Sormani: "Pronto a ripartire. Juve, con Sarri cambio epocale"
Da una parte la soddisfazione di aver avuto una esperienza all'estero. Formativa e interessante, come può essere un'avventura in Danimarca. Dall'altra un velo di amarezza per come è andata a finire, ma con la voglia di ripartire accettando un progetto interessante e con margini di crescita. Mister Dodo Sormani si racconta in esclusiva al microfono di Tuttomercatoweb.com, due mesi dopo la fine dell'esperienza alla guida del Vejle.
Allora Dodo, un anno fa di questi tempi festeggiava la promozione in 'Superligaen' conquistata al primo tentativo. Poi qualcosa non ha funzionato per il verso giusto. "Il livello del calcio in Danimarca è alto, nonostante le apparenze e i luoghi comuni. Si vede un discreto calcio, con squadre di buona qualità. C'erano buone aspettative intorno a noi, credevo che la società mantenesse i calciatori principali. Bisognava tenere l'assetto, l'ossatura della stagione precedente per dare equilibrio e continuità. Invece abbiamo cambiato tanti calciatori, è nata un po' di insoddisfazione. Per cui abbiamo iniziato la seconda stagione ma non ero soddisfatto appieno, a marzo ho poi deciso di andare via. Non avevo l'impressione che la proprietà avesse la voglia di sopravvivere".
Ha allenato nei settori giovanili di Napoli e Juventus, poi la Serie C e in Albania. Dopo il Vejle ha ancora voglia di restare lontano dall'Italia? "La mia intenzione è quella di restare possibilmente all'estero, in un campionato che abbia della qualità e con una squadra che abbia la voglia di migliorarsi con continuità".
Intanto il suo Vejle non ha vissuto una stagione facile, anche dopo il vostro divorzio. In Danimarca ha dovuto fare i conti col playout. "Esattamente. In Danimarca ci sono playoff e playout e il regolamento è abbastanza complicato, ma questo permette a una squadra di potersi rifare nella seconda metà di stagione e ambire anche all'Europa League. Noi in Italia siamo obsoleti o forse troppo tradizionali, nel modo di vedere le cose e di pensare al calcio. Il tutto va a scapito dello spettacolo, che ne risente. In Italia domina la Juventus da otto anni, lo spettacolo che offriamo non è di primo piano perché i bianconeri non hanno rivali. Quest'anno la corsa salvezza e la corsa al quarto posto hanno reso il campionato interessante fino alla fine, il resto è stato banale".
Passando ai suoi colleghi, in Italia c'è stato un valzer importante. La Juventus ha salutato Allegri per puntare su Sarri. "Sarà interessante vederlo in bianconero, in caso di affare fatto sarebbe un cambio di cultura epocale per la Juve che resta l'epicentro del calcio italiano. Ha sempre fatto del pragmatismo la sua forza, costruendo la sua storia sulla celebre frase di Boniperti ("Vincere non è importante ma è l'unica cosa che conta", ndr). Ora, sta cambiando completamente rotta e vuole puntare su un calcio attrattivo. Forse questo aspetto sarebbe positivo per il calcio italiano, perché anche la Juve inizia a pensare che non è importante solo trionfare ma anche vincere giocando in un determinato modo".
Quando era sulla panchina del Napoli, Sarri ha spesso riservato qualche stoccata alla Juventus. Come crede che sarà accolto a Torino? "C'è curiosità per capire come reagirà la tifoseria, perché a noi manca la cultura sportiva. Se dovesse fallire sul piano dei risultati, giocando comunque bene, i tifosi italiani tradizionali direbbero che il cambio di rotta è servito a poco o nulla. Se dovesse accettare, Sarri mostrerebbe coraggio rimettendosi in gioco a Torino in un ambiente che in passato era ostile per lui. Non è detto che debba vincere immediatamente, ci sarebbe un grande lavoro da fare. Anche se, senza successi, partirebbero inevitabilmente i processi".
Lei è stato il vice di Zola al Watford, ora Magic Box è il primo collaboratore di Sarri al Chelsea. Per Zola continuerà a esserci un futuro ai blues anche senza l'ex mister del Napoli? "Credo sia impossibile che Gianfranco possa seguire Sarri alla Juve, il Chelsea è casa sua. Vive nell'ambiente che lo ha reso celebre a livello internazionale, è nel posto in cui è stimatissimo e rispettato da tutti".
Ha lavorato tanto con i giovani, che opinione ha dell'Under 20 che ha fatto bene al Mondiale in Polonia e dell'Under 21 che è tra le favorite al prossimo Europeo? "Credo sempre che il problema non sia il risultato delle nazionali giovanili, perché il talento c'è ma bisogna vivere il calcio in un modo diverso. La Danimarca un anno fa al Mondiale aveva una rosa composta quasi interamente da elementi nel giro di squadre di Bundes, Premier e Liga. I ragazzi hanno il diritto di giocare ma anche di sbagliare, è un aspetto normale. Da noi qualcosa sta cambiando più per necessità che per altro, perché il Milan e gli altri club della nostra Serie A non hanno le risorse economiche del passato e puntano sui propri giovani emergenti. E' un lavoro fatto per necessità, che è nettamente diverso da una questione di mentalità. La tifoseria deve capire che i propri ragazzi prima o poi commetteranno qualche errore, ma ogni giovane ha bisogno di supporto. Se un giovane non commette errori è perché è pronto per il Barcellona o per il PSG, grandi club che possono spendere qualsiasi cifra per ingaggiare potenziali campioni. Certamente avere le varie Nazionali a buon livello vuol dire che si sta lavorando bene, ma in Italia manca comunque la giusta mentalità. Bisogna cambiare la nostra cultura, da parte dei club ma anche quella degli spettatori".