Dimarco e l'anno al Sion: "Un incubo: ho perso un figlio e mi sono fatto male, volevo smettere"
Federico Dimarco, calciatore dell'Inter e della Nazionale italiana, ha rilasciato una lunga intervista a Gianluca Gazzoli, autore del podcast "Passa dal basement". Queste le sue parole sugli inizi della sua carriera: "Sono andato in prestito all'Empoli, un anno dove ho giocato 13-14 gare ma non ero sceso tantissimo in campo. L'anno dopo avevo delle squadre che mi volevano, ma come giovane riserva del titolare più esperto. Non ero d'accordo e sono andato in Svizzera. Parto benissimo col Sion, prima gara di campionato e rottura del metatarso: quattro mesi fermo. Rientro che era cambiato l'allenatore, a gennaio siamo ultimi e penultimi e succede una cosa folle. Il presidente ebbe la bella idea di mandarci una settimana a fare il militare con le forze speciali francesi, per punizione visto che eravamo ultimi. Abbiamo dormito nei campi col sacco a pelo. La mattina alle 6 svegli, a camminare 5-6 km, mangiavamo dentro le scatolette che scaldavamo col fornetto. L'abbiamo fatto a inizio gennaio, durante la sosta invernale. Quando me l'avevano detto non volevo andare, ma se lo facevi non ti pagavano. Un'esperienza estrema, addestramenti in cui ci facevano anche sparare. Era una punizione perché eravamo ultimi. Al rientro eravamo più carichi, ma io ho discusso con l'allenatore e non ho più giocato fino a fine anno".
Come hai vissuto l'infortunio?
"Quell'anno lì, forse, lo stare fuori mi ha fatto conoscere altre culture e ho capito tante cose. Avevo imparato il francese, è stata un'esperienza formativa anche se non è stata facile. In quell'anno ho avuto la sfortuna di perdere un figlio, mi ero trasferito con la mia fidanzata e attuale moglie. Da lì sono tornato in Italia, ma non mi voleva nessuno neanche in Serie B. Alla fine è arrivato il Parma e ho fatto 3-4 partite, ho fatto gol e poi basta: distacco del tendine dell'adduttore del retto addominale e quattro mesi fermo. Ho giocato 13-14 partite risicate".
C'è gente che ha mollato per molto meno. Cosa succede nella testa di un giocatore che è cresciuto nell'Inter e poi ha questo tipo di percorso? Cosa pensavi e cosa ti motivava?
"A Sion volevo smettere, dopo le cose che mi erano successe. Mi sono detto: ma chi me lo fa fare di soffrire così. Mi ero fatto male e nello stesso tempo ho perso un figlio. Cinque mesi da incubo. Mi era venuta la voglia di smettere, ma mi sono guardato dentro e ho proseguito".