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Bonucci e le 500 con la Juventus: "BBC nella storia del calcio". Poi annuncia la data del ritiro

Bonucci e le 500 con la Juventus: "BBC nella storia del calcio". Poi annuncia la data del ritiroTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
martedì 16 maggio 2023, 21:50Serie A
di Dimitri Conti

Nell'intervista al canale ufficiale in cui ha annunciato il suo addio al calcio giocato nella prossima stagione, il difensore Leonardo Bonucci ha parlato ripercorrendo la sua esperienza alla Juventus alla luce delle 500 presenze con il club: "Per me entrare dentro quello spogliatoio era come portare un bambino alle giostre e dirgli che avrebbe deciso lui cosa fare. Ammiravo i tantissimi tifosi intorno a noi, correvo col prof in ritiro e mi chiedevo se sognassi. Una sensazione ancora oggi emozionante, troppo bella. Ricordo il preliminare di Europa League con Delneri, contro lo Shamrock Rovers... Ero giovane. Mi emoziona parlarne, quando rincorri un pallone da bambino sogni di vestire maglie come quelle della Juve, riuscirci 500 volte significa aver fatto la storia del club. Troppo emozionante segnare con questa maglia, rivedere certe immagini...".

Si ricorda l'esordio casalingo allo Stadium?
"Alla prima all'Allianz ho vissuto un po' di tensione interiore nel primo tempo, poi però si è sciolta e mi ha portato fino a oggi. Lo Stadium negli anni delle vittorie ci ha aiutati tantissimo, sapevamo che nelle difficoltà ci avrebbe spinti e aiutati, qualche punto in più ce l'ha fatto guadagnare. Quando senti i tuoi che ti fanno sentire il calore, dentro cresce ancora di più il fuoco".

E l'esordio in Champions League?
"Tornavamo dopo tanti anni in Champions e subito ci è capitato il Chelsea, tra le squadre più forti d'Europa. Lì si è vista la voglia di combattere e di tenere la Juve dentro la Champions. Misurarsi con certi attaccanti vuol dire che la strada è giusta. Ho pensato che dovessi solo migliorare un po', magari diventare più grosso (ride, ndr). Cerco di non dare troppa importanza a quello che ti circonda, o rischi di essere schiacciato, è troppo pesante da reggere. Ti devi concentrare su te stesso, l'equilibrio è sottile: devi solo pensare a come aiutare i compagni, con e senza la palla, senza ascoltare ciò che succede intorno a te, come insulti, fischi o boati... Anzi, quelli mi hanno sempre caricato di più".

E quel gol allo Shakhtar...
"Vi svelo un segreto, al mattino quando abbiamo provato lo schema mi era uscito nella stessa maniera. Non ricordo se Matri o Pirlo mi dissero che così era facile, senza nessuno attorno, allora risposi che la sera avrebbero dovuto solo rimettermela lì. Rischi anche di lanciarla in curva... Molte volte però ho sfidato l'impossibile e mi è riuscito, mi ha dato la spinta per cercare sempre il meglio da me stesso".

L'inizio del grande percorso con Conte, a Cagliari. Cosa torna in mente?
"All'inizio avevamo le orecchie sul derby di Milano, non aspettavamo altro che il fischio finale e di dare via ai festeggiamenti. Nessuno credeva in noi e dopo tanto tempo alla Juve abbiamo dato una gioia ai tifosi. Ci fu un'invasione, la polizia ci disse di rientrare negli spogliatoi ma io uscii e mi buttai in mezzo ai tifosi, a godermi tutto quello. La felicità di quando vinci è condivisa, non è solo tua. Non ci ho pensato due volte, neanche ricordo se avevo qualcosa addosso quando sono tornato dentro, ma avevamo fatto la storia della Juventus. Ricordo l'errore di Buffon col Lecce, ma gli dissi di stare tranquillo. Lui scuoteva la testa... Riguardate dopo il gol di Vucinic a Cagliari, vado da Gigi a dirgli che gliel'avevo detto. Da lì è iniziato un fiume di sensazioni, emozioni e gioie coi tifosi. Una roba indescrivibile... Da juventino regalare ciò ai tifosi riempie il cuore".

Ricorda quella volée contro la Roma?
"In quel momento non sentivo niente. Nulla di ciò che avevo attorno, non percepivo. Potevano anche salirmi tutti sulla schiena, li avrei sorretti. Troppo grande era quella sensazione per dar peso al resto. Sono andato sulla palla senza pensare a nulla: o fai come è successo, o la spari fuori dallo stadio. Un'altra vittoria importante, sia per quanto era accaduto in campo che per le polemiche dei giorni dopo. Queste cose a me gasano troppo. Anche a Siviglia è stato un altro di quei gol in cui dici, io provo. Ricordo la faccia di Sampaoli (ride, ndr)... È passata in mezzo a otto gambe, doveva finire in quel modo. Quando fai gol e regali una gioia così importante sono farfalle nello stomaco, momenti di pura eccitazione e felicità, senza paragoni. Ognuno di essi mi ha lasciato emozioni viscerali".

