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esclusiva

Nuri Sahin: "Studio il calcio di De Zerbi. E Pirlo farà grandi cose da tecnico"

ESCLUSIVA TMW - Nuri Sahin: "Studio il calcio di De Zerbi. E Pirlo farà grandi cose da tecnico"TUTTO mercato WEB
giovedì 12 gennaio 2023, 14:45Serie A
di Marco Conterio

Dietro la scrivania di Nuri Sahin, allenatore dell'Antalyaspor e stella del nostro calcio fino a pochi mesi fa, i libri di tattica, di storia del pallone. Le lavagne con le idee e gli spunti per crescere e muovere i primi passi al di là della linea bianca. Davanti agli occhi, dietro alla poltrona del suo interlocutore, due quadri, in tedesco. Uno è una citazione di Jurgen Klopp, "uno dei due allenatori più importanti della mia vita, l'altro è Van Marwijk che mi ha portato al professionismo a Dortmund", l'altra una frase di Carlo Ancelotti. "Devo guidare uomini e non giocatori, sono uomini che giocano a calcio. Non sono un allenatore, sono un uomo che lavora come allenatore", è la frase del tecnico del Real Madrid mentre il senso di quella dell'allenatore del Liverpool è che "bisogna rispettare tutti, nel lavoro, nella vita". "Ed è così che bisogna vivere, se tutti si sentono bene, voluti e apprezzati, allora tutto funziona. Ogni mattina saluto e rignrazio tutti, dalla signora che fa le pulizie a tutti quelli del mio staff. Se non facessi così, sarebbe inutile per me sedermi in panchina il week-end".

La lunga chiacchierata con il tecnico del club turco, nello straordinario centro sportivo dell'Antalyaspor, è un trattato di filosofia. E' una chiacchierata con un ragazzo, trentaquattro primavere, che ha dovuto dire addio a una carriera che gli ha dato meno di quel che avrebbe potuto a causa di un brutto infortunio. Però ha visto e vissuto le stelle, lui che è stato delizioso regista e cervello di centrocampo. Con Tuttomercatoweb.com tocca tutti gli aspetti della sua vita, della sua carriera, del presente, del futuro, i sogni e le speranze. Con quelle frasi come punto fisso. "Ogni giorno vedo i miei giocatori e quando ci parliamo vedo anche quei quadri alle loro spalle. Quelle frasi. E' un promemoria".

Che allenatore è Nuri Sahin?
"Io sono nuovo nel business, da solo 14 mesi, anche se sembrano 14 anni... Voglio creare la mia idea di calcio con le idee dei tecnici che ho avuto. Cercherò di mixarle ma sempre con la mia filosofia. Non devi mai copiare nessuno, non puoi farlo, non possiamo entrare nel cervello degli altri. Non voglio copiare uno stile: ho le mie idee, diciamo che mi sento vicino a Tuchel che è stato il mio tecnico a Dortmund. Mi piace il suo stile, mixato con Klopp secondo me è il miglior cocktail".

Adesso che allenatore: chi era il Sahin calciatore? E quel calciatore, cosa direbbe al Sahin ora allenatore?
"Ero un giocatore a cui piaceva il pallone e il controllo del gioco, mi piacerebbe avere un Sahin in mezzo al campo anche se ho grandi giocatori. Mi sarebbe sempre piaciuto avere un tecnico come sto cercando di diventare. La cosa più difficile per un allenatore, ora, è comparare i ragazzi in campo con quello che facevi da calciatore. Faccio un esempio: facciamo degli esercizi con dei passaggi da 50 metri. Posso farli, eccome... Però non posso dire "posso farlo io, potete farlo voi", potrebbero dirmi "sono veloce, non lo eri". Se voglio essere un buon allenatore, il Sahin giocatore non deve più esserci. Ne ho parlato anche con Patrick Vieira durante un'amichevole contro il Crystal Palace: quel che mi ha detto è vero, 'se vuoi essere un buon allenatore, scorda il calciatore'. Alcuni allenatori sbagliano paragonandosi ai calciatori, ma quel giocatore, quel Sahin, non esiste più".

Ha giocato in amichevole contro il Napoli: che impressione le ha fatto?
"Ho parlato con Spalletti e con Giuntoli. Mi piacciono tantissimo queste cose, sono un bambino che impara a camminare come allenatore e devi avere persone che sanno già farlo ad insegnarti. Tanti mi dicono 'ma sei Sahin, perché parli con questo o quest'altro', ma devi imparare e puoi imparare da tutti. Parlare con Luciano, vedere come allena, quella seduta da trenta minuti, intensa, è stato molto interessante. E' un allenatore presente, un comandante, è lui il boss e lo senti: hanno giocatori di livello mondiale ma è lui che dirige".

