Marani: "Rimesso il calcio al centro di tutto. Fra tradizione e voglia d'innovazione"
A meno di 24 ore dalla sua rielezione all'unanimità alla presidenza della Lega Pro, Matteo Marani è stato ospite degli studi di Firenze di TMW Radio all'interno della trasmissione 'A Tutta C'. Ecco le sue dichiarazioni:
Come si vive da presidente rieletto con l’unanimità?
“Sono molto grato alle società, se siamo arrivati a questa unanimità è grazie ai 57 club che hanno diritto di voto. Gratitudine a loro e al gruppo di lavoro, oggi la grande risorsa è il gruppo di lavoro che lavora in grande armonia. Qui a Firenze tutte le persone che lavorano insieme a me e cercano di applicare la modalità di gruppo di lavoro per andare avanti insieme. Estendo questo ringraziamento ai media, agli organi di informazione e chi segue la C quotidianamente da tanto tempo. Anche voi qui lo seguite in maniera perfetta, sono riuscito ad essere qui con voi nonostante la pioggia di Firenze che però non mi ha fermato”.
Lei non aveva grande conoscenza della Lega Pro, che differenza c’è tra il Matteo Marani di oggi e quello di due anni fa?
“Credo una grande differenza, per me sono stati due anni di maturazione e apprendimento. Mi sono ritrovato a fare un lavoro nuovo e devo ringraziare chi mi è stato vicino perché mi ha insegnato un mestiere. Fin dall’inizio ho puntato sulla massima serietà e la massima umiltà, ho cercato di stare a contatto con tutte le società, ho viaggiato più in questi due anni che nei miei anni da inviato. Ho viaggiato in tutta Italia e anche in quest’ultimo mese ho sentito la necessità di andare a trovare le società, andando sul campo fai sentire la presenza della lega a tutte le società e vedi quelle che sono le difficoltà delle società. La cosa più bella di questa mia esperienza è il lavoro sul campo, venivo da otto anni di direzione del Guerin Sportivo e dieci anni chiuso negli studi televisivi, tornare sul campo e parlare con gli allenatori, vedere i giocatori mi ha riportato a quello che è veramente il calcio. Non dobbiamo mai perdere la questione tecnica, altri paesi sono stati più bravi di noi, c’è stata programmazione tecnica in paesi che non erano sulla cartina del calcio europeo come Belgio, Svizzera e Portogallo. Noi dobbiamo rimettere al centro il calcio”.
Serie C come palcoscenico privilegiato per il lancio dei giovani talenti. Con la 'Riforma Zola' la quantità dei giovani impiegati è aumentata, ma adesso, per sua stessa ammissione, bisogna aumentare la qualità. Qual è il metodo migliore per ottenere questo risultato?
“La domanda è giusta, penso che intanto bisogna credere in quello che si fa. Ho chiesto due anni fa a Gianfranco Zola di affiancarmi perché volevo una persona di calcio al mio fianco per cambiare aria, non volevo qualcuno che portasse voti. Bisogna credere nei giovani, sono il futuro e la prospettiva del nostro movimento. Abbiamo avuto modo di raccontare grandi eventi, noi non abbiamo partecipato alle ultime due edizioni dei mondiali. I giovani devono giocare di più, è chiaro che i settori giovanili sono cambiati, giocatori come Baggio e Zola passavano tante ore a giocare anche per strada, ora i giovani non lo fanno più, ma questo succede anche negli altri paesi eppure riescono a sviluppare giovani. Fino a qualche anno fa dall’estero venivano a studiare in Italia i nostri metodi, adesso penso che dobbiamo essere noi a osservare cosa viene fatto all’estero”.
Dal campo alle infrastrutture: cosa bisogna fare affrontare questa tematica?
