Empoli, D'Aversa: "Vasquez ha sorpreso anche me. Fazzini? C'è stata superficialità"
Roberto D’Aversa, allenatore dell’Empoli, ha parlato di moltissimi temi nella lunghissima intervista rilasciata a Cronache di Spogliatoio, a partire dalla paresi facciale che lo ha colpito recentemente: "Mi sono svegliato e la bocca non rispondeva più ai comandi. Mi stavo lavando i denti, erano due giorni che non sentivo i sapori. Sono andato all’ospedale, lì mi ha raggiunto il medico dell’Empoli. In quelle 4, anche 5 ore di attesa, mi è passato di tutto per la testa. Negli occhi di tutti coloro che mi guardavano vedevo preoccupazione. Anche il direttore e il team manager mi hanno raggiunto al pronto soccorso. I dottori mi hanno subito diagnosticato una paresi facciale, momentanea. Un disagio temporaneo, che migliora giorno dopo giorno. La motivazione? Virale, oppure un erpes, oppure ancora un colpo di freddo su un nervo. Ma non mi sono nascosto. Sono andato in campo, davanti alle telecamere, senza problemi. Per rassicurare le persone che mi vogliono bene, ma soprattutto perché mi metto nei panni di chi convive con questo problema permanentemente, con chi deve fare i conti con i problemi fisici fin dalla nascita. Mi sono ripetuto: ‘È solo una cosa momentanea’. Mi immedesimo in chi ci convive da tutta la vita. A chi subisce del bullismo per questo. La prevenzione è fondamentale, per tutti. Dobbiamo essere culturalmente più inclini a farla. Anche per noi ex calciatori, che ci sentiamo invincibili perché trascorriamo diversi anni sentendoci osannati, dove siamo sempre controllati. Ma che alla fine invincibili non siamo. Ho letto recentemente la storia della figlia di Roberto Mancini, che è stata discriminata a causa di una malformazione al viso. Mi ha colpito molto. Credo che non ci sia niente di cui vergognarsi. Io sto solo prendendo farmaci per i nervi, passerà. Se guardo ai problemi con cui sta lottando mia madre, arrivo alla conclusione che i problemi sono altri".
Come giudica la sua esperienza al Lecce?
"Potevo fare meglio. È una frase che ripeto spesso, visto anche l’epilogo. Ho pagato tutte le conseguenze che potessero arrivare. Mi sono vergognato quando sono rientrato a casa e mia moglie mi ha detto: 'Ma cosa hai combinato?'. L’esonero, le 4 giornate di squalifica. Quella testata a Henry mi ha perseguitato: ho commesso un grave errore, mi sono subito scusato, e ho immediatamente chiamato il ragazzo dopo la partita. Ho dovuto spiegare tutto ai miei figli. Ho dovuto parlare con mio figlio Simone, che ha 16 anni e a cui dico sempre di non litigare in campo. Ho dovuto farlo con Francesco, che invece ne ha 14, che ama la pesca e il tennis. E guardare in faccia la più piccola, che ne ha 9, la più pura, dovendo raccontare il mio gesto e la mia giustificazione. Far capire che avevo sbagliato risultando credibile. Mi dispiace aver messo in difficoltà Corvino e Trinchera, dirigenti del Lecce. Non ho potuto portare a termine un lavoro strepitoso. Ho grande rammarico per questo. Ho ricevuto un attacco mediatico, ma il mondo del calcio non mi ha abbandonato. Non tutti si sono voltati dall’altra parte. Tantissimi dirigenti che non avevo mai incontrato in vita mia mi hanno chiamato o scritto per esprimermi vicinanza. E anche alcuni allenatori lo hanno fatto. Ho i loro nomi salvati nelle note del telefono. Hanno colpito un gesto che mi ha colpito. So bene chi sono quei nomi. La mia famiglia vive ancora a Lecce, dove abbiamo dato continuità al percorso di vita dei nostri figli, e la gente ci ha sempre espresso amore e vicinanza. I tifosi sono stati solidali, hanno capito quel gesto. Se ho avuto il timore di aver perso il treno della Serie A per colpa di quel gesto? Il telefono squillava comunque. Certo, arrivavano chiamate dalla Serie B e io tergiversavo. Non volevo perdere la Serie A. Il Cesena si era fatta avanti concretamente, abbiamo parlato. Ogni società di A che mi chiamava, magari aveva altre scelte. Ed è chiaro che dopo ciò che era successo, D’Aversa non fosse più al primo posto. Neanche al secondo. Non volevo andare all’estero, mi sembrava di scappare da ciò che era successo. Non volevo dare quell’immagine. Non avevo certezze. Infatti devo ringraziare per il coraggio sia il presidente Corsi, sia il direttore Gemmi. Qui c’è una circostanza che mi piace, vogliamo rimanere in Serie A".
