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Il Pallone d'Oro a Rodri, l'asilo Real e l'ipocrisia del calcio della gente

Il Pallone d'Oro a Rodri, l'asilo Real e l'ipocrisia del calcio della genteTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
martedì 29 ottobre 2024, 08:15Serie A
di Marco Conterio
Il racconto da Parigi

Parigi. Rodri arriva in albergo nel primo pomeriggio. Ha le stampelle. Ha i sogni nel cassetto. La voce si è già sparsa. Vincerà lui il Pallone d'Oro, l'uomo manifesto del calcio di Pep Guardiola e di Luis De La Fuente. La voce si fa frastuono. Il Real Madrid non arriverà a Parigi. Vinicius non vincerà, non lo farà neppure Dani Carvajal. Che onta. La rottura politica con la UEFA che ha l'egida del premio assieme a France Football è definita e forse pure definitiva. Florentino Perez incrocia le braccia e blocca i decolli: cinquanta persone del Real Madrid restano a terra e poco importa se poi vinceranno il Premio come miglior squadra, se Kylian Mbappe condividerà con Harry Kane il Premio Gerd Muller e se Carlo Ancelotti vincerà quello come miglior allenatore della stagione 2024. La Grande Onta si è consumata, e pure la grande vergogna e il grande imbarazzo. I vincitori dei Blancos vengono annunciati e al Theatre du Chatelet di Parigi nessuno sale sul palco. Tra i primi quattro ci sono tre dei Blancos ma al teatro c'è solo uno. Rodri.

Le star arrivano a bordo di pulmini o van coi vetri scuri. I tifosi e i curiosi assiepati dietro transenne e telecamere a sperare di scorgere un briciolo di celebrità. Il tappeto rosso, lingua che le conduce fino all'ingresso del Theatre du Chatelet, lontano da tutti. Perfino dalla stampa, confinata in una Brasserie, e poi in piccionaia al quinto livello del meraviglioso teatro parigino. Di mezzo c'è un'altra sfilata, influencer e starlet, hanno i posti d'onore. I Campioni arrivano alla spicciolata insieme alle loro belle, le Campionesse sono scintillanti di fascino, lustrini. Smoking e scarpe lucide, Parigi diventa Hollywood ma se c'è qualcosa di distante dalla gente è proprio questo Pallone d'Oro.

Rodri vince, lo annuncia George Weah con una serata piena di tempi morti perché riempire il vuoto voluto da Florentino mica è facile. Sale sul palco con le stampelle, è l'uomo manifesto del calcio di Pep Guardiola e del ct Luis De La Fuente e forse è il primo Pallone d'Oro a un modo di interpretare il Futbol piuttosto che al singolo giocatore. Piange, lui che voleva ritirarsi. Piange, lui che nel recente passato aveva detto che questo era un premio più per il marketing che fatto di sincera verità. Foto, luci, poi tutti escono dal Teatro. Belli, bellissimi, splendenti. Nessuno, nessuno, si ferma a salutare i tifosi. Salgono sui van, e via in un albergo blindato come Fort Knox. L'organizzazione così ha voluto, un Premio blindato e di Platino. Il calcio della gente, che fantastica ipocrisia.

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