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Delli Carri: "L'importanza di Conte. Juve top, ma l'Inter resta quella da battere"

Delli Carri: "L'importanza di Conte. Juve top, ma l'Inter resta quella da battere"TUTTO mercato WEB
© foto di Andrea Ninni/Image Sport
mercoledì 9 ottobre 2024, 15:00Serie A
di Luca Cilli

Da calciatore si è tolto diverse soddisfazioni con club importanti come Torino, Genoa e Fiorentina. Come direttore sportivo ha avuto il merito di costruire il Pescara affidato a Znedek Zeman che nella stagione 2011-2012 vinse il campionato di Serie B giocando un calcio spettacolare e lanciando tre giovani come Marco Verratti, Lorenzo Insigne e Ciro Immobile che successivamente si sono affermati ad altissimi livelli arrivando anche a vincere l'Europeo con l'Italia. Daniele Delli Carri, dopo le ultime tre stagioni proprio con il Pescara, in estate ha deciso di fermarsi. Una calma apparente perchè continua a osservare il calcio a 360 gradi, seguire tanti giovani in tutte le categorie, e guardare tante partite. In attesa della chiamata giusta che possa offrire nuovi stimoli. In esclusiva per Tutto Mercato Web Delli Carri si è soffermato a discutere del campionato e analizzare ciò che è accaduto in questa prima parte di stagione.

Delli Carri, guardando la classifica in Serie A ciò che salta all'occhio è l'attuale primo posto del Napoli. Si sarebbe aspettato questa posizione e questo impatto estremamente positivo di Conte con il club?

"Conoscendo l'allenatore e le qualità della squadra me l'aspettavo. Il Napoli ha giocatori importanti e ne ha presi altrettanti. Ne cito uno in particolare: Scott McTominay che viene dal Manchester United. Ma anche altri come Billy Gilmour e David Neres che si vanno ad aggiungere a chi già c'era come Khvicha Kvaratskhelia. In più Romelu Lukaku è un giocatore che con Antonio Conte rende tanto. L'impatto è stato forte anche perchè il Napoli ha una sola competizione su cui Conte punta parecchio. Il campionato è ancora lungo ma la squadra sta dimostrando di avere un carattere forte".

Come giudica il lavoro di Manna? Non era facile arrivare a Napoli dopo l'ultima stagione decisamente complicata

"La scelta di Manna di Giovanni Manna da parte del presidente De Laurentiis è stata azzeccata. È un direttore sportivo giovane, che è stato alla Juventus dove ha fatto buone cose. Napoli ha un impatto diverso alla Juve dove bisogna vincere sempre, loro invece stanno costruendo un qualcosa per vincere".

L'estate del Napoli è stata caratterizzata dal caso Osimhen. Si poteva gestire meglio questa situazione? Era proprio impossibile la convivenza con Conte e Lukaku?

"Secondo me si era rotto un meccanismo già dalla scorsa stagione, penso che il giocatore puntava ad andare via. Oltre che il Napoli voleva vendere e monetizzare. Questo non si è realizzato e penso sia stato un problema di natura economica per il club. Fondamentalmentre stiamo parlando di un calciatore che farà e continuerà a fare tanti gol. Probabilmente in quel momento storico con Conte non avrebbe avuto spazio, perchè l'allenatore predilige Lukaku. Però sono convinto che se non fosse arrivato lui Conte comunque sarebbe riuscito a inserire anche Osimhen così come ha fatto con gli altri giocatori. Osimhen lo conosco bene perchè l'ho visto tanti anni fa, in Belgio nel 2018 quando giocava nello Charleroi. E mi ero confrontanto anche con Micheli del Napoli perchè in quel momento poteva andare alla Sampdoria. La Samp in quel momento però non aveva lo slot libero per gli extracomunitari e non poteva tesserarlo, anche il Napoli non lo prese e andò al Lille. Ma si vedeva già allora che era un attaccante forte e destinato a fare tanti gol eche aveva qualcosa in più. Nel 2018 lo Charleroi lo dava via in prestito con diritto di riscatto a 13 milioni, poi il Napoli decise di investire su di lui ma lo pagò anche parecchio. Se è un rimpianto per le italiane che in estate cercavano la punta? Bisogna analizzare bene il carattere dei calciatori. Secondo me Osimhen era arrivato mentalmente a non voler restare più in Italia, altrimenti qualche squadra italiana molto probabilmente avrebbe approcciato con il Napoli. Anche se sarebbe stato difficile venderlo a una diretta concorrente".

