Pres. Perugia: “Ritorno in campo un atto di forza. Si chiede tutto senza dare niente”
“Quella che si sta cercando di fare è una forzatura ad ampio raggio che porti le società di calcio a tornare in campo” è questo il pensiero di Massimiliano Santopadre, presidente del Perugia, che attraverso le colonne di TuttoMercatoWeb.com è intervenuto nel bel mezzo della querelle tra CONI e FIGC sulla prosecuzione della stagione interrotta a causa della pandemia di Coronavirus che ha colpito l’Italia. “Ho letto attentamente sia le parole di Gravina che quelle di Malagò - spiega il numero uno del Grifo - ed è chiaro che nella situazione attuale è molto complesso prendere la decisione giusta. E’ chiaro a tutti che l’aspetto della salute pubblica sia importante e prioritario, ma non si può evitare di prendere in considerazione quello economico”.
Perché parla di forzatura nei confronti delle società per la ripresa del campionato?
“Perché tutto quello che si sta cercando di fare è rivolto solamente all’assegnazione dei vari titoli, per paura delle cause che potrebbero arrivare a seguito di una sospensione dei campionati. Proprio per questo motivo la FIGC ha iniziato a lavorare al famoso protocollo sanitario necessario per la ripresa dell’attività. Un protocollo, questo, che è impossibile da attuare sia in Serie B che in Serie C e che per la cui attivazione sarà necessario un investimento di circa 400mila euro per ogni club. Per questo motivo mi chiedo perché la Federcalcio non abbia ancora pensato ad attivarsi per sostenere le società in questa spesa resa da lei stessa obbligatoria. Il calcio italiano non è composto solo da società danarose, ma anche da realtà blasonate e virtuose che hanno contribuito a fare la storia del calcio italiano e che permettono alle nostre competizioni di essere riconosciute fra le migliori al mondo pur senza vincere trofei”.
Esiste una soluzione alternativa?
“Detto che le decisioni sul riprendere o meno le competizioni, a mio avviso, non spettano né a Gravina né a Malagò, ma alle autorità sanitarie, penso che esista una sola via. Ovvero quella di una ripresa a luglio, quando questi protocolli ci auguriamo tutti non saranno più necessari, per poi terminare i tornei prima del via alla nuova stagione a seguito di due settimane di stop. In questo modo si potrà comunque assegnare i titoli e permettere ai club di non fallire”.
Un rischio, quello del fallimento, che oggi come non mai è uno spettro concreto per molti.
“La cosa terribile di questa situazione è che si sta dipingendo i proprietari dei club come coloro che vanno contro le proprie squadre quando non è assolutamente così. Il 90% del fatturato di una società di Serie B arriva dai finanziamenti che le aziende di cui noi presidenti siamo i gestori riescono ad immettere nel calcio. Finanziamenti che, ad oggi, è impossibile ipotizzare vi siano in futuro. Per questo motivo mi auguro che il Governo lavori a degli incentivi con garanzie statali per il nostro settore che, ricordiamolo, è il terzo per fatturati del Paese. Oppure che sia la FIGC stessa ad aiutarci facendo da garante”.
Capitolo stipendi. Qual è la posizione del Perugia?
“Il monte ingaggi copre circa il 90% del fatturato di una società di calcio e questo occorre ricordarlo sempre. Come Perugia credo ci sia una sola strada: se non si tornerà a giocare, quindi in totale assenza di entrate, sarà difficile pensare di fare delle uscite, mentre se si dovesse giocare, facendo il conto delle perdite e con il supporto della FIGC, si può pensare di retribuire due mensilità sulle quattro in questione. Credo che sia la soluzione più idonea e corretta e che i calciatori stessi la valutino alla medesima maniera perché nella condizione attuale dell’economia percepire dieci mensilità su dodici è qualcosa di assolutamente positivo”.
Sempre sul tema del ritorno in campo e dei rapporti con i calciatori il decreto “Cura Italia” ha stabilito che le società saranno considerate responsabili di eventuali positività dei propri dipendenti al Coronavirus anche con l’attuazione di tutti i protocolli sanitari richiesti e che tali positività saranno equiparate ad infortuni sul lavoro. Siete preoccupati di questo aspetto?
“Questa è l’altra vera faccia della medaglia. Se Gravina ha paura delle cause per la mancata assegnazione dei titoli, dovrebbe temere anche quelle che potrebbero arrivare da questo fronte. E’ impossibile pensare che il presidente di una società di calcio si assuma una responsabilità del genere e anche qui la FIGC dovrebbe pensare a qualche tipo di supporto, come una copertura assicurativa”.
In tutto questo uragano di polemiche, dubbi e incertezze la nota lieta è rappresentata dal tessuto sociale del Paese che si è attivato per aiutare le persone colpite da questa pandemia. Perugia in questo senso non fa eccezione.
“Assolutamente no. Anzi ci tengo a ringraziare gli ultras e il Centro di Coordinamento dei Perugia Club che si sono mossi immediatamente per aiutare le persone più bisognose in tantissimi modi: distribuendo mascherine, raccogliendo generi di prima necessità e fondi a favore delle strutture sanitarie e tanto altro. Come presidente del Perugia sono profondamente orgoglioso e li ringrazio”.