Che cosa vuole dire all'Empoli?
"Li ringrazio per non aver guardato l’etichetta. Sono il primo a cui non piacciono i pregiudizi. Vi faccio un esempio: Pietro Pellegri. Da sempre gli hanno attaccato delle etichette. Io me ne sono fregato: vedo solo che arriva prima al campo e va via oltre l’orario di allenamento. Si è messo a disposizione. Tutto il resto non conta. Solo i fatti hanno importanza. A Empoli ho trovato una società che sa osare. Siamo soddisfatti del percorso che abbiamo fatto fin qui. Abbiamo lavorato duro, siamo andati ben oltre le aspettative. Il pensiero della famiglia Corsi è chiaro: sono tanti anni che investono le proprie risorse sul settore giovanile, quest’anno sono stati bravi a individuare anche calciatori da valorizzare che arrivano da fuori. Il risultato è soltanto la conseguenza di come ci stiamo allenando. Non abbassiamo mai il livello di attenzione e di umiltà. Ognuno in rosa ha il proprio obiettivo, chiaramente, ma tutti sono applicati per il bene comune, per un obiettivo comune. È un gruppo in cui i giovani sono importanti così come i più anziani, che stanno svolgendo un ruolo fondamentale sia in campo che fuori».
Fazzini si è già infortunato un po' troppo in questa stagione, non crede?
"C’è stata superficialità da parte nostra e della FIGC nella gestione. Forse avremmo potuto evitare la convocazione di ottobre. Ho trovato un ragazzo collaborativo, avevo un pensiero su di lui, ma non pensavo fosse così forte e determinato. Non voglio creare aspettative. Deve incattivirsi perché è abituato a determinare, si piace molto nel mandare in porta i compagni, ma deve incattivirsi. Fisicamente è un top: rapido e resistente, è veramente raro per quelli del suo ruolo e con la sua tecnica. Deve essere più 'brutto'".
Goglichidze è una sorpresa?
"Il nostro è un percorso e credo che un esempio possa essere lui. Quando contro l’Inter è stato espulso, è uscito dal campo sconvolto. Già in campo, comunicando con Viti, aveva capito che sarebbe stato buttato fuori. La postura del suo percorso, con la maglia sul volto, mostrava quanto fosse mortificato. Mi sarei arrabbiato solo se fosse stata una sciocchezza voluta e fuori dai nostri principi. Quando sono arrivato faceva fatica ad avere il ritmo in allenamento. Non aveva mai giocato. Non parla italiano, parla poco inglese. Anche comunicarci non è facile. Ma lavora come un matto. Gli ho solo detto di far tesoro, gli ho spiegato che con le nuove regole e con il VAR deve stare ancor più attento al minimo tocco. È uno che si comporta da professionista ed è questo il messaggio che ci serve".
Vasquez è l'ennesimo portiere azzeccato dall'Empoli.
"È stato molto bravo il direttore. Lo scorso anno aveva giocato soltanto 7 partite con l’Ascoli in Serie B ed era retrocesso in C. Non so in quanti avrebbero avuto la lungimiranza di affidargli la porta di una squadra di Serie A. Ha sorpreso anche me: come dico sempre, arrivare in A è difficile, ma è confermarsi la vera sfida. Ha tutti i mezzi per farlo".