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Cottarelli rilancia Interspac: perché il modello Bayern in Italia non è possibile

Cottarelli rilancia Interspac: perché il modello Bayern in Italia non è possibileTUTTO mercato WEB
mercoledì 16 aprile 2025, 13:53Serie A
di Ivan Cardia

"Non voglio entrare nei dettagli, siamo disponibili a parlare con chiunque, l’abbiamo fatto con Zhang, siamo pronti a farlo con i nuovi proprietari dell’Inter. Qualora ci fosse un’apertura da parte loro, ci muoveremmo per fare la raccolta. Non possiamo farlo senza. Io sinceramente ovunque vado, trovo tifosi che mi chiedono di Interspac”. Carlo Cottarelli, ideatore di Interspac torna alla carica per l’ipotesi di azionariato popolare che da anni si propone di “rafforzare l'Inter con risorse di tifosi e investitori istituzionali”. Iniziativa lodevole, per diverse ragioni, ma che in Italia non ha mai attecchito e non sembra che le cose cambieranno, specie se si fa riferimento a una big come l’Inter.

Il modello Bayern Monaco. Complice l’incrocio di questa sera in Champions League, il club bavarese è spesso indicato come archetipo dell’azionariato popolare. E in effetti funziona: i tedeschi, che per esempio negli ultimi 12 anni hanno vinto undici volte la Bundesliga, coniugano i risultati sportivi a quelli economici, se si considera che da 32 anni chiudono regolarmente il bilancio in attivo. Con un fatturato mostre: nel 2024 i ricavi a livello consolidato sono stati pari a 951,5 milioni di euro, salendo 1,017 miliardi di euro contando le plusvalenze. Più del doppio di quello dell’Inter. Il tutto, mantenendo una proprietà diffusa: il 75% della società è infatti gestito da soci piccoli o medio-piccoli, oltre 400.000. Ai quali peraltro vengono regolarmente distribuiti dividendi, al 2024 oltre 120 milioni di euro nei vent’anni precedenti. Il restante 25% è in mano a tre colossi locali: Adidas, Allianz e Audi, ciascuna con l’8,33% delle quote societarie

Perché non può funzionare in Italia. Una differenza fondamentale, in verità, la ricorda lo stesso Cottarelli: "La differenza fondamentale tra i club tedeschi, come il Bayern Monaco, e quelli italiani, è che in Germania tutte queste società sono nate con l’azionariato popolare. Mai i tifosi insomma hanno dovuto comprare la società da un precedente proprietario". Il primo fattore è culturale e storico: la Germania (e in parte anche la Spagna, dove per esempio sia Real Madrid sia Barcellona seguono un modello simile) ha sempre sposato questa filosofia. Non è solo una questione di mentalità: agli albori del Bayern, le quote non costavano cifre impensabili per il tifoso medio. Oggi, chi vorrebbe rilevare una parte dell’Inter dovrebbe entrare in una società con una valutazione complessiva almeno vicina a un miliardo di euro. Il modello tedesco, peraltro, deriva da precisi obblighi di legge, con rilevanti eccezioni come Lipsia o Wolfsburg. C’è poi un fattore decisionale: i tre colossi già citati (Adidas, Allianz e Audi) hanno investito somme rilevanti e inevitabilmente hanno un peso nella vita del club, ma non hanno un vero e proprio potere decisionale, rimesso all’assemblea dei soci. Per trapiantarlo in Italia, e nello specifico a Milano, bisognerebbe in sostanza trovare tre-quattro grandi investitori, magari interessati al club per ragioni locali (come nel caso del Bayern), disposti a spendere cifre consistenti per quote di minoranza, e poi allargare la compagine ad azionisti piccoli o al massimo medi, come quelli che finora hanno formalmente dato il loro appoggio a Interspac. Quanto al quadro legislativo, nel 2024 la Camera aveva approvato un disegno di legge sull’azionariato popolare: al momento, non se n’è saputo più nulla. E non un caso che in Italia il modello non abbia mai attecchito, se non per piccole “favole” di provincia come L’Aquila, che dal 2023/2024 ha avviato un’esperienza di azionariato popolare, in un contesto - ça va sans dire - molto lontano da quello di una big come l’Inter.

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