Behrami si racconta: "Altro che finito: ho una voglia matta"
Ci sono storie che meritano di essere raccontate. E verità che vanno spiegate. Valon Behrami, trentaquattro primavere, lo fa senza timore. "Quando mi capita di parlare con dirigenti e allenatori, tutti partono da un presupposto. Lo capisco: 'se dopo pochi mesi è andato via dal Sion, alla sua età, è perché non ce la fa'. E invece no. E vi spiego perché".
Una chiacchierata lunga, quella del centrocampista di Titova Mitrovica, in esclusiva con Tuttomercatoweb.com. Che parte proprio dalla sua Svizzera. Dalla scelta di andare al Sion e dalla rescissione dopo tre mesi, dopo quattro partite. "Avevamo raggiunto un accordo biennale, di quelli importanti. E alla base di tutto, del progetto, c'erano dei progetti che non si sono poi mai realizzati. Un centro sportivo dove dovevamo trasferirci e che è rimasto in costruzione, per esempio".
Non riusciva a lavorare come avrebbe voluto?
"Esatto. Non potevo farlo bene, non avendo la possibilità di lavorare con costanza in palestra e con un campo sempre agibile. A volte ci allenavamo lontano, su un sintetico di prima generazione e facevo fatica. Il loro metodo poi: era diverso dal mio: a volte mi allenavo la mattina con la squadra e il pomeriggio facevo palestra a casa ma arrivo la domenica logoro da quel lavoro a parte".
Il lavoro nobilita l'atleta ma così...
"Il lavoro, il sudore, la fatica, non mi hanno mai spaventato. Anzi. Però così era difficile"
Così ha lasciato il Sion
"Ho lasciato due anni di contratto a 34 anni a cifre importanti. E l'ho fatto perché voglio sentirmi vivo. Voglio divertirmi, giocare e lavorare. Ho ragionato su quello, ho preferito continuare su un'altra strada".
Due anni, cifre importanti. Almeno ha spiegato perché ha detto basta, finalmente.
"Tanti addetti ai lavori mi vedono e dicono 'perché sei andato via dopo due mesi'? Potevo svernare, con due anni a quelle cifre, no? E' pieno il mondo. Non io, però. Perché credo in quello che faccio e devo farlo al meglio. Se non lo facessi non andrei avanti. E' stata una scelta forte ma giusta, anche rivista a posteriori".
E adesso?
"Ora devo ricominciare. Voglio un club dove poter lavorare, con una struttura, voglio allenarmi, voglio sudare".
E' a casa, adesso?
"Qui ho avuto tempo per riflettere. Ora sono a Udine, mi sto allenando con un preparatore che lavorava all'Udinese. Sto bene. Mi sto trovando bene e aspetto novità dal mercato".
Italiano?
"Sì, voglio restare in Italia. Le mie figlie vivono a Bergamo, io sto bene qui. All'estero le esperienze mi hanno arricchito, però l'Italia è e sarà sempre casa mia e calcisticamente si lavora in modo completo".
Dica la verità. La gamba è sempre quella?
"Se intende quella di Firenze, di Napoli, come potrebbe? Il tempo passa per tutti ma sono sempre carico e pronto. Non sono più quello che si butta nello spazio, ho giocato anche da play, ma a Udine, con Nicola, avevo libertà e nell'unica da mezzala ho anche segnato. Con la testa sopperisci alla gamba e poi lavori il doppio per stare bene. A Udine l'ho fatto bene prima di quel maledetto giorno dove mi son fatto male a San Siro. Ora ho bisogno di due-tre settimane in gruppo ma c'arrivo, c'arrivo..".
In Italia... Dove?
"Serie A, Serie B. L'importante è un progetto vero, serio, con una struttura, che ti permetta di sentirti e di essere un professionista anche durante la settimana".
A proposito di Italia, di Svizzera. Per chi fa il tifo all'Europeo?
"Ho tanti miei compagni in Italia, ma sono stato parte integrante della mia Svizzera per tanto tempo, prima che finisse. Il cuore non può che dire Svizzera ma faccio il tifo perché l'Italia vinca l'Europeo. Ecco, così può andare".
Che Nazionale troverà davanti Mancini?
"Hanno fatto dei cambiamenti in questi due anni, è cambiata generazione. Ci sono ragazzi più giovani, sostanzialmente in possesso palla fa la difesa a tre, in fase difensiva va sul 4-4-1-1. Il dieci diventa quasi una mezzala in fase di non possesso bassa. Poi costruisce a tre, con un terzino che spinge e con un'ala che va dentro. Ha possesso, i difensori costruiscono come Akanji e Schar, il portiere è sicuro. Ti fa abbassare molto".
E davanti?
"Stanno ruotando per i vari infortuni, Embolo e Seferovic tecnicamente giocano. Poi da una parte Shaqiri che rientra, poi Mehmedi che è destro e rientra. Giocano tanto palla a destra, l'alto di sinistra va in profondità e ti crea apprensione, si muovono e ti fanno abbassare. Però soffriamo squadre basse tipo la Svezia, di quelle che ripartono, aperte. L'unico pericolo è che ci smarriamo nelle grandi partite, abbiamo sempre peccato lì di personalità".
Italia-Svizzera si gioca a Roma...
"Eh, appunto... Son quelle...".