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La differenza tra l’Inter di Inzaghi e il Napoli di Spalletti è… la Juve. A Torino filosofia e mezzo scudetto

La differenza tra l’Inter di Inzaghi e il Napoli di Spalletti è… la Juve. A Torino filosofia e mezzo scudetto TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
lunedì 13 novembre 2023, 07:00Serie A
di Ivan Cardia

Ci sono dei numeri che sottolinea il campo. Sono quelli dell'Inter dopo dodici giornate: i nerazzurri hanno fatto più punti di tutti, 31. Segnato più gol di tutti, 29, e subito meno reti di qualunque avversaria, 6. Sommer vanta otto clean sheet: nessun altro portiere può dire altrettanto. Onana impiegò tutto lo scorso campionato a raggiungere lo stesso traguardo: di questo passo, lo svizzero potrebbe addirittura superare Provedel. E non finisce qui, perché il confronto più bello è quello con l'Inter dello scorso anno: aveva undici punti in meno, quattro gol fatti in meno, undici subiti in più. Aveva quattro sconfitte, oggi ne ha solo una. Un altro mondo.

Ci sono altri numeri, che sottolinea il mercato. E li ha ricordati, con una punta di orgoglio, lo stesso Simone Inzaghi dopo il 2-0 al Frosinone: "Probabilmente non siamo noi i più ricchi". La scorsa estate, l'Inter ha chiuso a saldo zero la sessione trasferimenti ed è sembrato addirittura grasso che colava, considerate le due estate precedenti. In verità, guardando ai meccanismi legati a prestiti e riscatti, la società nerazzurra avrebbe un saldo ben più positiva. Roba da +66 milioni, che poi andranno a ridursi con i vari riscatti (Frattesi, Arnautovic e via dicendo) In ogni caso, nessun altro ha tenuto un equilibrio così rigido: non il Napoli, che tra una cosa e l'altra ha chiuso a -26 milioni, né la Juventus (-22) e tantomeno il Milan che, nonostante la cessione di Tonali, ha investito soldi per un disavanzo da 45 milioni di euro. Sono queste le basi di partenza, è difficile dimenticarlo per l'Inter.

Inzaghi sta cucinando un piccolo capolavoro. Non è il Napoli dell'anno scorso, ma soltanto perché quest'anno c'è qualcuno che tiene il passo. Spalletti, dopo dodici giornate, aveva appena un punto in più dell'Inter di Inzaghi versione 23/24. La differenza, a costo di essere ripetitivi, è nelle inseguitrici: l'anno scorso c'era solo l'Atalanta, comunque cinque lunghezze indietro e in verità mai credibile come competitor per il tricolore. Oggi c'è la Juve, ma ci torneremo. L'Inter è cresciuta in modo impressionante. Molto, onore al merito, ha fatto il mercato: dopo la rottura di Lukaku, sembrava un'estate disastrosa. I fatti stanno dando ragione a Marotta, Ausilio e Baccin, che hanno costruito senza voli pindarici - ma per carità, è giusto ricordarlo, coi due acquisti più costosi del campionato - una squadra più varia, più profonda, più completa di quella di un anno fa. Il resto ce lo mette il tecnico piacentino, anche a costo di imparare da quelle che sono sempre state considerate le sue pecche: se coi centravanti e coi centrocampisti ci ha sempre saputo fare, se un bel gioco lo ha sempre saputo esprimere, mai come quest'anno ha dimostrato di saper dosare i cambi, di saper dare importanza a tutti, persino (con moderazione, non si può snaturare un allenatore) di poter dare qualche minuto in più a giovani, che poi ripagano. L'Inter di oggi è una squadra solida, non solo nella sua difesa, ma anche nella testa: su sedici partite stagionali, ne ha sbagliate un paio, ed entrambe per errori individuali.

Con la Juventus è una sfida filosofica. Di pretattica, anche. La fa Allegri, la fa Marotta, la fa anche Inzaghi, seppur a modo suo. Che il derby d'Italia del prossimo 26 novembre non valga lo scudetto è una frase fatta e poco più: è troppo netta l'impressione che il tricolore sia una corsa a due, che l'Inter sia più completa e la Juve abbia un vantaggio inestimabile nel non giocare le coppe. Sono le più solide del campionato e hanno i reparti offensivi più forti nel complesso, con le dovute differenze: Inzaghi sta godendo di due su quattro, Allegri non ha ancora trovato un bomber ma ha più scelte e rotazioni lì davanti. Sarà anche una sfida di principi, per chi ama il manicheismo anche nel calcio: a un angolo Simone il giochiate, all'altro Max il risultato. Solo che poi al primo piace anche vincere e il secondo è disposto pure a giocare bene per raggiungere il risultato. A chi scrive, ma di sicuro lo fa sbagliando, Inzaghi di oggi ricorda molto il primo Allegri, quello che sperimentava e vinceva, che come dogma aveva quello di rifuggire i dogmatismi. Sarà una bella partita? Speriamo di sì, crediamo di no. Sarà tesa come ogni gara che vale una fetta di tricolore, quanto grande lo sapremo solo guardando il resto del campionato. Abbiamo due settimane per prepararci.

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