Claudio Nassi: "Marchini e Lambrechts"

Ho cercato di prendere dal basket quanto si poteva adattare al calcio. Mi domandavo perché i giudizi dei calciatori non avessero il conforto dei numeri, al contrario dei giocatori di basket che, finita la partita, sapevano tutto. Per questo nel '74, quando cominciai la carriera di D.S. alla Lucchese, avevo lo scout della ChinaMartini Torino e del Fernet Tonic Bologna. Presi a usarlo nel '78 alla Pistoiese, in Sampdoria - Cagliari sul neutro di Livorno. Capii la differenza tra numeri e impressioni quando domandai come aveva giocato Bellini. Dai dati, nella ripresa, risultava il migliore, ma all'osservatore era rimasto negli occhi quello del primo tempo.
Oggi desidero mettere a confronto le idee di due cervelli: John Wooden e Johan Cruyff. Il primo l'allenatore più vincente del basket NCAA, con UCLA e la "Piramide del successo", con i suoi quindici blocchi e la consapevolezza di aver fatto tutto per diventare l'atleta e l'uomo migliore. Il secondo con le sue quattordici regole, come il numero della maglia. Ecco ciò che li accomuna: 1) rispetto, lealtà e amicizia; 2) cooperazione e gioco di squadra; 3) iniziativa; 4) giocare insieme; 5) allenamento e condizione fisica; 6) tecnica. Non avevano dimenticato entusiasmo, autocontrollo, determinazione, calma, fiducia, competitività, creatività e personalità. Solo non collimavano.
Altra cosa che ha lasciato perplessi riguarda gli arbitri. Perché tre in un campo di 28 x 14, quando due erano sufficienti? C'erano stati dei problemi sulla regolarità delle gare, dovute in buona parte alle scommesse. Vista la cura della NBA nel controllare lo sport più spettacolare al mondo, a partire dalla scelta dei giocatori per limitare le differenze di natura tecnica, alle multe per chi sfora precisi limiti, si decise per tre. Al proposito non so se la Fiorentina, nella finale di Conference contro l'Olympiacos, sia stata tutelata, come avrebbe dovuto, dal portoghese Soares Diaz, dal momento che il Segretario dell'UEFA è il greco Theodoridis. Lungi da me sospettare, ma con Taylor, Turpin, Oliver, Letexier, Makkelie, Marciniak o Gil Manzano sarei stato più tranquillo. Così la settimana scorsa, in quel di Atene, contro il Panathinaikos, perché Lambrechts, se un attento cronista come Marchini gli assegna 5,5 e spiega che "... dirige a singhiozzo, alcune volte è severo, altre lascia correre"?
Sarebbe opportuno che, nel ritorno, Marchini si ripetesse, ma il direttore di gara lasciasse correre in modo inverso rispetto ad Atene.
