Papa Waigo: "Verona senza radici, fa esplodere i giocatori e li cede il giorno dopo"
Ospite della redazione di Tuttomercatoweb.com, l'ex attaccante Papa Waigo, oggi responsabile dell'accademia Ndar Diedj in Senegal, ha affrontato alcuni temi del calcio italiano, riguardanti perlopiù le squadre in cui ha giocato. La prima tappa in Italia, per lui, è stata in quell'Hellas Verona che oggi si trova a lottare per non retrocedere: "È una squadra particolare, sono anni da incubo. Arrivano in Serie A, fanno qualche anno buono e poi subito c'è un calo. La società deve rimediare alla mancanza di continuità, negli ultimi due campionati il Verona lottava per delle belle posizioni con giocatori che nessuno voleva. I cambi di allenatore danno fastidio, il club deve capire cos'altro non va. Succede spesso che fanno su e giù con la Serie B...".
Il problema principale è quindi nella fluidità della panchina?
"Nel calcio bisogna avere dei modelli societari. Che lavoro stanno facendo, quale progetto mettono in piedi? Fanno esplodere tanti giocatori sconosciuti e il giorno dopo vanno via... Questo rischi di pagarlo tanto, la società deve dare delle radici, una base di anni. Tutto parte da quello. E ogni volta che qualcuno parte, deve esserci subito chi può sostituirlo: se ogni anno perdi i migliori si fa difficile".
In questo dovrebbero ispirarsi all'Atalanta?
"Potrebbero, ma ora sono diversi anni che l'Atalanta sta su. E lavora molto coi settori giovanili: forse non si nota, ma ogni anno lanciano due o tre giovani. Hanno una Primavera che fa bene e un allenatore che crede nei giovani, questa continuità dà tranquillità. I cambi di panchina costano...".
A Firenze l'hanno capito, in questo biennio di Italiano.
"Lo conosco bene, perché è stato il mio capitano. Mi diceva sempre: "Tu vai, la palla te la facciamo arrivare". Vederlo a questi livelli non mi sorprende, era già un allenatore in campo. Ormai non si può nemmeno più chiamare giovane per quanto bene sta facendo. Sono sicuro che starà studiando già il West Ham e che ne stia parlando con tutti i suoi ragazzi".
Il Lecce si è salvato.
"Hanno capito che serve attirare giocatori d'esperienza, aver preso uno come Umtiti che viene dal Barcellona e ha ritrovato la gioia di tornare in campo ha pagato. E poi hanno giovani interessanti in attacco, vanno a mille. In dirigenza c'è uno che ha tanta esperienza come Corvino, un maestro che conosce bene l'ambiente e sa come trascinarlo. Salvezza meritata, imparando dall'esperienza e rinforzandosi potranno provare a fare un bel campionato anche nel prossimo".
Tra i protagonisti un attaccante africano, Ceesay.
"Alle squadre italiane manca la capacità di trascinare i giovani. Non è facile per uno che arriva da fuori sedersi in panchina, magari senza parlare la lingua e con qualche promessa fatta che non si realizza. Se la società aiuta e mette a suo agio il calciatore, spiegando anche agli italiani come inserirlo e fare gruppo, arriva sempre il risultato. Bisogna lasciare libertà di esprimere il talento. Vale per lui come per Dia, ci sono certe piazze che aiutano: danno voglia, responsabilità, in cui ti senti importante. Certo, poi non tutti hanno questa consapevolezza, c'è anche chi è timido... È molto importante l'aspetto psicologico".
A proposito di Dia, se l'aspettava quest'impatto?
"Sente la fiducia, è entrato con il piede giusto a Salerno e nel calcio italiano. Mi piace molto la sua esultanza, si vede che è contento. Ha delle caratteristiche che possono far davvero male...".
Una parentesi conclusiva sul Genoa, altra sua ex squadra che festeggia il ritorno in A.
"Sono una squadra che ha fatto tanti anni di Serie A e questa scommessa Gilardino allenatore ha bisogno che gli sia costruito un progetto dietro. Sono contento per lui, ci ho giocato insieme sia a Verona che a Firenze, ora è lì ed è un grande uomo che merita tutto questo. Ora devono dargli fiducia e continuità, vedo che c'è una bella atmosfera nel gruppo, serve solo qualche rinforzo, qualche giocatore maturo da mettere dentro per fare bene il prossimo anno".
Infine, ci racconta del suo lavoro?
"Quando ho smesso di giocare sono tornato in Italia e ho preso il patentino UEFA B. Potevo lavorare qui, avevo delle proposte ma ho scelto di rientrare in Senegal, lì ci sono ragazzi che hanno bisogno dell'accompagnamento. Ho notato che ci sono tanti africani cui manca solo qualcuno che abbia giocato nel calcio e che stia loro vicino, che dia consigli. Lavoro molto sul piano della psicologia, per rendere fiduciosi e mentalmente forti i giovani. Ho una scuola calcio, lavoro con un procuratore spagnolo sul mercato internazionale e portiamo ragazzi in tutto il mondo. Mi occupo dell'Africa per l'Europa, mi sto divertendo".