Fuori dalla Champions, in lista Serie A. Inter, Correa può essere ancora utile?
Dentro la lista Serie A, perché tanto non avrebbe avuto senso escluderlo. Fuori da quella consegnata alla UEFA per la Champions League, perché tanto non avrebbe avuto includervelo. Tre anni dopo il suo approdo all'Inter, ecco Joaquin Correa. Rientrato dal prestito a Marsiglia, deludente per lui e pure per i nerazzurri, che speravano potesse rimanere in Francia. O quantomeno rilanciarsi: nulla di tutto questo. Reduce da un mercato nel corso del quale di offerte concrete non ne sono praticamente mai arrivate, tanto che anche in dirigenza si fa fatica a rimproverargli la permanenza. L'ultimo spiraglio è legato alla Turchia, ma a questo punto è davvero minimo.
Tre anni dopo, cosa resta del sedicesimo acquisto più costoso nella storia dell'Inter? Un costo a bilancio e un ingaggio troppo alti pure per la risoluzione, ipotesi caldeggiata in estate e alla fine scartata, perché anche quella non avrebbe avuto grandissimo senso. Contestato anche oltre i limiti espressi - non tutti gli riconoscono, per esempio, che a fine 2022 sacrificò di fatto il mondiale poi vinto dall'Argentina per aiutare l'Inter - nel Tucu forse non crede più nemmeno Simone Inzaghi, l'allenatore che l'ha voluto. E che, ironia della sorte, nel suo calcio del futuro riesce a integrare tutti, meno che il quinto miglior marcatore nella sua carriera da allenatore.
Correa può essere ancora utile all'Inter? Non è una domanda retorica. E la risposta di chi scrive, fatta tutta questa premessa, potrebbe stupire. Forse sì, per quanto sarà complicato trovargli uno spazio e farlo digerire a San Siro, che a un certo punto s'è stufato e ha iniziato a fischiarlo a prescindere. Una delle poche pecche in un mercato estivo altrimenti più che buono, è proprio legata al mancato arrivo di un attaccante "diverso". Uno che salti l'uomo, che inventi qualche giocata, che sia utile soprattutto a partita in corso. Uno alla Correa, sulla carta; se non fosse che tutte queste qualità all'Inter non le ha quasi mai messe in mostra. Trasformarlo in acquisto aggiunto, ecco, pare forse troppo: è un giocatore che la dirigenza avrebbe preferito prendesse altri lidi, e pure Inzaghi nonostante gli inevitabili attestati di stima. Recuperarlo affinché sia più utile al progetto, pare un po' meno complicato.
Anche perché verrebbe da dire che in questa Inter metafisica tutti si possono inserire con facilità. Il 4-0 all'Atalanta alla terza giornata, nonostante gli evidenti limiti numerici di una Dea incerottata, è un messaggio di una forza devastante al resto del campionato. Più per come è arrivato, che per il risultato finale. Non c'è stata partita, e stiamo parlando di una formazione che ha rivoluzionato la Serie A - forse anche qualcosa in più - nell'ultimo decennio. L'Inter ci ha passeggiato con una superiorità a tratti imbarazzante, mischiando le carte. Dimarco trequartista, i tre centrocampisti che scendono a fare i tre difensori, Pavard punta di appoggio: è un modo di giocare che trascende il sistema. E fa sorridere dover sentire (è accaduto in settimana) che Inzaghi benefici ancora del lavoro di Conte. Non c'è nulla in comune tra le due Inter, a parte l'aver vinto uno scudetto. E la mano di un allenatore che sopperisce con intuizioni e lavoro a qualche lacuna non potrebbe essere più evidente.
La gara più importante per il futuro, dell'Inter e non solo, si gioca col Milan. Non contro, ma insieme ai rossoneri. La prossima settimana i due club torneranno a sedersi col sindaco Sala. La sensazione è che la strada che porta a San Siro sia tornata a essere quella prioritaria. Troppo costoso farsi uno stadio da soli, alla fine di tanti potenziali bluff quello del primo cittadino è andato a segno. Ciò non vuol dire che siano da scartare le soluzioni Rozzano o San Donato Milanese, ma un Meazza rifatto e quasi nuovo è già di per sé nel miglior interesse di tutti. Se poi costa anche meno…