L'Inter invece la vede diversa rispetto alla passata stagione?

"No, io la vedo sempre forte. Poi magari ci sono gli episodi che ti fanno cambiare idea ma personalmente la ritengo sempre una squadra forte in tutti i reparti. Come sempre riescono a fare un ottimo lavoro di team fra Marotta, Ausilio e Baccin, dove prendono giocatori funzionali al progetto e a basso costo se pensiamo ai vari parametri zero. Sono bravi a individurali prima che è il vero trucco. Sono convinto che l'Inter è la squadra da battere. I troppi gol subiti? È vero ne sta prendendo troppi e qualche accortezza in tal senso servirà. Nelle partite che ho visto però ho notato che hanno creato di più rispetto alla passata stagione perchè hanno calciatori con una capacità offensiva diversa".

La Juventus di Thiago Motta invece come la giudica?

"La Juventus è una delle poche squadre che può contare su una proprietà italiana, storica, e che vuole vincere. Un pò come accadeva con il Milan di Silvio Berlusconi. In questa stagione dovrà tornare a vincere, con un progetto nuovo e un allenatore forte come Thiago Motta. La dirigenza è altrettanto forte che ha investito tanto, ma spendere parecchio sul mercato non significa che poi ottieni successi nell'immediato. Sicuramente nel giro di un anno o due la Juventus per abitudine deve tornare a vincere. Oggi magari il Milan fa terzo o quarto e l'importante è tornare in Champions League. Alla Juventus non è la stessa cosa, perchè le proprietà americane hanno una visione diversa del calcio rispetto a quelle italiane. In tal senso la Juve, al di là dell'introito che garantisce la Champions, punta a vincere. Questa sarà una stagione di grande costruzione, ma l'anno prossimo poi dovrà conquistare titoli. Thiago Motta è un allenatore top, ha una grande mentalità ed è un aspetto importantissimo. Non ha nessun problema a far giocare chiunque, compreso i giovani che crescono nella Next-Gen e nella Primavera come Savona, Yildiz, Mbangula. Alla Juventus comunque bisogna vincere".

All'Atalanta Gasperini in più di una circostanza ha criticato le varie sessioni di mercato che dal suo punto di vista non hanno permesso alla squadra di fare passi avanti, ma piuttosto alcuni indietro. Da direttore sportivo come valuta queste esternazioni dell'allenatore anche alla luce di quando fatto sul mercato dal club che ha investito parecchio?

"A volte possono essere anche dei discorsi per dare sempre stimoli a chi lavora con te. Però devo dire la verità, il mercato dell'Atalanta è poco discutibile. Magari in separata sede mi sarei arrabbiato e ne avrei parlato in separata sede ma con la massima serenità, stiamo sempre parlando di un allenatore top. Forse non è riuscito ancora a dare la giusta quadra alla squadra in campionato. Ma in Champions Legaue cosa vogliamo dire? Ha affrontato l'Arsenal in maniera ottima, ricevuto i complimenti di Arteta e meritato di vincere. Con lo Shakhtar vinto in modo sereno e con facilità. Gasperini cerca sempre uno stimolo diverso ma sul mercato dell'Atalanta c'è veramente poco da dire perchè parliamo di una società con un progetto centrato e definito. Parlare di indebolimento è sbagliato perchè ha preso giocatori importanti e mantenuto calciatori altrettanto importanti".

Le piace il progetto sportivo della Lazio che ha avuto il coraggio e la bravura di affidare la panchina a Marco Baroni, per la prima volta nella sua carriera alla guida di un grande club?

"Non la definirei scelta coraggiosa ma ponderata. Perchè per la prima volta a distanza di anni c'è meritocrazia. Baroni è un allenatore che ha fatto tanto bene a Lecce, dove ha vinto il campionato di B e si è salvato in A. Ha ottenuto un'altra salvezza a Verona e ricevuto il giusto premio dopo tanti anni di gavetta. Sono stati bravi i dirigenti della Lazio a puntare su Marco Baroni che, ripeto, non è una scelta coraggiosa solamente perchè in precedenza aveva allenato magari squadre di bassa classifica. Ma significa che c'è competenza e conoscenza per fare una scelta del genere".

C'è un altro allenatore che sta facendo ottime cose, e cioè Paolo Vanoli. È la persona giusta per riportare entusiasmo e risultati importanti a Torino, dove l'annata era iniziata fra le polemiche dei tifosi per come si è sviluppato il mercato?

