Una grande sfida per una grande squadra. Ranieri si prepara a Inter-Roma

Quando tutto sembra rallentare, quando la manovra si fa prevedibile e le certezze iniziano a sgretolarsi, sono i singoli a dover accendersi. Sono quelli che non ti aspetti a prendersi la scena e a tenere in piedi una squadra che oggi, nonostante la continuità di risultato e la ritrovata identità, è evidentemente stanca.
In questo momento, la prestazione da 8 fisso in pagella è quella di Mile Svilar. Non è più solo un giovane promettente: si sta dimostrando un portiere completo, reattivo, concentrato e soprattutto coraggioso. Contro il Verona ha compiuto interventi decisivi, ma lo aveva già fatto soprattutto contro la Lazio. È uno dei pochissimi a dare una sensazione di costanza e crescita vera, indipendentemente dal risultato.
Anche Eldor Shomurodov ha colto l’occasione per rilanciarsi. Spesso dato per partente, ha risposto con una prestazione generosa, intensa, fatta di corsa e presenza fisica. Si è messo al servizio della squadra, ha pressato, ha fatto da riferimento offensivo nei momenti in cui la Roma faticava a risalire il campo.
E poi c’è Matias Soulé, che in un attacco povero di fantasia ha provato a inventare, a rompere gli schemi. Ha mostrato intraprendenza, ha chiesto palla, ha provato a saltare l’uomo anche quando il contesto attorno sembrava statico. In una squadra che sembra andare a giri ridotti, Soulé ha avuto l’atteggiamento giusto, quello di chi gioca per cambiare le cose, che ha capito che senza Dybala c’è bisogno di tutto sè stesso.
Il resto del gruppo, invece, continua ad accendersi a corrente alternata. A volte, non è solo una questione di gambe: è l'inventiva che sembra non esserci al momento giusto. Manca rapidità, ma soprattutto a volte manca lucidità. Capire quando affondare, quando rallentare, quando tenere la palla o rischiare la giocata: sono dettagli, ma fanno tutta la differenza.
Ranieri lo sa bene. Partite come quella contro l’Inter non hanno bisogno di troppe parole – si preparano da sole, si giocano con l’istinto. Ma non basta il nome dell’avversario per accendere una scintilla. Serve che il mister, ancora una volta, tocchi le corde giuste, magari con quel modo tutto suo di dire le cose dritte in faccia, senza fronzoli.
E poi, serve che in campo scendano i migliori. Non i nomi sulla carta, ma quelli che stanno davvero bene, quelli che hanno voglia, quelli che ci credono ancora. Perché adesso non c’è più spazio per il risparmio o per le prove generali. Adesso servono undici giocatori pronti a dare tutto. Undici che sappiano di giocarsi qualcosa di più di una semplice partita.
