Le mancate riforme e l'Europeo congiunto, ora il passo indietro di Mancini 9 giorni dopo avergli dato pieni poteri: Gravina, di male in peggio dopo la disfatta di Palermo
Lo scorso 4 agosto la Federazione Italiana Giuoco Calcio aveva annunciato pieni poteri per Roberto Mancini. Non più solo commissario tecnico, ma anche coordinatore della Nazionale Under 21 e dell'Under 20 per imporre a chi era appena sotto nella scala gerarchica di giocare con lo stesso modulo.
Con quella decisione la FIGC confermava e rimarcava la fiducia in un ct che esattamente nove giorni dopo ha annunciato le sue dimissioni. Tra lo stupore generale.
Qualcosa evidentemente s'era incrinato. Gli ultimi 14 mesi sono stati un susseguirsi di nuove idee e ripensamenti, il totale smarrimento di quella coerenza che ha accompagnato l'Italia fino alla vittoria dell'Europeo ma che poi s'è dissolta: fino alla disfatta di Palermo in nome della riconoscenza, poi per l'incapacità di dare una nuova visione a una Italia che è arrivata a Wembley dopo tre anni di risultati positivi e successivamente ha incassato otto sconfitte e sei pareggi in 23 partite.
C'è stata un'Italia fino all'estate 2021 e un'altra dopo. E le due squadre poco o nulla hanno in comune se non i nomi, i volti. La vittoria dell'Europeo resta un pagina bellissima e indimenticabile del nostro calcio. Resta nella storia. Eppure sarebbe dovuta bastare la disfatta di Palermo, l'onta del secondo Mondiale consecutivo mancato, per portare Mancini e Gravina a fare un passo indietro perché quella serata nerissima non fu frutto del caso, ma figlia di costanti e sempre più evidenti passi indietro partita dopo partita. Una disfatta che avrebbe almeno imposto una pausa di riflessione e invece Gravina, dopo il gol di Trajkovski, fu il primo a presentarsi nella sala stampa dello stadio Renzo Berbera per annunciare che sarebbe andato avanti. E con lui il ct. E con loro risultati che non sono più tornati.
Dalla disastrosa notte di Palermo sono trascorsi 507 giorni, meno di un anno e mezzo. All'indomani di quella disfatta il presidente della Federazione per giustificare la sua conferma parlò di una stagione di riforme ormai necessarie per dare una svolta al nostro calcio. La riduzione delle squadre nei campionati professionistici, una ripartizione diversa delle risorse economiche, la questione plusvalenze fittizie che già montava prima della tempesta e le seconde squadre erano solo alcuni dei problemi da risolvere. E poi Euro 2032, la vittoria di un bando per superare una volta per tutte l'annoso problema di stadi vecchi e fatiscenti. "Confido di portare alcune decisioni in approvazione già alla prossima riunione fissata per il 20 aprile, perché è giunto il tempo dell’azione", diceva Gravina un mese dopo la mancata qualificazione al Mondiale in Qatar. Ma ancora a inizio anno: "La Federcalcio ha sempre avuto una sua matrice riformista, crediamo nelle riforme, vogliamo riformare, dobbiamo riformare. Le riforme non devono essere un semplice cosmetico per abbellire il gioco del calcio e il nostro sistema, devono essere credibili, opportune, forti, decise e che generano comunque un effetto di grande evoluzione positiva sia in termine progettuale che di credibilità". Tutto giusto, tante belle parole. Ma le riforme dove sono?
La Federazione dopo Palermo non ha prodotto nulla di ciò che aveva annunciato. La tanto attesa riforma per le seconde squadre, con tanto di tavola rotonda con Andrea Agnelli poche ore prima della bufera, non è mai arrivata. Quest'anno l'Atalanta s'è iscritta con le stesse regole con cui s'iscrisse la Juventus nel 2018, grazie al fallimento del Siena. Controproducenti le decisioni prese in merito al Campionato Primavera e nulla è cambiato né sul numero di squadre nei campionati professionistici né, tantomeno, nella ripartizione della risorse economiche.
Immobilismo totale anche sulla questione plusvalenze fittizie fin quando la Giustizia ordinaria non ha imposto tempi e modi alla Giustizia Sportiva. E poi Euro 2032: l'unica strada possibile per arrivare a dama è stata quella di condividere la candidatura con la Turchia e fa nulla se così, con molte meno città coinvolte, la questione stadi passerà ancora una volta in secondo piano.
Adesso verrà scelto il nuovo commissario tecnico. Magari sarà Spalletti, magari Conte. Due buone scelte ma il punto è un altro: si decide sempre di non scegliere e così, mal che vada, è sempre colpa di qualcun altro. Però l'immobilismo pesa quanto e più delle scelte sbagliate: non fare un passo avanti vuol dire farne due indietro. Gravina lo sa, ma da buon politico ha completamento svestito i panni dell'uomo di sport. E fa così prevalere gli interessi di Palazzo ai risultati. Le parole ai fatti.