5 giugno 1968, l'Italia vince con la monetina. In nove contro l'URSS, nella semifinale d'Europeo

Il 5 giugno del 1968, allo stadio San Paolo di Napoli, è in programma la semifinale dell'Europeo. A fronteggiarsi Italia e URSS, squadra che quattro anni prima aveva eliminato gli azzurri. Assente di lusso Gigi Riva, affetto da pubalgia, così in campo c'è Pierino Prati, in uno stadio strapieno: 75 mila spettatori ufficiali, quasi 100 mila quelli reali. Lla gara risulta davvero molto complicata sin dall'inizio, quando Rivera si fa male in uno scontro di gioco con Afonin. Le sostituzioni non ci sono ancora, quindi di fatto l'Italia è in inferiorità numerica, sebbene il milanista rimanga in campo come ala destra, senza però dare un contributo alla causa.
A parte un palo colpito da Domenghini non succede granché per l'Italia. Servono i supplementari, dove Bercellino si fa male al ginocchio, di fatto dando una doppia inferiorità numerica. L'URSS così alza i giri cerca di vincere la partita prima dei rigori che... Non ci sono. E non c'è neanche la possibilità di ripetere la partita, per i tempi serrati dell'Europeo. Quando l'arbitro fischia tre volte, al minuto centoventi, va in scena la monetina. Cioè un modo molto crudele, ancor più di quello attuale, di decidere chi passerà il turno e affronterà la Jugoslavia. Un sorteggio segreto, negli spogliatoi del San Paolo: l'arbitro Tschenscher convoca i due capitani, Facchetti e Shesternev, per lanciare una moneta da cinque Franchi svizzeri.
Facchetti sceglie testa, il russo accetta croce. Il primo lancio però non è quello decisivo, perché la monetina cade praticamente in verticale. Al secondo, invece, la Dea Bendata bacia il capitano dell'Inter (e della Nazionale). Facchetti fa le scale e corre in campo a esultare, seguito da tutti i calciatori della Nazionale. C'è chi si vota a San Gennaro, in una Napoli decisamente diversa da quella che ventidue anni dopo vedrà Italia-Argentina, con mezzo stadio che tifava per l'albiceleste.
