Sormani ricorda Pelé: "In campo faceva quello che fanno i campioni di ora, lo faceva d'istinto"
DoLo chiamavano il Pelé Bianco. Angelo Benedicto Sormani, nel corso di un a lunga intervista concessa al Secolo XIX, parla proprio di Pelé, suo compagno ai tempi del Santos: "Era il non plus ultra, chi l’ha visto non ha dubbi. Siamo stati due anni insieme nel pensionato, lui 18 anni, io 20. Pelé non fumava, non beveva, era un esempio anche di umiltà: era il più forte e per fare i massaggi aspettava i più vecchi. C’è una cosa che mi spiace. I filmati dell’epoca non sono di qualità, non rendono bene l’idea. In campo faceva quello che fanno i campioni di ora. Ma Ronaldo e gli altri studiano, si allenano, hanno i preparatori personali. Lui è stato il primo, ha imparato da solo, lo faceva d’istinto".
E Maradona?
"Quando venne al Napoli allenavo la Primavera azzurra. Amava il pallone. Un martedì eravamo a Soccavo, avevo fatto entrare i miei ragazzi negli spogliatoi ma Diego si avvicinò: “Mister, vorrei giocare un po’”. Andai a riprendere i giocatori sotto la doccia, qualcuno era insaponato, per organizzare una partitella di mezz’ora che lo fece contento".
Chi è stato il più forte?
"Anche Maradona aveva il dribbling, un primo controllo eccellente e una velocità iniziale sorprendente. Pelé conduceva una vita più equilibrata. Ed era più completo fisicamente: era un grande atleta. Se Pelé si fosse preparato sui 100 metri sarebbe andato alle Olimpiadi. Lo stesso sul salto in alto, sul salto in lungo. Non so se avrebbe vinto medaglie ma non lo escludo. Certo, ero suo amico, ma parlo da studioso del calcio".