Vice di Lucescu, campione d'Ucraina. Longo: "De Zerbi perfetto per lo Shakhtar"
"De Zerbi va ad allenare un grandissimo club e lo Shakhtar con lui farà un grandissimo passo in avanti. Sinceramente mi spiace, avrei preferito vederlo in un top club italiano però in Italia siamo sempre un passo indietro nel capire il valore dei nostri allenatori". A dirlo, nel corso di una lunga intervista rilascia a TMW, è Diego Longo, allenatore italiano che quest'anno da vice Lucescu fino a tre mesi fa ha vinto il titolo in Ucraina alla Dinamo Kiev con undici punti di vantaggio sullo Shakhtar di Luis Castro.
Genovese di nascita, cittadino del mondo. Longo ha allenato in Romania, ma anche in Arabia Saudita, in Qatar in Grecia e, appunto, in Ucraina. Sempre col ruolo di vice, ruolo che adesso è pronto a smettere per intraprendere una nuova carriera da primo allenatore.
Partiamo dall'attualità, dallo Shakhtar che sceglie De Zerbi.
"E' un club che va fino in fondo quando individua un giocatore o un allenatore giusto per il suo progetto. C'è disponibilità economica, ma soprattutto libertà. Due aspetti assenti in quasi tutti i club italiani di oggi: non a Sassuolo, e infatti ha fatto molto bene. Lo Shakhtar anche per caratteristiche dei giocatori, per cultura calcistica degli ultimi 15 anni, sembra fatto apposta per De Zerbi. Ha una colonia brasiliana di grande qualità ma anche una nuova generazione di giocatori Ucraini pronti a fare la differenza".
Giocano col 4-3-3 come De Zerbi al Sassuolo?
"Tendenzialmente sì, anche se qualche volta hanno cambiato. Moraes, il centravanti, per caratteristiche ricorda un po' Caputo. Marlos e Taison sono due esterni d'attacco che giocano col piede invertito. C'è Teté poi che è fortissimo. E a centrocampo hanno grande qualità, giocatori come Stepanenko, Marcos Antonio, Maycon e Alan Patrick che sono proprio bravi. In difesa l'esperienza di Matvijenko e un terzino destro che secondo me è fortissimo, Dodò".
Potrà portare con sé un paio di giocatori, su chi punteresti?
"Ti direi subito Locatelli, ma credo abbia un mercato più alto. Boga sarebbe perfetto, se Taison e Marlos lasceranno Boga sarebbe perfetto per giocare alto a sinitra. E poi, ecco, magari un terzino sinistro e se possibile un centrocampista alla Maxime Lopez, un metronomo davanti alla difesa".
Nonostante uno Shakhtar così forte, voi avete vinto il titolo con undici punti di vantaggio.
"Lo Shakhtar è fortissimo ma ha vissuto una stagione di passaggio, di transizione. Mentre la Dinamo ha meno qualità ma un gruppo molto forte e unito di giovani ucraini. Gli stranieri non sono del livello dello Shakhtar, certo, ma umili e hanno fatto gruppo. Mircea dal punto di vista offensivo lascia tanta libertà, un aspetto che insieme all'unità del gruppo ha fatto la differenza".
Alla Dinamo Kiev c'è anche Supriaga, lo scorso settembre molto vicino al Bologna che arrivò a offrire fino a 12 milioni di euro
"Supriaga è un attaccante potenzialmente molto forte. Ha caratteristiche che mal si sposavano con la Dinamo di quest'anno: spalle alla porta soffre, ma negli spazi diventa devastante e in una squadra che gioca in verticale può fare molto bene. Quest'anno visto l'impiego a intermittenza ha perso un po' di fiducia ma ha qualità incredibile. Forse proprio ora che s'è abbassata la valutazione bisognerebbe puntarci, la Dinamo Kiev non può più permettersi di tenerlo e di rinunciare a un'offerta importante come fu quella del Bologna".
Come è passare da Razvan a Mircea Lucescu?
"Avevo bisogno di stimoli nuovi e passare a Mircea te li dà, è una leggenda. Completamente diverso dal figlio, sono opposti, dal lavoro alla mentalità. Sono vincenti entrambi, molto affamati. Ma dal punto di vista del gioco, dell'organizzazione, sono completamente diversi".
In cosa?
"Mircea è fiuto, sensibilità, istinto. Razvan è lavoro, s'è costruito coi sacrifici e con lo sforzo. Per Mircea quello che sente vale più di qualsiasi gps, ha leadership e carisma che riesce a trasmettere solo con la sua presenza. Il figlio paga un po' in questo senso, ma è molto più maniacale nella preparazione alla partita. Quest'anno ho imparato che tante cose non tangibili, che non si posso toccare, possono contare di più di quelle tangibili, della tattica e di tutti il resto".
Cioè?
"Ti racconto un aneddoto...".
Prego
"In rosa quest'anno c'era un giocatore che era fuori rosa. Ma fuori, fuori. Non dava nulla durante gli allenamenti, non svolgeva nemmeno la rifinitura. La sera prima della finale di Supercoppa, Mircea ha però visto in lui qualcosa di diverso. Non aveva fatto nemmeno la rifinitura con noi ma decise di schierarlo in campo. Bene, Rodrigues decise quella partita. Seguendo i numeri, le statistiche, era impossibile metterlo. Ma è stata una trovata incredibile e non un caso isolato: per lui le sue sensazioni vengono prima di tutto".
Quest'anno in Champions avete affrontato la Juve due volte e perso due volte. Ti aspettavi fosse quinta a 90 minuti dalla fine del campionato?
"Sinceramente sì, me l'aspettavo. Dopo averli affrontati avevo capito che non potevano competere quest'anno, avessero vinto qualcosa sarebbe stato un miracolo. Non hanno solidità, compattezza. E' tutto molto fumoso, superficiale, filosofico. C'è tanta filosofia e poca pratica. Il match di ritorno l'abbiamo perso nettamente mentre in quello d'andata siamo stati troppo rinunciatari, con Morata che l'ha sbloccato e deciso a inizio ripresa. Chiesa in quel momento era in uno stato fantastico e c'era il vero Morata, senza Cristiano Ronaldo. Però la senti una squadra forte e questa Juve non lo è: quando ho giocato contro il Chelsea di Sarri la sensazione in campo era diversa.
Mercoledì si giocherà la finale di Coppa Italia contro l'Atalanta.
"Dubito possano vincere visto come giocare l'Atalanta".
Idee chiare, le avrà anche da primo allenatore?
"Sì, ho idee chiare e anche uno staff già pronto".
E il suo modulo quale sarà?
"Più che nel modulo, credo nei principi di gioco, ma soprattutto in quelli morali. Disciplina, organizzazione e coinvolgimento, sono cose che nel corso degli anni mi hanno convinto della loro importanza. Dal punto di vista del gioco mi piace molto vedere i miei ragazzi giocare con intensità: una squadra che pressa, recupera e verticalizza rapidamente. Mi piace il discorso della copertura delle linee, ho seguito molto allenatori come Sarri e Giampaolo. E poi De Zerbi, appunto: oggi in Italia è l'allenatore che mi piace di più, anche per come gestisce e valorizza la rosa senza dare importanza alla carta d'identità. Un modello".
Allenerà in Italia o all'estero?
"Non lo so ancora. Credo però sarà più facile che io vada all'estero proprio per un discorso di possibilità che hai all'estero rispetto all'Italia. Ho fatto 16 anni sempre all'estero, grosse amicizie nel sistema italiano non ne ho, mentre all'estero guardano molto le esperienze e il curriculum".