TMW RADIO - Sconcerti: "Ho parlato con Mancini, ha ancora voglia. Ma se arrivasse il Newcastle?"
Mario Sconcerti, decano del giornalismo sportivo e opinionista di TMW Radio, ha parlato durante Stadio Aperto con Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini durante Stadio Aperto, analizzando i problemi dell'Italia calcistica, iniziando da un paragone con l'ultimo fallimento Mondiale: "Stavolta è diverso, di mezzo c'è un Europeo vinto e il record di risultati positivi per la nazionale: è molto meno facile e automatico incartare tutto e buttare via. Ormai è chiaro che i problemi di un selezionatore in Italia sono infiniti, non ci sono più di 35 giocatori convocabili. Il problema non è il ct ma il programma che gli si vuole affidare: Mancini il mestiere lo sa fare, deve essere nelle condizioni per poterlo fare. L'eliminazione era annunciata e siamo a quattro Mondiali falliti, non si deve parlare di episodio ma di crisi di sistema. Al solito sbagliavamo problema, pensando subito al cambio di allenatore. Che poi non è detto non ci sia, visto che Mancini non ha detto ancora che resta ma di essere allineato col presidente. Ci sono ancora partite importanti, come la sfida all'Argentina e le partite di Nations League".
Mancini ha ancora il sacro fuoco di allenare?
"Sono sicuro di sì, ci ho scambiato due parole e mi ha detto che è assolutamente così. Bisogna vedere quanto resterà sostenibile: la situazione non dipende da chi la tiene in mano, è scivolosa e può sfuggirti in ogni momento. Mettiamo che il Newcastle e i suoi novi proprietari arabi gli facciano un'offerta... Nel calendario della nazionale ci saranno lunghi momenti vuoti, va capito che le cose da fare sono soprattutto della Federazione. Per esempio abolendo il Decreto Crescita che sta distruggendo i nostri settori giovanili. Non si può continuare così".
Per quanto sarà questo il nostro livello?
"L'Europeo non è stato un caso isolato, se non nel tempo. C'è stato un lungo progetto dietro, di gioco, e non è stato possibile ripeterlo. Però non c'è niente a dirci che stiamo uscendo da una situazione di impossibilità numeriche. C'è chi ha innestato massicciamente i giocatori africani, chi poteva permetterseli come Francia o Inghilterra, o altrimenti c'è stato l'esodo verso campionati qualificanti. Noi invece abbiamo molto difeso i nostri, che ci sono però stati pure richiesti poco. La pioggia di gol di giovani centravanti in Italia sono diventati come quelli in Turchia. Porti Abraham, che in Inghilterra non giocava, e segna subito. O Lukaku, che fa la riserva al Chelsea adesso. Sta succedendo qualcosa di importante senza che ce ne siamo accorti. Abbiamo avuto una cosa straordinaria, la nostra miglior squadra fermata, retrocessa e condannata. Dopo Calciopoli non è più stato un campionato regolare. Quattro scudetti di fila dell'Inter, mai successi, nove della Juve, idem. Il nostro campionato è diventato anomalo".
Siamo già in ritardo sulle giovani generazioni?
"A volte mi capita di vedere il Campionato Primavera, lì non trovate chi corre e cerca il dribbling, non si entra in area ma ci si gira intorno. Quaranta passaggi scontati, di cui venti al portiere: che gioco abbiamo? Puoi farlo, per carità, ma a duecento all'ora".
C'è un problema di allenatori?
"Di istruttori. Abbiamo perso identità, noi siamo gente che aveva una propria dottrina e a quella si affidava, che si cuciva bene addosso alle caratteristiche fisiche e tecniche. Ci siamo messi a imitare la Spagna di vent'anni fa... Siamo degli orecchianti, e da tanto tempo. I nostri giocatori non hanno personalità, non c'è più il campione da trent'anni, quello che vuole vincere, quello cattivo. Quelli del 2006 avevano già più di trent'anni. Ho la netta sensazione che l'Italia interessi poco agli italiani, serve per festeggiare".