Schizzi di fango intorno all'Inter. l'editoriale di Lapo De Carlo
Il bilancio dell'Inter in campo è tornato ad avere un saldo percettivo piuttosto buono.
Bene in campionato, dove in trasferta con l'Udinese la squadra ha reagito, nonostante un persistente problema difensivo, ma anche il ritorno al gol di Lautaro, tacciato di una crisi che sembrava acclarata dopo quel gol sbagliato clamorosamente in apertura.
Bene anche in coppa, dove Inzaghi ha potuto schierare un undici titolare con un turn over spinto, portando l'inedita coppia Arnautovic e Taremi a guidare l'assalto alla Stella Rossa.
Le amnesie difensive, seppur contenute, si sono viste a tratti anche con i serbi, ed è complicato stabilire se si tratti di automatismi incerti, pigrizia o condizione. Col Torino sabato ci sarà un'altra prova per poter verificare questa attitudine.
Il fatto è che il tema tecnico si intreccia a quello sconcertante del caso ultras.
Una vicenda che tutti conoscevano, immaginando il tipo di contiguità che avevano i capi curva con la criminalità organizzata e sospettando che potessero esserci delle pressioni su dirigenti o tesserati dell'Inter. Lo si intuiva come una di quelle verità non dette, un segreto di Pulcinella che però quando è stato definitivamente rivelato, con gli arresti e i tambureggianti titoli sulle intimidazioni e gli avvicinamenti a Simone Inzaghi, Calhanoglu, Barella e altri dirigenti, non ha sorpreso nessuno ma ha comunque dato un misto tra il disgusto e l'imbarazzo, passando per il timore di una ripercussione.
Come in tutte queste vicende la questione sarà lunga e gli schizzi di fango potrebbero diventare anche qualcosa di più. Abbiamo già visto in passato come la tentazione del sensazionalismo non si coniugasse con la ricerca della verità.
Il PM ha dichiarato che nella società Inter «vi è una sorta di cultura di impresa, cioè un insieme di regole, un modo di gestire e di condurre l’azienda, un contesto ambientale intessuto di convenzioni anche tacite, radicate all’interno della struttura della persona giuridica, che hanno di fatto favorito, colposamente, soggetti indagati per gravi reati che sono stati in grado di infiltrarsi nelle maglie della struttura societaria»
Viene da dire che se la pretesa, legittima si intende, che l'Inter o chiunque altro non debba avere relazioni di qualsivoglia tipo con soggetti malavitosi, dall'altra non evidenzia che un club calcistico assediato da interessi mafiosi non può. con gli strumenti a disposizione, espellere l'infezione con un semplice "no grazie".
E' un tema legato alla cultura perversa a cui il mondo del calcio si è conformato nella storia. Non recentemente. C'è da immaginare che chi investiga non sia davvero stupito degli intrecci tra curve e club.
E’ sempre più probabile infatti che possano esserci ripercussioni ma non è dato sapere quali. Di sicuro ricadranno emotivamente sulla squadra. Una mossa di grande effetto per punire l’Inter e dare un segnale al sistema.
Se l'interesse è quello di far vedere che le cose in città sono cambiate, l'arresto di capi ultras (che non parlano), l'eventuale squalifica di un giocatore o il commissariamento del club, oltre a mostrare un quadro avvilente, porta a credere che nell’immediato si faccia centro ma è in prospettiva che sale il dubbio sull'efficacia.
Fin dagli anni 80, quando il fenomeno degli ultras era diventato rilevante, più per fatti di cronaca che per striscioni divertenti, c'è stata un evidente dicotomia nella narrazione. L'informazione non ha saputo prendere una posizione netta ma ambigua. Indignata di fronte agli scontri, cronistica nel riportare eventuali proteste con striscioni, come se fossero l’espressione di intere tifoserie. Segno che la stessa opinione pubblica ha legittimato il ruolo degli ultras, nel bene e nel male.
In fondo quando la partita finisce la squadra dove va a ringraziare? Sotto la curva.
Quando una campagna acquisti sembrava in difficoltà e i tifosi volevano avere informazioni, chi andava a parlare con la dirigenza? Alcuni esponenti della curva.
E’ sempre tristemente accaduto ovunque e oggi si è infiltrata anche la componente mafiosa e questa invece di prendere solo la mano, ha preteso il braccio e tutto il resto.
Che in curva non siano tutti uguali e la maggior parte viva la passione per l’Inter in modo autentico è sicuramente vero, ma lo è altrettanto che pochi uomini siano in grado di gestire a piacimento migliaia di persone. Arrivando anche minacciarle, sfruttarle o manipolarle per i propri scopi.
La procura e la Direzione distrettuale antimafia di Milano non sembrano trattare l’Inter da vittima come era stato assicurato, al contrario le consegnano responsabilità smisurate quando parlano di malafede e ambiguità. Un piglio che promette più la volontà di punire il club in modo esemplare.
Inutile fare previsioni ma ci si augura buon senso da parte dei decisori.