Cosa hanno significato le finali di Champions?
"Abbiamo iniziato a giocare a calcio per vivere certe serate. Purtroppo abbiamo affrontato il Barcellona forse più forte della storia, mentre col Real Madrid hanno deciso di accelerare nel secondo tempo. Forse avevamo un po' sottovalutato il Real Madrid, tutti ci davano favoriti ma quando giochi contro di loro in Champions non puoi esserlo. Se poi prendi un gol come quello di Casemiro ti spezza le gambe e diventa difficile. L'avvicinamento a certe partite è un dispendio di energie importante. Ricordo che Buffon stemperava facendo le uscite basse sulla moquette della sala da pranzo. Dentro hai delle sensazioni per cui arrivi al campo e sei un leone in gabbia, almeno io ho sempre vissuto così".

La BBC è già storia.
"La prima volta è stata in un 4-4-2 di Delneri, non ancora la vera BBC. Ognuno di noi ha tratto benefici dagli altri e fuori dal campo si è creata un'amicizia che andava oltre. Io ero il più piccolo e da Chiellini e Barzagli, ma anche da Buffon, ho potuto imparare molto. Il passo più importante è stato con Conte, ha avuto l'intuizione di farci giocare insieme a tre. Giorgio, anche per il suo modo di essere, è stato speciale: io ero sempre quello scontroso, che andava a discutere e cercare polemica, lui invece sistemava sempre col suo savoir faire. Mi diceva di stare calmo e ragionare... Si è creata un'amicizia speciale, non l'avrei mai detto per quanto eravamo e siamo diversi. Invece abbiamo condiviso momenti anche fuori dal campo. Sono stato fortunato a passare la maggior parte della carriera accanto a due persone e campioni così: mi hanno insegnato tanto e anche da me qualcosa hanno rubato. Insieme abbiamo fatto qualcosa che rimane nella storia del calcio, sempre con la massima umiltà. L'abbiamo dimostrato, con la Nazionale e la Juventus".

E la fascia da capitano?
"Una grande responsabilità, è il simbolo di una società e di uno stile, di un modo di interpretare il lavoro e il calcio diverso da tutto il resto. Avevo già provato cosa significasse con Sarri, perché Chiellini è stato fuori per diverso tempo. Poi però nel processo di rinnovamento ho capito quanto pesa quella fascia ed è un ulteriore step di crescita. Ho avuto la fortuna di avere Del Piero, Buffon e Chiellini prima, mi hanno insegnato qualcosa. Io cerco di essere solo me stesso e un esempio".

Come quando ha invitato Dybala ad andare sotto la curva nell'ultima alla Juve.
"Forse è stato il primo gesto in cui mi sono trovato a fare il capitano. Avevo notato che Paulo aveva sofferto per tutto l'anno il distacco dalla Juventus, la sfortuna sua è stata condividere l'ultimo giorno con una colonna come Chiellini ma anche lui meritava gli applausi, che sono arrivati dopo che l'ho spinto ad andare sotto la curva. Era titubante, non voleva invadere la serata di Giorgio ma era giusto che prendesse gli applausi. Questo è stato il momento del passaggio tra me e lui".

Cosa significa essere l'ultimo della BBC?
"Che siamo tutti vecchi (ride, ndr)! Quando il prossimo anno smetterò di giocare credo che si chiuderà un'era della difesa. Del modo di interpretarla all'italiana, essere tra i grandi è un orgoglio e speriamo che tanti dei difensori che cresceranno abbiano noi come idoli come noi avevamo Baresi, Maldini, Nesta e Cannavaro. Abbiamo dato e lasciato tanto al calcio".

Essere arrivato a 500 significa albo d'oro.
"Io ho sacrificato tanto, non dico tutto, per lasciare a chi ha condiviso con me certe cose questi valori e queste emozioni. Il mio modo di interpretare il club, questa dedizione, mi ha permesso di ottenere qualcosa di storico e unico. Non raggiungerò i primi in classifica per presenze, però, possono stare tranquilli...".

Con Buffon che rapporto ha?
"Gigi è il numero uno, incredibile, anche nella serietà riesce a strapparti la risata con la battuta. Mi ha sempre chiamato Sceriffo, ora lo fa anche Perin... Quante volte abbiamo parlato per ore, nei momenti complicati, provando a trovare qualcosa di diverso che ci desse qualcosa in più. Eravamo due matti, e se all'età sua ancora giochi significa che lo sei, io con lui pronto a fare qualsiasi cosa. Devo dire solamente grazie alla Juventus, ho passato la maggior parte delle gare con Buffon alle spalle: neanche nel migliore dei sogni...".

