TMW RADIO - Lo Monaco: "Inter, con Dzeko soldi buttati dalla finestra"
Nel corso del pomeriggio di TMW Radio, Pietro Lo Monaco, dirigente dell’ACR Messina, ha parlato del prossimo campionato di Serie A e degli ultimi movimenti di mercato: “E’ una situazione difficile che interessa tutti i club italiani. Ora si è aggiunto il discorso della pandemia che ha aumentato le difficoltà economiche dei club che sono in una crisi comune. Non è solo l’Inter ad avere un problema ma è generale, di conseguenza dobbiamo aspettarci un mercato in tono minore. Sorprende quando levato un pezzo da novanta per risparmiare e incamerare soldi, si prenda un giocatore ancora più in là con gli anni senza progettualità per la società. Ti fa fare una constatazione amara per quanto concerne il futuro”.
Prendiamo ad esempio l’uscita di Lukaku e l’ingresso di Dzeko.
“Mi riferivo proprio a questo, che poi se andiamo a guardare quanto costa Dzeko di stipendio è uno stipendio importante vicino a dieci milioni. Una società che deve risanare, e che dovrà prendere un’altra punta perché non possono affrontare il campionato solo con lui, se sommate le spese ci si rende conto che i soldi si stiano buttando dalla finestra. Un profilo giovane con stipendio abbordabile sarebbe più sensato”.
Un nome?
“L’altro giorno leggevo un’intervista di un commentatore televisivo che parlava di Boadu, un 2002 dell’AD che sì hanno pagato 15 milioni, ma non ha costi di gestione - di contratto - proibitivi. I giocatori giovani ci sono, il compito di una società organizzata è di scandagliare il mercato mondiale. Siamo un campionato di elite e abbiamo questo dovere, calciatori ce ne sono. Chi punta su un nome che conoscono tutti e magari non va bene si può nascondere nel ‘lo conoscevano tutti’ e invece quando devi ripianare devi avere fantasia. Vlahovic insegna qualcosa, si è avuto coraggio e ora si parla di lui come un giocatore di prospettiva notevolissima. Se vale per lui vale anche per altri. Le società oggi, purtroppo, complice la pandemia e il nuovo modo di fare calcio hanno un’organizzazione scouting solo sulla carta. Non mi sembra che approdino talenti di un certo livello in Italia”.
Koopmeiners andava preso l’anno scorso.
“L’ho proposto fino alla noia da un anno e mezzo. È un giocatore che starebbe da Dio al Napoli, al Torino, alla Fiorentina. Non a caso l’Atalanta si è mossa. Magari hanno creduto il prezzo troppo alto ma magari si discute e si prende ad un prezzo diverso. È poliedrico come pochi, ha l’ordine dei nordici, tecnica. Si è perso anche tempo”.
In Italia siamo aggrappati all’Atalanta: neanche in questo contesto i club medi capiranno che l’unica strada è lo scouting?
“Favoriti anche da una potenza economica alle spalle, quest’inverno ho proposto ad un club straniero un giocatore che pensavo fosse del Bragantino. Quando sono andato a vedere la situazione del ragazzo, ho scoperto che era di Red Bull, che l’aveva comprato e lasciato lì. Evidentemente all’estero si muovono in un certo modo, noi abbiamo messo da parte questa capacità di andare a cercare i giocatori bravi. Oggi ci affidiamo ai procuratori, è una catena. Procuratori abbinati a ds e presidenti, viene meno la capacità di avere una struttura propria che prenda in proprio i calciatori. I costi lievitano sì. Vedere Alaba a zero che chiede 30 milioni di commissione dovrebbe fare intervenire la FIFA. Se lo ricomprano dai procuratori così. Tutti i giocatori con un anno di contratto non rinnoveranno, perchè potranno vendere sé stessi e il sistema si impoverisce sempre di più”.
Quanto è delicata la situazione Insigne?
“Io penso che Insigne sia un calciatore che possa rimanere a Napoli e finire lì la carriera come un Totti e Antognoni. Il prodotto Insigne non è facile da vendere perché è cresciuto e nato nel Napoli con determinati equilibri. Non è semplicissimo trovare qualcuno che paghi determinate cifre. Con una buona volontà di entrambe le parti si può arrivare alla fine, Insigne è importante per il Napoli”.
Questa è l’estate in cui lo svincolato viene rivisto?
“Mi rifaccio al discorso di prima. È il sistema che è cambiato e le società non si rendono conto che questo sistema porta alla rovina. Rimarranno solo società come il PSG. Si è perso un valore che per le società, a livello di bilancio ed economia, è molto importante: la commercializzazione. Immaginatevi l’Atalanta che perde questo potere. È diventata quello che è perché ha capitalizzato vendendo e rifacendo lo stadio, investendo le plusvalenze. Gli altri non lo fanno e si adeguano al sistema, che va nella direzione dei procuratori e giocatori. Finito il contratto se ne vanno a zero andando a commercializzare sé stessi”.
C'è un allenatore in particolare che ha fatto meno di quello che poteva tra chi ha avuto lei?
“Dico la verità, forse supportato in maniera diversa mi aspettavo qualcosa in più da Montella. È rimasto in situazioni particolari e si è fermato un momento. Poi Mihajlovic è quello, Simeone ha una carriera splendida, Zaccheroni che dimentichiamo di citare, ritengo fosse un maestro di calcio. Gli allenatori vanno aiutati e supportati, da soli non si vince niente”.
Diventa difficile per gli allenatori ottenere risultati di crescita se la squadra resta la stessa.
“Cambiare tanti allenatori e affidarsi ad allenatori importanti risiede in questa incapacità e difficoltà. Si prende un allenatore di un certo livello pensando si possa ottenere di più, ma per me non basta”.
Stefano Pioli è sottovalutato?
“Penso che ci sia massimo rispetto, è un signor allenatore. Il problema è che il Milan è l’unica che ha cominciato un processo di risanamento ringiovanendo la rosa e ogni anno mette in piedi una squadra che con il tempo si possa confrontare al massimo livello. Sono anni che il Milan ha fatto determinati mercati. Ibrahimovic ha dimostrato di essere decisivo, soprattutto per la crescita degli altri, trasmettendo carattere, mentalità, consentendo al Milan di stare lassù”.
Commisso è al terzo anno a Firenze: perchè questa stagione dovrebbe andare meglio?
“Per come era partita con un allenatore nuovo e l’ingaggio di Gonzalez, pensavo proseguisse nel completamento di una squadra per farla confrontare a livello medio-alto. Però si è fermata, dimostrando che c'è un empasse societario. Va fatta chiarezza, chi gestisce come Barone, che non ha mai fatto calcio, è l’uomo di fiducia della società dovrebbe fare gestione e amministrazione, ma per la cifra tecnica c'è un’invasione di campo. Barone non ha esperienza e capacità tecniche per poter capire e dare alla Fiorentina ciò che merita. Se non si chiariscono le cose interne, difficilmente potrà prendere qualche soddisfazione. Italiano è un allenatore capace di esprimere il calcio, la squadra con Vlahovic e Gonzalez iniziava ad essere interessante ma deve fare altro per stare nei quartieri medio-alti. La proprietà non deve offendersi se si mette il dito nelle negatività: se faccio investimenti e poi mi salvo a fatica, non posso dire che ho fatto cose buone, devo dire che devo migliorare e sistemare”.