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Theo-Leao, mal di pancia non da calciomercato ma da scelta tecnica. L'affaire Iling-Barrenechea, quello di LionRock. Mentre Lotito ci racconta che il calcio è "sociale"

Theo-Leao, mal di pancia non da calciomercato ma da scelta tecnica. L'affaire Iling-Barrenechea, quello di LionRock. Mentre Lotito ci racconta che il calcio è "sociale"TUTTO mercato WEB
© foto di Lorenzo Di Benedetto
sabato 7 settembre 2024, 17:38Editoriale
di Andrea Losapio

Quello che è successo nella scorsa settimana durante Lazio-Milan non può essere derubricato a una non-notizia. Ci ha provato Furlani, come è giusto che sia nel suo ruolo. È semplicemente un prendere atto di cosa sta capitando in rossonero. Perché, ed è quasi incredibile da dire, non è successo niente. Semplicemente Fonseca ha fatto delle scelte tecniche. Cioè lasciare fuori Theo Hernandez e Rafael Leao, non per una questione comportamentale, non per problemi sopraggiunti. Forse sì, non si saranno allenati bene, ma questo non è dato sapere. Dopo l'allenamento del venerdì l'allenatore portoghese ha semplicemente annunciato la formazione. Chukwueze-Loftus Cheek-Pulisic sulla trequarti, giusto o sbagliato che sia. Terracciano al posto di Theo. Ecco, magari qualche domanda bisognerebbe farsela almeno su questo.

Può un calciatore prendersela se viene messo fuori? Sin da quando siamo giovani ci raccontiamo il fatto che è meglio prendersela quando vieni escluso, perché vuol dire che ci tieni. Stavolta ovviamente c'è stata la vulgata di quelli che si lamentano perché Theo e Leao sono dei professionisti e devono accettare quel che succede. Non è così. O almeno, non lo è per regio decreto. Uno può anche accettare la decisione ma mostrare tutto il proprio disappunto quando serve, senza alcuna scenata. Tradotto in dobloni (di calciomercato): Leao ha un contratto lungo ma Mendes ha cercato offerte in ogni dove, Theo vuole un contratto da top ma ne percepisce già 5 e non si accontenta di 6. Per entrambi si va verso un problema abbastanza evidente, soprattutto con Fonseca come allenatore.

Iling e Barrenechea invece sono stati acquisti "costretti". Nel senso che l'Aston Villa, pur di evitare sanzioni dalla Premier League con conseguenti ripercussioni sulla Champions, ha deciso di acquistarli come contropartita. È qualcosa di grave, vuole dire che il business sta prendendo la maggioranza dello stack del calcio. La realtà è che lo sta facendo da parecchio tempo, ma la politica (FIGC, come UEFA oppure FIFA) ci racconta che non è così e che stanno cercando solamente un modo per regolamentare il pallone. Non è vero, sono specchietti per le allodole, perché fatta la legge e scovato l'inganno. Stavolta è stato un club inglese, la volta prima era il Lille con Osimhen, che ha chiesto di inserire tre giocatori assolutamente inutili e inutilizzabili, pur di fare una determinata plusvalenza. Il fair play finanziario è come la corazzata in un film di Fantozzi. Ma è la foglia di fico per dire ai tifosi che si fa qualcosa, quando in realtà nessuno fa assolutamente niente.

Ma in tutto ciò, Oaktree detiene al 100% l'Inter? E LionRock che fine ha fatto? Perché a un certo momento è stato addirittura cancellato dalla lista delle imprese che operavano alle Isole Cayman. Sarebbe bello capirlo, ma sono cose che volano sopra la testa dei tifosi, pur essendo cartine tornasole di quello che sta succedendo economicamente alle società. Perché c'è un lato, quello sportivo, che è visibile a tutti. Poi quello economico che in realtà serve a immaginare quale sarà il futuro societario. Che Oaktree sia solido, nessun dubbio. Ma sarebbe anche bello capire che fine ha fatto chi detiene (o deteneva, più probabilmente) il 30% dell'Inter. E chi c'era dentro, se metteva soldi, se è stata una transizione naturale oppure una transazione monetaria.

Dulcis in fundo, Claudio Lotito. "Il calcio svolge un’azione sociale, toglie dalle periferie i ragazzi. Oggi invece ci sono perlopiù fondi stranieri, che non hanno interesse sociale. Bisogna valorizzare al meglio le persone che vogliono amplificare i valore dello sport, questo deve essere fondamentale". Eh, certo, come no. Un club amministrato in maniera autarchica, che ha portato pochissimi giocatori dalla Primavera alla A - in vent'anni di presidenza - e che rispetto all'epoca Cragnotti è decisamente in flessione nella costruzione del talento cerca appigli "italiani". Sembrerebbe un momento politico più che calcistico, perché quando si parla di "valori" assomigliano tanto a quelli che entrano in tasca anno dopo anno. Lotito è straordinario, un presidente che per la sua (ribadendo sua) Lazio è stata una manna dal cielo. Ergersi a paladino di un movimento sembrerebbe davvero un po' troppo, a meno che non ci creda davvero. Ma vorrebbe dire soggiacere a degli ideali che, in 20 anni di Lotito, sono sempre stati meramente individuali e non collettivi. Qualcuno ci spieghi, pur sapendo che la nostra richiesta sarà inevasa e che Lotito, in qualche modo, troverà la via.

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