Donadoni: "Mi manca il sapore del risultato, parlare di progetti in Italia è fuori luogo"
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"Ci sono situazioni che non posso governare, mi spiace di non poter lavorare con i giovani, di non provare il gusto di migliorarli, di farli crescere. Il sapore del risultato mi manca". Parole di Roberto Donadoni, intervistato dal Corriere dello Sport. L'ex centrocampista del Milan e della Nazionale non allena più in Italia dal 2018 e in generale dal 2020 (l'ultima sua esperienza in Cina, allo Shenzhen).
Sul suo modo di allenare, dice: "Mi rivedo in Carlo (Ancelotti, nda), la stessa mentalità, cultura, educazione. Non sono un carabiniere. Lo ripetevo spesso ai ragazzi che allenavo: “non sono un carabiniere, vi osservo, controllo gli atteggiamenti e traggo le conclusioni”. Mi piace dare libertà ai collaboratori, so ascoltare, alla fine però sono io che mi occupo delle scelte. In panchina non mi agito, non sono un urlatore, non faccio casino. Ricordo che una volta Mazzone venne a vedermi a Ascoli. Allenavo il Livorno, ma quel giorno in panchina c’era il mio secondo, Bortolazzi, io mi ero appena dimesso. A un certo punto, dalla tribuna, la buonanima di Carletto gridò a Bortolazzi “Te devi agita’!, te devi muove!".
Poteva essere un nome caldo per la panchina del Parma, ma è stato scelto Christian Chivu per un progetto a lungo termine: "Parlare di progetti e programmi in Italia è fuori luogo ormai. Oggi conta il risultato immediato. Ovunque, a tutti i livelli. Se poi alleni Inter, Juve o Milan hai solo l’obbligo di vincere, ho letto cos’ha detto Conte, sto con lui, capisco che è la scoperta dell’acqua calda. Tuttavia da noi, dove dominano le proprietà straniere, c’è qualcuno che prova a fare le cose giuste e ha ancora un briciolo di capacità. L’Atalanta ad esempio. Anche lì c’è la presenza americana, ma ci sono dirigenti abili. La competenza oggi è il petrolio. Mi fa rabbia pensare che ci siamo ridotti così, e non mi riferisco solo al calcio. Il giudizio lo estendo al Paese".
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