"L'ho sempre detto sin dall'inizio che la scelta da parte del Torino di prendere Paolo Vanoli è stata azzeccatissima. L'ho visto lavorare un paio di volte e lo ritengo l'allenatore giusto in questo momento. Il ciclo di Juric era finito ma la dirigenza del Torino, a cominciare dal presidente Cairo e dal direttore Vagnati, ha sempre avuto le idee chiare. È normale da parte del tifoso lamentarsi per la cessione di Buongiorno e di Bellanova, ma il Torino storicamente ha sempre venduto giocatori al cospetto di cifre importanti. È difficile che li ha trattenuti. Io non parlo di squadre importanti ma di cifre significative perchè il Torino è una squadra importante, con un storia prestigiosa ed è una delle società più conosciute in Europa. Naturalmente dinanzi a certe cifre i giocatori si vendono, li vende anche la Juventus, l'Inter, il Milan. Vendere Buongiono è dettato unicamente da questa situazione, poi però bisogna andare avanti e continuare a fare scouting. Con Vanoli comunque hanno fatto la scelta giusta perchè ha dedizione al lavoro, si vede. Ha conoscenza, fatto esperienze importanti all'estero e a Venezia ha fatto un grande lavoro a partire dal suo primo anno quando rischiavano di retrocedere. A Torino ha una squadra forte che a me piace moltissimo, l'infortunio di Zapata forse scombina un pò i piani. La squadra, il club e l'allenatore comunque hanno valore".

Delli Carri cosa pensa della Fiorentina, un'altra sua squadra in cui da calciatore si è tolto belle soddisfazioni? La ritiene una squadra forte? Cosa pensa della scelta di affidarsi a un giovane allenatore come Palladino?

"La dirigenza dopo il trienno con Vincenzo Italiano ha ricostruito un progetto nuovo e di conseguenza ci vuole pazienza. Per questo motivo non sarei aspettato nell'immediato da Palladino un impatto forte ma sicuramente alla lunga dovrà averlo perchè Firenze ha bisogno di risultati importanti, perchè la società lo è altrettanto così come la dirigenza. Nello stesso tempo c'è bisogno di dare il là a questo nuovo progetto che oggi, devo dire la verità, lo vedo un pò carente. Carente no a livello di giocatori, perchè sono tutti buoni calciatore. Ma qualcosa manca. Il fatto di non aver avuto da subito Gudmundsson buon aver inciso, c'è però un Kean ritrovato dopo anni di infortuni e vari trasferimenti. Ci si aspettava un impatto diverso da Colpani, che però viene dal Monza e che Palladino conosce benissimo. Magari avrà bisogno di tempo per ambientarsi nella Fiorentina, così come Pongracic arrivato dal Lecce. Anche questo però fa parte del percorso. Conoscendo la dirigenza hanno messo in preventivo questo inizio non semplice ma naturalmente ci si aspettano dei grandi passi avanti dopo la sosta. Perchè Firenze è una piazza ambiziosa, così come la società del presidente Commisso. Va detto che hanno perso un giocatore importante come Nico Gonzalez nonostante gli alti e bassi fra infortuni e quant'altro. Oggi con Palladino la Fiorentina ha sposato un progetto nuovo però Firenze è una piazza esigente che ha bisogno velocemente di ritrovare risultati".

Lotta salvezza. Il Genoa, sua ex squadra da calciatore, sta avendo delle difficoltà. Che idea si è fatto da fuori?

"L'idea sul Genoa me la sono fatta già da questa estate. Fossi stato in Alberto Gilardino non sarei rimasto, devo dire la verità. Ma non per la società o quant'altro, ma più che altro perchè oggi sostituire due giocatore come Gudmundsson e Retegui non era facile anche per le problematiche che si leggono sulla società e sulla possibilità di investire. Rimanere senza due giocatori di quella importanza che hanno fatto bene in passato e sostituirli con Pinamonti, che viene da una retrocessione con il Sassuolo, e Vitinha che storicamente è un calciatore che non ha fatto tanti gol, che comunque ritengo due buoni giocatori, non è semplice. Gilardino sarà tanto bravo a risollevare le sorti del Genoa, non servirà guardare a lungo termine ma pensare nel breve termine e analizzare ogni singola partita. Oggi è pienamente coinvolto nella lotta per la salvezza".

L'Empoli di Roberto D'Aversa è partito con l'obiettivo della salvezza e invece si ritrova con merito in posizioni di alta classifica. È la vera sorpresa di questa prima parte di campionato. Ci sono tanti giovani interessanti, e anche per questo motivo può avere presente ma anche futuro?