“Questo è un tema molto spinoso e delicato, di tutto il nostro panorama dove sicuramente abbiamo delle difficoltà gli impianti sono la situazione peggiore. In Serie A l’età media degli impianti era superiore ai 70 anni, ci sono piazze che hanno stadi che sono stati fatti per i mondiali del 1934. Faccio una riflessione con voi, qui c’è una responsabilità molto grave dell’amministrazione pubblica, penso ai comuni, alle regioni e allo stato. È stato fatto pochissimo per aiutare, io condivido come principio che ci debbano essere degli standard per partecipare ai campionati, in Inghilterra sono state fatte delle riforme che hanno portato investimenti enormi sulle infrastrutture. Io ho incontrato presidenti che mi dicevano di essere pronti a fare uno stadio con investimenti privati, ma spesso si ritrovano a dover discutere con amministrazioni che cambiano ogni quattro anni. Se un presidente fa male ne risponde del proprio, ma se ha la sfortuna di essere in un comune particolarmente disgraziato è difficile colpevolizzarlo. Poi vai ad Albinoleffe e c’è uno stadio straordinario, ma il tema stadio è doloroso ed è un problema di tutto il sistema paese, non è solo il calcio a non aver funzionato. Non è solo la questione dell’impianto della domenica, ma anche i settori giovanili. I club ci dicono che non hanno campi dove allenarsi, noi dobbiamo stare vicini ai club. Vi anticipo che stiamo ragionando sulla questione del 'Salary Cap': ieri per noi è stata una giornata importante per questa proclamazione, ma fa già parte del passato e ora dobbiamo guardare avanti. Il 'Salary Cap', il controllo delle spese è un qualcosa su cui possiamo incidere e intervenire tutto. Vogliamo sostenere la riforma Zola, l’impegno che ho preso con i club è totale. Tutte le risorse che arriveranno verranno investite sui giovani, un movimento che non ha futuro non ha presente”.
Allargando il discorso al sistema calcistico attuale. La sua Serie C cosa porterà sul tavolo della FIGC in vista delle prossime elezione presidenziali?
“L’elezione di ieri porta un senso di unità e coesione. Questo senso di unità arriva in un momento dove fino a due anni fa si pensava a una C che potesse spaccarsi, qualcuno ha banchettato sulle difficoltà della C degli anni scorsi. Siamo l’unica lega che ha fatto un qualcosa di nuovo con le seconde squadre, abbiamo rinunciato a due teorici posti per la C per dare una mano al calcio italiano. Arriviamo a questo appuntamento in maniera serena, sappiamo che al tavolo arriverà qualcuno con atteggiamento più arrogante ma non ci faremo intimorire. Le battaglie si combattono con l’intelligenza, se qualcuno vuole farsi carico della gestione del calcio italiano bisogna gestire onori e oneri. Tutti devono capire che senza la Serie C non può esserci la Serie B né tantomeno la Serie A. Oggi in queste condizioni non si può non considerare la Serie C, siamo terreno di formazione per i giovani, per gli allenatori, per gli arbitri e i dirigenti, ci vuole più rispetto verso la Serie C”.
La sua è una Serie C cresciuta enormemente sul piano della visibilità: qual è la prossima sfida per evolversi ancora?
“Di sfide ne abbiamo diverse, sul fronte televisivo andremo al rinnovo dei diritti tv nei prossimi mesi. Siamo stati già dalle authority e vogliamo accelerare, per me ci fu angoscia nell’aprile del 2023 e adesso vogliamo essere più veloci. Entrerà una nuova grande azienda internazionale nei prossimi giorni e sarà un ulteriore aiuto per noi. Io spero che il piccolo, ma grande esempio della Serie C si possa trasferire anche in altri ambiti. Costruendo un gruppo di lavoro solido e libero, senza condizionamenti tra i vari club, mettendo al centro la lega come hanno fatto in Inghilterra e in Spagna riesce a muoversi per il bene di tutti. In Inghilterra quale è stata la grande forza della Premier? Tutti i club hanno accettato di perdere quella piccola sovranità, in Italia tutti pensano di essere più bravi, gli inglesi hanno delegato alla Premier la creazione del campionato e la gestione degli introiti. Vent’anni fa i club con i maggiori fatturati erano gli italiani, in Inghilterra c’è stato un pensiero d’insieme e questo lo stiamo portando nel nostro piccolo in Serie C. Io sono stato diretto, ci sono state alcune chiamate anche antipatiche da alcuni presidenti ma non c’è stato spazio per nessuno. Vedo che c’è tanta litigiosità e tanta difficoltà nel fare le cose nel nostro calcio, se non si trova un clima più cordiale non si può costruire nulla. Dobbiamo andare ancora più avanti sui giovani, è in aumento il minutaggio ancora rispetto allo scorso anno e dobbiamo metterci in ordine a livello di conti. Non aumenteranno i ricavi, forse la punta massima il calcio l’ha già vissuta, dobbiamo fare i buoni padri di famiglia e capire a cosa andiamo incontro. Partendo dalla C spero che questa metodologia si possa trasferire anche al resto”.
Tema seconde squadre: il direttore sportivo della Roma ha aperto ad una possibile adesione al progetto. Con l'Inter altra spettatrice interessata. In vista del prossimo futuro è necessario ritoccare la normativa sulle seconde squadre?
