nessuno prenda in mano la squadra per guidarla fuori dalle difficoltà. La Roma, nei finali, appare stanca, nervosa e vulnerabile, come se il peso delle aspettative la schiacciasse.
Il calendario non aspetta: Milan e Lazio incombono e ogni punto perso rischia di diventare un macigno. La Coppa Italia contro la Sampdoria sarà una prova di maturità. Ora, più che ambizioni, c’è da salvare una stagione. La Roma ha bisogno di una scossa, perché la paura del 90’ non può più diventare il triste epilogo delle sue partite. A Ranieri e ai senatori della squadra spetta il compito di ridare coraggio e disciplina, perché senza cambiamento, le battute d’arresto continueranno a pesare come un macigno.