Tra i tecnici che ha avuto c'è stato José Mourinho al Madrid.
"E' stato interessante, ci sentiamo, quest'estate abbiamo parlato, ero interessato a un giovane della Roma. E' stato l'anno, da calciatore, più difficile della mia vita: non giocavo, ho avuto infortuni, è un allenatore completamente diverso da Jurgen da cui arrivavo. Il giorno in cui sono andato via abbiamo parlato e quel che amo di Mourinho è che... E' onesto. Diretto. Ti guarda negli occhi e ti dice tutto. Se sei bravo, sei bravo, se non lo sei, non lo sei. Ero giovane, ci sono stato male, mi chiedevo 'perché lo sta facendo'? Ora che sono un allenatore, che capisco, non ci vedo niente di male. Sapevo che sarebbe stata dura, non è stata facile gestirla ma lui è sempre così: quando ho guardato il documentario sul Tottenham, l'ho riconosciuto. E' un vincente, farebbe di tutto pur di vincere".

E allora perché non è andata?
"Da giocatore ero sicuro di poter giocare al Madrid, sono stato un giocatore di alto livello. Solo che al Real non basta: devi essere mentalmente forte. Gli allenamenti non si fermano mai, io con gli infortuni avuti non ero pronto. Mi allenavo con giocatori di livello mondiale e anche io avevo qualità ma dopo gli infortuni non sono riuscito a gestire la pressione, la tensione: ero impaziente, guardandomi indietro avrei dovuto aver pazienza. Tutti mi dicevano 'sei al Madrid, devi essere felice', ma non basta".

Da star del Dortmund al Real Madrid. Come Bellingham...
"Mentalmente è pronto, 100%. Da tifoso del Dortmund spero resti con noi ma è perfetto per il Madrid. E' arrivato al Dortmund a 16 anni, sembra dieci anni più grande. Se resta focalizzato, non ha problemi, non sono mai stato così pronto come lo è lui".

Scouting, ricerca delle stelle. Il segreto del Dortmund è anche qui
"Tutti possono comprare giocatori, tutti possono comprare talenti. Il punto è che lì giocano, ad alto livello. Prendere giocatori è facile, tutta una questione di soldi. Convincere giocatori è facile, basta mentire: un grande club può dire 'ti voglio', ma se poi non gioca... Il Dortmund no: può andare da un giocatore e portare gli esempi di Sahin, Gotze, Lewandowski, Pulisic, Sancho, Bellingham, Haaland... E da 18 anni circa tutti hanno giocato subito. Club come Ajax e Dortmund, anche il Napoli adesso, fanno giocare i talenti. Noi all'Antalyaspor prendiamo talenti ma non siamo allo stesso livello. E in un grande club come quello li prendono e li fanno giocare".

Che giocatori vuole invece per il suo Antalyaspor?
"Siamo un piccolo pesce in un grande oceano. Non siamo il grande pesce, neppure in Turchia. Vogliamo fare piccoli, piccoli passi. Ho un Presidente e un board che mi seguono, che mi hanno dato l'opportunità di essere qui. La scorsa stagione abbiamo superato ogni record del club, ora dobbiamo solo restare in equilibrio: città, tifosi, club. Qui in caso di vittoria volano e se perdiamo crollano. Dobbiamo creare una cultura: io ho firmato cinque anni di contratto, voglio restare qui, creare le fondamenta ma fare tutto passo dopo passo, uno step dopo l'altro. E servirà tempo, avrò questo tempo. Il club è con me. Poi chiaro, non sai mai quel che accade nel calcio. Però sto vivendo il mio sogno, sono diventato allenatore subito dopo aver giocato. Nel 2015 sono rimasto fuori per un brutto infortunio, da lì ho iniziato a prepararmi: sono andato all'Università, ad Harvard, ho guardato allenamenti, workshop, ho viaggiato il mondo per educarmi fuori dal calcio. Sono andato in Africa per vedere come conoscere nuove culture ma sentivo bisogno di qualcosa e... E' scattato. La mia famiglia mi ha aiutato tanto, ho parlato con tanti allenatori, con tanti ex giocatori per capire cosa fare e lo sto ancora facendo".

Crede nei dati nello scouting?
"Li uso, certo, inevitabile, però credo che poi l'ultima parola la debba avere l'occhio. E non solo: c'è l'aspetto emozionale che non puoi trascurare, incontrare i ragazzi, parlare con loro. Devi conoscere la cultura e il background da dove arriva un ragazzo. Ho fatto una chiamata con una top star e dopo pochi minuti ho detto 'no grazie', perché non esiste solo quello che c'è sul campo. Non dico il nome e mi prendereste per pazzo, ma funziona così: c'è l'uomo, non solo il calciatore. Per conoscere il giocatore sarei disposto anche a viaggiare dall'altra parte del mondo per capire lui, la famiglia, la cultura.