“Il tema è molto ampio, furono inserite dal sub-commissario Costacurta nel 2018 perché l’Italia non si qualificava al Mondiale. Sembrava qualcosa di impossibile, mentre si è ripetuto nel 2022 e quella decisione fu presa il giorno dopo l’eliminazione dal Mondiale. Il modello è quello spagnolo ed è un’idea che va avanti da molto tempo. Per il momento, però, è prematuro parlare di quale sia l'incidenza che ha questo progetto sull'intero sistema calcistico italiano. Per riuscirci ci vorranno almeno altri cinque anni. Ricordo sempre che la scelta è della Federazione: la Serie C ha dato grande disponibilità e forse era più facile dichiararsi contrari ma si sarebbe tolta una possibilità importante. Bisogna vedere, poi, se in futuro ci sarà posto per altre seconde squadre: la scorsa estate c’è stata solo una società che non ha avuto i requisiti per iscriversi dando spazio al Milan. Se ci sarà spazio che si libererà e ci sarà una seconda squadra pronta si ragionerà di questo ingresso. I ripescaggi si verificheranno con le squadre di Serie C, la priorità andrà alle squadre di Serie C. Noi diamo disponibilità alla formazione, ma nei playoff non si potranno far scendere in alcun modo giocatori della squadra A perché si altererebbe il livello della competizione. Abbiamo dovuto dividere le seconde squadre nei tre gironi, non potevamo permettere un campionato sbilanciato con tre seconde squadre nello stesso girone. Dietro le quinte poi bisogna sempre combattere”.
Negli ultimi playoff è stato introdotto il VAR, questo può essere integrato anche durante la stagione regolare?
“Si, il tema arbitri è molto importante. Saluto e ringrazio Gianluca Rocchi perché ci ha permesso di introdurre il VAR nei playoff e nei playout della passata stagione: abbiamo dovuto preparare anche i varisti con dei corsi notte e giorno per ottemperare alle richieste. Avendo sempre 30 partite a weekend, servirebbe 30 VAR in più e 30 AVAR in più, quindi 60 persone in più da gestire a livello arbitrale. Cosa non semplice. Mi piacerebbe avere il VAR tutta la stagione, anche se vedo che le polemiche non si stemperano, anzi per assurdo aumentano e diventa una sorta di analisi dei singoli episodi. C’è un tema di costi molto chiaro, il VAR ha costi enormi, già utilizzarlo nei playoff è stato un costo importante, fortunatamente abbiamo quadruplicato i ricavi in stagione e quindi c’erano le risorse. Servirebbe un investimento su 1200 partite, una cifra che risulterebbe addirittura superiore alle campagne acquisti di alcune società. Cercheremo di fare ancora uno sforzo importante: lo scorso anno siamo riusciti a fare i playoff con sette telecamere e addirittura la finale di Carrara con 14. Con la finale ha avuto due milioni di telespettatori. Questo per far capire l’attenzione intorno a questa meravigliosa categoria che è la Serie C. Spesso c’è la lamentela nei confronti dell’arbitro, ma io credo che vadano aiutati e sorretti. Il pericolo vero è che tra qualche anno avremo sempre meno arbitri, finché li esponiamo agli attacchi e alle accuse. Quale ragazzino può pensare di fare il corso da arbitro per poi prendersi gli insulti o anche peggio dai genitori? Tutto questo per poi ottenere un rimborso quasi nullo. Una situazione per la quale ho votato a favore per l’aumento dello stesso. Nella sezione di Bologna che ho frequentato per anni ho visto crescere un giovane Nicola Rizzoli e ho visto diventare grande Pierluigi Collina. Parlando con lui la FIFA la studiando un modello per il light VAR e gli ho dato la disponibilità cosi come al presidente Federale di essere un campionato test per questo progetto”.
Dal presente al futuro e ai giovani che seguono con passione il calcio. Che rapporto ha la sua lega con quelle fasce d'età che diverranno i 'tifosi del futuro'?
“È importante ascoltare gli adolescenti perché ti fanno capire dove sta andando il mondo. Noi dobbiamo aprirci ai giovani, lo possiamo fare ad esempio con la comunicazione, abbiamo cambiato la nostra struttura social visto che si sta andando verso un mondo più social, stiamo aprendo a Tik Tok e Instagram. Speriamo che il giovane possa riconquistare il legame con il territorio, tu guardi il Barcellona, il Manchester United e le italiane in Europa, ma magari il giovane può riavvicinarsi alla società del territorio. In Inghilterra c’è grande legame, noi dobbiamo salvare il rapporto con i comuni che è un sentimento unico della Serie C e declinarlo con strumenti più moderni. La tradizione non è venerazione delle ceneri ma culto e custodia del fuoco, è una citazione letteraria importanti ma non dobbiamo venerare le ceneri, dobbiamo custodire il fuoco che deve portare avanti il movimento”.