Messi la apre, Fernandez la chiude. Una tremenda Argentina resta in vita e batte il Messico
Tanto brutta che quasi non ci si crede, ma l'Argentina vince e rimane in vita. Dopo il ko contro l'Arabia Saudita la squadra di Scaloni batte il Messico e resta in corsa per il passaggio del turno, ora a -1 dalla Polonia capolista. Basta un guizzo di Messi e la chiusura di Enzo Fernandez all'Albiceleste, che si libera del macigno messicano e ora si ritrova con il destino tra le proprie mani: vincere con la Polonia per il primato del girone e un passaggio agli ottavi che probabilmente nessuno pensava potesse essere così difficoltoso.
Scaloni rivoluziona, il Tata si copre
Scaloni ne cambia cinque rispetto al fracaso contro l’Arabia Saudita, lanciando Alexis Mac Allister dal primo minuto, il gioiellino del Brighton, con Messi e Di Maria a supporto di Lautaro Martinez. ‘Tagliato’ anche Leandro Paredes, a cui viene preferito Guido Rodriguez del Betis, Scaloni manda in panchina anche Romero, Tagliafico e Papà Gomez. Nel Messico, invece, sceglie uno schema più difensivo rispetto all’X contro la Polonia: il Tata Martino conosce i pericoli dell’Albiceleste e copre le fasce con Alvarez e Gallardo, lasciando solo Chucky Lozano e Vega a guidare l’attacco. Lo schema di Martino funziona e l’Argentina si ritrova imbrigliata. La nazionale di Scaloni fatica a creare pericoli, complice il buon pressing dei messicani che formano una sorta di scudo davanti alla propria difesa. Per più di mezz’ora Messi e compagni si trovano a sbattere contro la retroguardia del Tata, che non lascia spazi e che domina anche su tutte le palle aeree.
Calci ma non calcio
Di Maria gioca molto dentro al campo, così come Mac Allister ma al primo tentativo di palleggio o di percussione il Messico si rifugia con un fallo sistematico. Orsato richiama mezzo centrocampo messicano, ammonisce Araujo e prova a salvaguardare Messi e compagni, che nella prima frazione prendono tanti calci. Ma in porta non si riesce a tirare. Una conclusione per l’Albiceleste, con Messi su punizione, lo stesso per il Messico, che non si preoccupa del lavoro nella metà campo argentina. Sul finale la nazionale di Martino perde una delle sue colonne, il Principito Guardado, out per infortunio. Al suo posto entra Gutierrez, centrocampista del PSV, che prosegue con il compito del giocatore del Betis. E tra uno sbadiglio e un fallo si chiude il primo tempo, con uno zero a zero tutt'altro che indimenticabile.
Messi come Diego
Senza cambi e senza ritmo, la ripresa si apre sulla falsariga del primo tempo. Ma con un Lionel Messi in più. La Pulga prova a svegliare la Seleccion e nel primo quarto d’ora piazza un paio di sgasate che in Qatar avevano visto solo al vicino circuito di Losail. Leo non è il solito Leo, la maglia albiceleste pesa, tant’è che su punizione, da golosa posizione, spara alle stelle. Ma la serata è di quelle speciali, è quella della presenza numero ventuno ad un Mondiale, le stesse del Pibe de Oro Maradona, e come Diego Leo prova a prendere per mano l’Argentina e lo fa per pochi secondi, che risultano decisivi. Il 30 del PSG riceve palla sui venticinque metri, alza la testa e fa partire un bolide rasente all’erba, che non lascia scampo ad Ochoa. È l’1-0 Argentina che fa esplodere un popolo, che ora sa di avere il proprio destino tra le mani.
Enzo Fernandez e passa la paura
Dopo il gol Scaloni cambia: toglie Lautaro, toglie Montiel, toglie Mac Allister, inserisce Romero, Palacios ed Enzo Fernandez. Il Messico si ritrova a dover cambiare piano, ma l’impostazione del Tata Martino non permette ai messicani di rendersi pericolosi. L’Albiceleste si mette a specchio, l’Argentina teme di subire una rete dal Messico, che non ha fatto nulla per segnare ma non ha fatto nulla nemmeno per subire gol. E invece il Messico il gol lo prende e l’Argentina sospira di sollievo. Ci pensa Enzo Fernandez, centrocampista del Benfica, a chiudere i conti con un gol bellissimo, di destro a giro, che non lascia scampo ad Ochoa. Un 2-0 bugiardo per quanto creato ma che tanto basta all’Argentina per vincere e per avere il proprio destino in mano.