Che giocatore le piacerebbe allenare in futuro?
"Frenkie de Jong. Amo quel giocatore. La sua intelligenza, le sue qualità. Ho giocato con grandi calciatori, ma lui è tra quelli. Poi Mac Allister dell'Argentina e del Brighton, mi piace tantissimo. Certo, facile dire Haaland e Mbappé e un giorno magari arriverò al loro club o verranno al mio, ma se devo dire il 'tipo' di giocatori, dico un 'pocket player'. Mi piace tantissimo Enzo Fernandez poi ed ero abbiato col ct che non lo ha fatto giocare all'inizio del Mondiale".

Che ne pensa del calcio fisico di oggi?
"Il Mondiale ha mostrato che serve mixare tutto. L'Argentina dietro aveva il coltello tra i denti: Otamendi, Romero, Martinez, il portiere Martinez e poi i cervelli a centrocampo e davanti. Mac Allister, Fernandez, Alvarez, Messi. Non puoi vincere solo col fisico e lo dimostra la Champions dell'ultima stagione con Modric. Anche Klopp, anche lui, ha cambiato: guardare Thiago al Liverpool, era il pezzo mancante".

A proposito di allenatori: qui in Turchia va di moda l'italiano. Partiamo da Andrea Pirlo
"Pirlo ha implementato il suo stile di gioco, è cresciuto tanto. A proposito di grandi cervelli di gioco, fa parte dei migliori di sempre. Ho visto il documentario sulla Juventus, mi ha dato l'impressione di avere un'ottima gestione del gruppo e mi pare che al Karagumruk stia facendo un ottimo lavoro. Pirlo non può fare male, conosce troppo bene il calcio".

Qui vicino, a poco meno di due ore, c'è l'Alanyaspor di Francesco Farioli
"Farioli sta facendo un ottimo calcio. Il suo De Zerbi-ball è straordinario e devo dire che adoro De Zerbi: ho avuto modo di parlarci e vi svelo che ogni settimana studiamo il Brighton. 10-15 minuti di video, tutte le settimane".

E poi l'Adana Demirspor di Vincenzo Montella
"Montella è un gentleman: ogni volta che mi vede mi abbraccia, ci salutiamo, ci confrontiamo. E' straordinario, mi piace tantissimo. Sono tutti e tre ragazzi straordinari ed è importante per il calcio turco che siano qui e ognuno di loro ha uno stile di gioco differente. E nessuno di loro ha uno stile propriamente italiano".

Chi le piace guardare?
"Mi piace il City di Guardiola, sono un grande fan dell'Atalanta di Gasperini, ho guardato quasi tutte le gare di Conte all'Inter. Poi Nagelsmann al Bayern ma lì è diverso: al Lipsia doveva trovare soluzioni per vincere, a Monaco a volte la qualità lo fa da sola. Il Benfica, poi, con Schmidt: è straordinario, per come gioca. La città di Roger, dove è nato, è a tre chilometri dalla mia e so bene il suo stile. Chiaro, ha stupito tutti quel che ha fatto in Portogallo ma per chi lo conosce non ci sono sorprese".

Parliamo della sua nazionale, la Turchia
"La generazione di oggi è forse la migliore di sempre ma le manca consistenza. Manca in Turchia e non solo nel calcio, non c'è la capacità di restare in equilibrio sulle emozioni e noi stiamo costruendo un sistema, non siamo una delle grandi leghe o movimenti europei. Però c'è una generazione straordinaria, stiamo diventando anche una nazione che esporta talenti. Quando ero in Nazionale, nei primi anni, ricordo una gara contro la Croazia: loro avevano calciatori del Real Madrid, Barcellona, Siviglia, in Germania, in Serie A. Da noi... C'ero io, Arda Turan e forse Hakan Calhanoglu".

Che Inzaghi a Milano ha reinventato davanti alla difesa, in assenza di Brozovic
"Calhanoglu sta giocando molto bene, anche da playmaker all'Inter. Ma i giocatori buoni non mancano anche all'estero adesso, in grandi nazioni, in grandi club. E sta arrivando il miglior talento degli ultimi trent'anni, Arda Guler... E' un talento speciale, sarà fantastico, pazzesco".

In Turchia avete avuto di recenti molti problemi con gli arbitri. Che ne pensa del VAR?
"La VAR mi piace ma mi piacerebbe se fosse come nel tennis, con dei challenge, come in NFL. Se guardate il gol che abbiamo fatto col Fenerbahce, capite: la decisione presa non ha nulla a che vedere col gol, il fuorigioco, e non lo era, era a quindici metri dall'azione. E poi toglie l'emozione: non mi piace, guardate cosa succede dopo una rete. Minuti e minuti ad attendere... Il calcio porta emozioni come null'altro nel mondo. E non voglio perdermene neanche una".

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