Una lezione d’inglese
E’ stato, almeno per l’Italia, il mercato più povero, almeno nell’epoca recente. Per arrivare a una spesa minore, a gennaio, bisogna tornare indietro di 20 anni. Inter, Milan e Juventus (se escludiamo dai radar l’acquisto di Vasques, oggi terzo portiere in rossonero) non hanno fatto operazioni in entrata. Il Napoli primo in classifica ha preso il secondo portiere (Gollini) e la riserva del proprio capitano.
Hanno tenuto banco le trattative saltate (Zaniolo, Skriniar e in parte Amrabat), hanno movimentato il mercato soprattutto le squadre in fondo alla classifica, quelle che avevano bisogno di muovere e muoversi, per cambiare faccia e cercare di inseguire un sogno che ora sembra proibitivo.
E’ stato il mercato che probabilmente ha segnato la supremazia totale della Premier. La Premier, secondo transfermarkt, ha speso 830 milioni di euro, in questa sessione. In Italia si sono spesi 31 milioni di euro. Vale la pena ricordare che in questi conti non ci sono gli obblighi di riscatto (che si verificheranno in seguito) ma non cambierebbe molto. La distanza resta comunque abissale. E il problema, perché di problema si tratta, per l’Europa è che non è che l’Italia sia l’eccezione. In Francia spesi 127 milioni di euro, certamente di più: ma con un saldo positivo di 70. In Bundes spesi 67 milioni, in Liga come noi: 31.
L’acquisto più caro in Italia è stato Ilic: 16 milioni più bonus, da parte del Torino (prestito con obbligo) che fino all’ultimo è stato in ballottaggio con una società estera (Marsiglia). Le cessioni più importanti sono quelle di Traoré (dal Sassuolo al Bornemouth per una cifra totale di 30 milioni di euro circa) e di Kiwior (dallo Spezia all’Arsenal), per 25 milioni. Ancora Inghilterra insomma. Quello che l’Italia ha speso in una sessione di mercato, in Premier lo hanno speso per l’arrivo dei due “italiani”.
Così diventa difficile se non impossibile pensare a una ripartenza vera. Inseguire la Premier diventa ogni anno più complicato e il famoso discorso del ristorante da 100 euro rischia di diventare da 1000.
Poi è vero che i soldi non fanno la vittoria, ma diventerà sempre più un’impresa scalzare la supremazia inglese. Servono idee, programmazione, sistema, solidità, impianti. Eravamo noi la Premier 30 anni fa, non è detto che fra 30 anni sia ancora così. Ma ora c’è una progettazione diversa. Il rischio concreto che si corre è che la Premier diventi quello che la Uefa scongiurava: una SuperLega, dove però neanche partecipano squadre con tanti tifosi di tutta Europa e dove (anche se era previsto un piccolissimo spazio) si poteva entrare non solo su invito. Qui se non sei inglese non entri. E se sei inglese sei ricco.
L’Italia diventa sempre più un paese di transizione. Un paese dove un giocatore importante come Zaniolo non può essere comprato da una squadra come il Milan che perde la competizione con una squadra che sta lottando per non retrocedere in Inghilterra. Senza voler entrare nel merito della vicenda Zaniolo (lo faremo) ma bisogna prendere coscienza di questo. E quando lo faremo tutti quanti, sarà sempre troppo tardi. Riprendere quota, come sistema, dovrebbe essere l’unica cosa che i presidenti di A vogliono fare. Si deve ritrovare proprio questo: la capacità di rialzarsi. Altrimenti ci troveremo sempre a parlare di colpi milioniari altrove. E a guardare la partite di Premier invece che la B