"D'Aversa è un allenatore che ha avuto sempre un buon impatto nelle squadre in cui è stato, anche nella passata stagione con il Lecce. Quest'anno ancora di più, sta dimostrando di avere idee e di saper allenare molto bene ma questo già lo si sapeva. Guida un gruppo molto giovane a cui ha dato un'impronta molto forte in tutto e per tutto, anche nei cambi in corsa dove ha cambiato l'assetto nelle varie partite. Sicuramente per D'Aversa quella di Empoli è un'esperienza importantissima, in una squadra che per me ha presente e futuro".

Di Francesco, che conosce bene, a Venezia riuscirà a salvarsi?

"Eusebio è un allenatore preparato, non è un'integralista fossilizzato solamente su un sistema di gioco. L'anno scorso a Frosinone meritava di salvarsi, in questa stagione ha raccolto una patata bollente. Soffrirà magari fino alla fine con il Venezia, ma con le idee di calcio che ha può salvarsi".

Delli Carri, una sua intuzione è tornato a far parlare di sè. E cioè Silvio Baldini, allenatore del Pescara primo in classifica in C. Tutti ne parlano, tutti lo stanno riscoprendo, ma prima della sua chiamata era un pò finito ai margini. Come è nata questa idea? E perchè una volta portato Baldini a Pescara lei ha deciso di lasciare il club?

"Lo avevo già chiamato quando Zeman nella scorsa stagione ha avuto dei problemi di salute. Diciamo che poi ci fu un difetto di comunicazione e non ci siamo incrociati. Quest'anno mi ero orientato su tre allenatori: Tesser, Chiappella della Giana Erminio e Silvio Baldini. La sua conoscenza e la sua voglia di venire a Pescara mi ha dato il là per non discutere più con gli altri e orientarmi solamente su di lui. Ne ho parlato con il presidenet Daniele Sebastiani che ha avallato la mia decisione, a quel punto ho chiamato Baldini che la mattina dopo alle 4 è partito in macchina per venire in città. Ci siamo incontrati e in cinque minuti abbiamo raggiunto l'accordo. La mia decisione di lasciare il Pescara è stata sofferta, ma sentivo che non potevo più dare ciò che avevo dato negli ultimi due anni dove ho cercato di riportare la squadra nella categoria superiore. Non sentivo più quella voglia e gli stimoli giusti e per il bene del Pescara e della società ho preferito fare una scelta diversa. Se può vincere il campionato? Le ho viste tutte le partite, Pescara per me è come se fosse la seconda casa. C'è una cosa che risalta agli occhi: la voglia che vedo in campo da parte dei calciatori, che non vedevo nella scorsa stagione per cui mi arrabbiavo anche tanto. I giocatori hanno un anno in più di epserienza, bravo Baldini nell'inculcare una certa mentalità. La Serie C è quella che sta facendo oggi il Pescara, con quella abnegazione al lavoro e la voglia di vincere e fare risultato a tutti i costi. Vedi la mentalità di qualcuno che vuole raggiungere qualcosa"

Delli Carri è pronto a tornare in pista? E cosa cerca eventualmente?

"Non ho avuto nessuna offerta. Cerco qualcosa di stimolante. Come avevo perso stimoli qui a Pescara ne cerca altrettanti altrove, a prescindere dalla categoria. Cerco qualcosa di interessante e da costruire come ho già fatto in passato. Aspetto il momento giusto al di la della catergia, non bisogna affrettarsi che è la cosa principale. Per un direttore sportivo, rispetto a un allenatore, è più difficile trovare una squadra in corsa. Se dovesse esserci qualcosa di stimolante lo prendo in considerazione. Guardo tutti i campionati, anche la Serie D che è diventata più formativa rispetto alla Primavera. Gatti della Juventus per fare un esempio arriva da questo campionato. Nella categoria si possono trovare calciatori che si sono formati nei settori giovanili importanti e sono finiti in D nel dimenticatoio. Perchè magari hanno sbagliato percorso oppure avevano bisogno di quel percorso. Anche quest'anno però sono stati presi dei calciatori interessanti. I mercati veri restano storicamente Argentina, Brasile, Sudamerica perchè il bacino di utenza è parecchio elevato. Come quelli dell'Est dove qualcosa di interessante si trova sempre pure nelle categorie minori e per tanti anni li ho seguiti. Giappone e America offrono delle nuove opportunità".

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