Gravillon si racconta: "Quando ho saputo dell'interesse del Torino ho preso il primo volo"
Il difensore granata Andreaw Gravillon ha parlato ai microfoni di Torino Channel:
Ti sei fatto subito trovare pronto quando è arrivata l'opportunità di partire titolare contro il Lecce.
"Dovevo farlo, quando sono arrivato è stato un po' difficile adattarsi. Il modo di giocare del mister era un po' difficile all'inizio, però il gruppo è stato bravissimo a farmi integrare velocemente”.
Sei rimasto colpito dall'unione di questo gruppo?
"Sì, non me l'aspettavo perché quando arrivi a volte in certi gruppi ci sono gruppetti. A Torino stiamo tutti insieme".
Hai già stabilito qualche legame più forte?
"Quando arrivi in una squadra in cui ci sono dei francesi, logicamente parli subito con loro. Poi quando ero giovane ho giocato con Ricci, conoscevo già Karamoh, con il tempo ho imparato a conoscere gli altri".
C'è qualcuno che ti aiuta in particolare?
"Quando sono arrivato chi mi ha aiutato di più è stato Djidji, che mi ha spiegato come giocava il mister, come dovevo uscire e comportarmi in campo. Fuori dal campo mi hanno aiutato Karamoh e Bayeye".
Com'è il rapporto con Juric?
"Sul campo è duro, ma fuori dal campo poi viene e ti spiega le cose. Io all'inizio avevo qualche difficoltà tatticamente, allora lui dopo il video o dopo l'allenamento mi faceva rimanere per spiegarmi le cose e farmi fare due o tre esercizi per farmi adattare al sistema di gioco".
Cosa ti ha detto prima dell'esordio da titolare?
"Mi ha sempre detto di stare tranquillo e di fare quello che avevamo provato in allenamento. Niente di speciale. Ho seguito i suoi consigli".
Ti sei subito trovato bene nella difesa a tre come ti sei trovato bene in quella a quattro?
"La difesa a tre la facevo già ai tempi dell'Inter. Ma l'uno contro uno come lo vuole Juric non l'avevo mai fatto. Ma se lavori bene impari velocemente".
La struttura fisica è importante. Quanto lavori sulla tua?
"Fin da quando sono piccolo ho lavorato molto sulle gambe per mettere forza. Il mio stile di gioco si basa sull'esplosività, ho lavorato sulla forza per migliorare".
Hai parlato prima del rapporto con Djidji. Tra voi c'è più rivalità o una sana competizione?
"In tutte le squadre c'è concorrenza. L'importante è avere un buon rapporto. Quando sono arrivato Djidji sapeva che facevo il suo stesso ruolo, ma è stato bravissimo ad aiutarmi lo stesso e a capire il gioco. Sono cose che non dimentico. Anche io l'ho fatto in passato, ho dato una mano a chi avrebbe poi preso il mio posto: l'ho fatto al Pescara con Bettella".
In Italia hai avuto diverse esperienze. Sei cresciuto nelle giovanili dell'Inter. Poi sei andato a Benevento, Ascoli, Pescara, Sassuolo e ancora Inter. Quando hai fatto il salto di qualità?
"Il salto di qualità l'ho fatto al Pescara. Arrivavo dal Benevento che è stata un'esperienza difficile, non ero ancora pronto. Quindi avevo deciso di fare un passo indietro. Ho lavorato tanto, volevo tornare in alto e lì ho fatto un salto di qualità".
Che effetto ti ha fatto tornare in Italia dopo tre anni?
"L'Italia mi era mancata, è un paese che mi piace tantissimo. Mi è mancato soprattutto il cibo. Anche lo stile di vita".
A Guadalupa sei tornato di recente per la Nazionale. E' un orgoglio vestire quella maglia?
"Sì è un orgoglio. A Guadalupa c'è mia nonna che non mi ha mai visto giocare in Europa. Quando vado lì è contentissima, mi vede tutta la mia famiglia".
In Francia ha giocato a Lorient e a Reims. Com è la Ligue 1?
"La Ligue 1 è difficile. Nelle squadre che stanno in basso ci sono sempre due o tre giocatori davvero fortissimi. E' un campionato che si basa molto sull'individualità, su giocatori fisici, tecnici e rapidi. Da lì possono uscire giocatori che non hai mai visto".
Che differenze hai riscontrato nel campionato italiano?
"Il calcio francese ha tanta individualità, le squadre più forti sono PSG e Marsiglia. Ma in Italia tatticamente quasi tutte le squadre sono forti e a volte può capitare che si faccia fatica a vincere con l'ultima in classifica. In Ligue 1 invece dici 'Con questi vinciamo' ed è quasi sempre così".
Come hai reagito all'interesse del Torino?
"L'ultimo giorno di mercato dormivo al mattino. Mi sveglio alle 10.30 del mattino, prendo il telefono e vedo cinque chiamate perse. Mi chiama il mio procuratore e mi dice 'Che stai facendo?'. Io gli rispondo: 'Sto dormendo'. E allora lui: 'Svegliati, fai le valigie in venti minuti che alle 13 devi essere a Parigi'. Io ho fatto le valigie in dieci minuti e poi gli ho chiesto quale fosse la squadra. Quando mi ha detto che era il Torino ho preso il primo volo. Ero contentissimo di tornare in Serie A e di venire al Torino".
Cosa conoscevi del Toro?
"Non avevo seguito tanto il campionato italiano andando in Francia. Ma conoscevo il Toro, sapevo che era forte e so che ha una bella storia. Quindi quando ho saputo che mi voleva ho detto sì".
Come ti sembra la piazza e la tifoseria granata?
"E' una squadra che vive molto il calcio. L'ho notato prima del derby con la Juventus. E anche con il Filadelfia a porte aperte. Non mi aspettavo tutta quella gente. In passato in altre squadre quando c'erano gli allenamenti a porte aperte c'erano una cinquantina di persone. Al Filadelfia la tribuna era piena e i tifosi cantavano. E' bellissimo, ti dà una carica in più per la partita. Per noi è importante avere una tifoseria che ti segue sempre, a prescindere dal risultato".
Chi sono i ragazzi che tengono alto il morale in spogliatoio?
"Difficile dirne uno. Tutti. Ogni giorno c'è sempre qualcuno in spogliatoio che ti fa ridere. Se devo fare un nome dico Ola Aina. Arriva sempre con una gran voglia di vivere addosso, ha sempre la musica e un gran sorriso. Non l'ho mai visto arrabbiato, mai".