E poi Chiellini.
"Quello con cui ho legato di più, anche fuori dal campo, abbiamo passato giornate e vacanze insieme. Abbiamo anche discusso, non sempre sono state rose e fiori, ma da lì tiravamo sempre qualcosa di buono che ci avvicinasse e ci facesse migliorare. Lui, Barzagli e Buffon sono stati tre moschettieri importanti per questa strada".

Oggi riguarda indietro e...?
"Vivere questa maglia è stato come un sogno di 12 anni, dentro di me c'è sempre il bambino felice di scendere in campo perché era il suo sogno. E un po' godo a rivedere certi interventi, sacrifichi tanto per vivere certe sensazioni. Devo dire grazie alla Juventus per aver avuto la fortuna di confrontarmi con giocatori come Messi, Ronaldo e tanti altri ancora. Quello che mi dicevo era di godermela, così è sempre stato e ancora oggi. In questi ultimi due anni, un po' per scelta e un po' per infortunio, il mio ruolo è un po' cambiato ma mi ripeto sempre queste parole. Il mio carattere mi ha permesso di raggiungere le 500 partite con la Juventus, sono stato bravo e fortunato, ho tenuto i piedi per terra ogni giorno. Da fuori qualcuno potrà pensare che sono presuntuoso e poco umile ma chi ha condiviso con me certi momenti sa chi è il vero Bonucci".

Il duello più bello?
"Diversi, uno anche con Lukaku al Chelsea lo scorso anno. Ma dico Suarez in finale a Berlino, una battaglia: ogni palla tirava fuori la cattiveria. Ma poi Messi, e Lewandowski... Lewa è un serial killer, gli lasci mezzo centimetro e ti punisce. Troppo belle quelle partite. Ricordo anche Drogba: pure a fine carriera era un carrarmato, non oso immaginarlo nel pieno. Vorrei giocare ogni partita contro attaccanti così, sono un banco di prova e uno stimolo enorme per te stesso".

L'anno al Milan e il ritorno in bianconero?
"Il ritorno alla Juventus è stato pesante per me, accettarlo a livello psicologico è stata una scelta fatta col cuore ma sapevo che c'era chi non avrebbe capito, così come non avevano compreso il mio addio (al Milan, ndr) l'estate prima. Dopo il primo momento di rabbia e delusione per quanto avevo vissuto quando la società mi aveva messo sul mercato perché alcune cose non erano andate come loro avevano detto. Ho cercato di farmi scivolare tutto addosso ma quell'anno lontano da casa è stato difficile. Ci ho messo un po' a convincere gli scettici che la scelta era dettata dalla rabbia e non era totalmente mia. Quella di tornare è stata una decisione d'amore, per me la Juventus è sempre stata tutto: me ne sono andato perché rimanere contro la voglia di qualcuno non era una cosa corretta, non mi sentivo più importante com'ero fino a poco tempo prima. Lì c'è stata una sorta di separazione che forse nessuno voleva ma era necessaria per ritrovarci dopo, innamorati come prima".

Come ricorda la stagione con Sarri?
"Che annata... Bella, perché siamo arrivati a vincere, ma dispendiosa a livello mentale. Chiellini si era fatto male al crociato e mi ritrovai un po' da solo, Buffon era secondo e fungeva meno da capitano qual'era, lasciando a noi le situazioni in campo e fuori da gestire. Personalmente è stato un anno bellissimo, ho giocato tante partite e ci confrontavamo su molte situazioni di campo. Da marzo in poi però non è stato più un campionato normale, con tre mesi passati a casa senza sapere cosa accadeva il giorno dopo. Per la Juve che eravamo penso sia stato il campionato più difficile da portare a casa. Giocavi ogni tre giorni d'estate, col caldo, con tutte le abitudini da cambiare".

Qualche considerazione finale.
"Sin dal primo giorno che indossato questa maglia ho cercato di essere in primis me stesso, tutto ciò che ho fatto è stato a difesa di una seconda pelle. Ho applicato alla lettera quanto significa indossare questa maglia, prendendo da chi era più grande il valore e poi cercando di essere esempio e trascinatore. A volte le cose riescono, altre meno, però per me è stato come vivere per 12 anni in un sogno, dentro di me c'è sempre quel bambino felice. Adesso aspettiamo la 501, il mio obiettivo è continuare fino a giugno 2024 a indossare ancora questa maglia. Ora ci giochiamo qualcosa che potrà rendere straordinaria questa stagione così difficile".

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