Inter, un 2024 da ripetere con qualche differenza. Lautaro: è sempre stato un falso problema
Il 2024, l'anno d'oro dell'Inter, si chiude con 89 punti. È il miglior riferimento per la gestione nerazzurra di Simone Inzaghi, una media che riavvicina la squadra al 2021, non a caso l'anno del precedente scudetto. Missione da ripetere, nelle intenzioni del tecnico e della dirigenza.
Con qualche differenza. In campo e fuori. L'obiettivo, inevitabile per chi porta il tricolore sul petto, è quello di tenerselo stretto: il campionato resta il primo traguardo nei piani di viale della Liberazione. La seconda stella ha però cancellato un po' di ansia e qualche critica, scorie del tricolore milanista di tre campionati fa. Morale: vincere in Italia è fondamentale, ma non a costo di sacrificare altro. Come, consciamente o inconsciamente, è accaduto nella scorsa stagione, quando l'Inter avrebbe forse potuto anche superare l'ostacolo Atletico Madrid.
L'altra differenza, ma ci sarà tempo per verificarla in concreto, riguarderà il mercato, soprattutto quello estivo. L'input di Oaktree è abbastanza chiaro: più giovani, anche a costo di spendere qualcosa per il cartellino, meno stipendi, più profitti futuri. Più che una rivoluzione negli uomini - è da vedere chi partirà e chi resterà - è una questione filosofica. Con due addentellati: si sentissero domani sirene come quelle della scorsa estate per Calhanoglu, non è detto che la risposta sarebbe la stessa. E anche Inzaghi - che ne ha anche parlato pubblicamente di recente - avrà a che fare con qualche profilo diverso da quelli che l'hanno portato a vincere e che lui ha migliorato. Perché il segreto del 2024, da replicare nel 2025, alla Pinetina è quello: migliorarsi a vicenda.
A proposito di miglioramenti: il 2024 ha segnato un passo indietro, in termini realizzativi, per Lautaro Martinez. Un paradosso, se si considera che in estate è stato il capocannoniere della Copa America con la sua Argentina. Però i freddi numeri restituiscono un Toro mai così poco prolifico. Ieri si è sbloccato e Inzaghi ha ripetuto il suo mantra: è una soluzione, non un problema. Un falso problema, verrebbe da dire con un pizzico di oggettività. Per due ragioni: in primo luogo, Thuram ha ampiamente ripagato del calo del compagno, dovuto anche a un diverso modo di giocare. In seconda battuta, Lautaro ha sempre avuto periodi di digiuno più o meno lunghi. Però c'è un dato: dal 2018 a oggi, in Serie A, è sempre andato crescendo. A tutto c'è un limite, per carità, ma un po' di credito da questo punto di vista lo meriterebbe anche.