Alle radici di Adrien Rabiot e della madre Veronique. Le lotte coi potenti, le pretese fuori mercato, il dramma familiare e l'errore di chi giudica senza conoscere la storia
Veronique Rabiot ha lo sguardo duro, la fronte corrucciata, mentre esce dallo Stadio Olimpico di Roma, dopo la finale di Coppa Italia. Al suo fianco un'amica e, con la maglia numero 17, 'Rabiot' sulle spalle, il fratello James. Aspettano un taxi, a Roma. Lo avevano fatto anche a Vila-Real, fuori dall'Estadio de la Ceramica, dove erano presenti, insieme, al seguito di Adrien. E' il rapporto madre-figlio più celebre, discusso e chiacchierato del calcio moderno ma dietro ogni relazione, dietro ogni storia, c'è un percorso. C'è un dramma familiare, c'è una scelta, c'è qualcosa che ha portato Veronique a essere così presente per James, modello, e per Adrien, calciatore. Sempre.
La rottura con lo United e la stima di Allegri
Il denaro e la rincorsa agli ingaggi hanno reso la madre del centrocampista della Juventus, ora che la trattativa col Manchester United è sfumata per richieste e pretese fuori mercato su ingaggio e commissioni, il lupo cattivo della vicenda. E così fu anche ai tempi parigini, quando ruppe col PSG e Adrien sbarcò a Torino per fior di milioni, 7 all'anno, e di commissioni per lei e per gli intermediari. Così i titoli sul figlio attaccato alla gonna della madre si sprecano, in Italia e nei tabloid. Quel che c'è di vero è che hanno forse perduto scienza e coscienza di quel che oggi è diventato il mercato, di quel che è oggi il calcio e pure di ciò che rappresenta Adrien Rabiot in questa estate. Un giocatore non indispensabile per la Juventus ma comunque ben gradito al tecnico Massimiliano Allegri, che per questo non lo terrà certo ai margini ma lo considererà tra gli elementi importanti del suo progetto. Però non certo una stella, non certo l'enfant prodige, ma una valutazione tecnico-economica fatta ai tempi che non ha reso come da speranze e aspettative. Sicché mettersi davanti a John Murtough, direttore sportivo del Manchester United, chiedendo lo stesso stipendio di Bruno Fernandes, non è sembrata la più lungimirante delle mosse e delle strategie. Così tutto è naufragato, così Rabiot è tornato alla Juventus e nelle rotazioni a centrocampo del suo allenatore.
Il padre, Michael Provost
Torniamo però al rapporto tra Veronique, James e Adrien. Le Duc ha sempre seguito le indicazioni della madre, della quale ha preso anche il cognome. Un legame profondo, che parte da una tragedia familiare, che i Rabiot hanno avuto la forza di render pubblica solo undici anni fa. Michael Provost, il padre, venne colpito da un ictus nel 2007: paralisi totale, riusciva a comunicare soltanto sbattendo le palpebre. A sei anni la madre avrebbe voluto iscrivere il figlio a scherma, poi Adrien ha preferito il pallone, ispirato dal padre che aveva come idolo Ginola, ma è stata lei, di fatto, a seguirlo passo dopo passo. Una donna, dura, tosta, forte, ma che ha dovuto fare a lungo i conti con i figli che crescevano, una famiglia da portare avanti e un marito da accompagnare. Ci sono delle istantanee di un'amichevole tra PSG ed Auxerre, col padre Michel su un letto, sotto le coperte, sugli spalti, a osservare il figlio per la prima e ultima volta su un campo da calcio con la maglia del suo Paris a raccontare molto di anni difficilissimi, strazianti. Di Adrien che chiede il cambio, nella ripresa, per finire di vedere la partita accanto al padre, per la prima e ultima volta.
Gli scontri coi potenti
Veronique, della quale in questi giorni di tutto è stato scritto, ha allargato le spalle per sostenere una famiglia e abbassato la testa davanti all'altro. Si è scontrata coi potenti, a Parigi, con le pretendenti, tra cui la Roma di Walter Sabatini. Ora con la Juventus, poi col Manchester United, chiedendo e pretendendo. E' filtrato negli scorsi mesi che Adrien, magari sotto suo consiglio, sarebbe stato l'unico a rifiutare inizialmente il taglio salariale del club per il primo impatto della crisi da pandemia. Riccioli al vento e schiena dritta. Rabiot ha rotto con la Nazionale, salvo tornare poi dopo un lungo casus belli con commissario tecnico e Federazione. Dietro, sempre Veronique Rabiot. "Ma non è un ragazzino: io sono una persona autoritaria -ha avuto modo di raccontare negli scorsi mesi-, e i miei figli me lo hanno spesso rimproverato. Ma non sono quella descritta dai media".
Fermarsi alle apparenze
Ha discusso con allenatori, direttori sportivi, Presidenti, dirigenti d'ogni tipo e latitudine. Ha rotto col Manchester City, col Manchester United, con la Francia, con il Paris Saint-Germain. E' stata e forse è madre-padrona ma per spirito protettivo, perché quello sguardo di ghiaccio di Adrien, quei capelli ribelli, suoi e di James, il fratello modello, nascondono due caratteri che chi gli è vicino definiscono fragili, alla ricerca di una guida e di un riferimento. Fuori e dentro al campo. L'hanno capito Sarri, Pirlo e Allegri, tutti allenatori che nonostante le critiche di media, piazza e tifosi, lo hanno praticamente sempre schierato titolare. Forse il problema e l'errore è anche questo, e non solo di chi cerca una nuova fetta di felicità negli ingaggi e nelle commissioni. E' fermarsi ai riccioli al vento.