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esclusiva

CT Angola: “Vi racconto il nostro calcio. E quella volta con Leao allo Sporting…"

ESCLUSIVA TMW - CT Angola: “Vi racconto il nostro calcio. E quella volta con Leao allo Sporting…"
mercoledì 12 aprile 2023, 18:30Serie A
di Niccolò Pasta

Una vita nelle giovanili dello Sporting, poi il grande salto e l’avventura in Africa, alla guida dell’Angola. Ai microfoni di TUTTOmercatoWEB.com si racconta il commissario tecnico della nazionale angolana, il portoghese Pedro Soares Gonçalves, che con le Palanças Negras cerca la storica qualificazione alla Coppa d’Africa 2024: “Alleno dal 1996, sto per concludere la mia ventisettesima stagione da allenatore. È stato un bellissimo viaggio, per molti anni della mia carriera mi sono concentrato nelle Academy, calcio giovanile. Ho lavorato per sedici anni nel settore giovanile dello Sporting e questa cosa mi ha cambiato, ha formato la mia personalità e ciò che sono diventato come professionista. Nel 2014, l’ultimo anno in cui sono stato allo Sporting, abbiamo ricevuto una visita da parte del presidente del Primeiro de Agosto, una delle squadre più importanti d’Angola. Stavano visitando alcuni settori giovanili in Europa perché avevano intenzione di costruire un grande settore giovanile in Africa. Li ho conosciuti, li ho incontrati e abbiamo scambiato qualche chiacchiera e dopo due giorni mi hanno invitato, con il mio staff dello Sporting, ad andare in Africa per costruire una grande Academy in Angola. Il loro sogno era quello di costruire una Academy per tutta l’Africa, avevano individuato noi come i migliori sul campo e ci hanno contattati. Dopo sedici anni allo Sporting ho sentito che fosse giunto il momento di tentare una nuova avventura, qualcosa di completamente diverso e ho iniziato la mia avventura in Angola”.

E da lì poi si sono aperte le porte della Nazionale.
“Prima ho cominciato con il Primeiro de Agosto, dove sono stato tre anni e dove le cose sono andate bene. Poi un Consiglio formato dai dirigenti del club e della federazione mi ha convocato proponendomi la panchina dell’Under 17 dell’Angola. Era il 2018, erano passati tre anni dal mio arrivo e nella mia testa l’idea era quella di tornare a casa. Avevo un figlio piccolo, un altro stava per nascere e pensavo di tornare alla mia vita in Portogallo. Ma ho capito che quella era un’opportunità per costruire qualcosa di diverso in Angola, con una generazione che ho cresciuto e contro cui avevo giocato contro al Primeiro de Agosto nei tre anni precedenti. Ci siamo giocati il turno di qualificazione per andare al Mondiale di categoria, dove l’Angola non aveva mai vinto e abbiamo vinto tutte le partite, vincendo il torneo africano e venendo promossi al torneo Afcon. L’anno dopo ci siamo qualificati per il Mondiale e dopo un anno e mezzo siamo andati in Brasile per disputare la competizione, per la prima volta nella storia dell’Angola. Nel frattempo, la Nazionale maggiore era uscita malamente dalla Coppa d’Africa che si era giocata in Egitto e il CT era stato esonerato. Il board mi ha chiesto di dare una mano alla squadra per qualificarsi al Mondiale in Qatar. Abbiamo disputato le qualificazioni, era il mio debutto su una panchina di una prima squadra, ma poi sono andato al Mondiale con l’Under 17 e in seguito la Federazione mi ha affidato la panchina della Nazionale maggiore. È stata una bella avventura, sento che piano piano stiamo migliorando, stiamo scalando le gerarchie del calcio africano e questo, di fatto, è il mio percorso in Angola, paese in cui ormai sono da otto anni. Mi sento un angolano, sono stato qui tanti anni, ho vissuto un sacco di situazioni molto simboliche e culturali in questo paese e ora l’Angola non è solo un luogo di lavoro per me, ma un posto di cui mi sento parte. Il nostro obiettivo ora è qualificarci alla prossima Coppa d’Africa del 2024, stiamo provando ad alzare il livello per chiudere un percorso ad alto livello e riportare l’Angola tra le migliori nazioni in Africa”.

Passare dal calcio europeo a quello africano deve essere stato molto complicato, viste le grosse differenze…
“La prima cosa che posso dire è che chiaramente le condizioni sono completamente diverse. Le strutture sono quasi inesistenti, le infrastrutture, le risorse, non sono cose paragonabili. Ci sono delle condizioni completamente diverse rispetto all’Europa. In Africa ci sono probabilmente dodici Nazionali che possono lavorare in condizioni molto buone al momento: in quei casi, la differenza rispetto all’Europa, è proprio nell’ambiente. Prendiamo ad esempio il Marocco, l’Algeria, il Senegal, il Camerun, la Nigeria, l’Egitto, sono molto diverse da noi in Angola. A volte magari non c'è una grandissima professionalità e competenza, ma c'è tanta passione. Resta comunque un gap enorme tra l’UEFA e il CAF. In Africa c'è tanto bisogno di crescere ancora tanto, ma serve ancora tempo per riuscire ad avvicinarsi al livello europeo”.

La nazionale angolana può essere al livello di qualche nazionale europea?
“Abbiamo due giocatori della nostra Nazionale che giocano in Italia, M’Bala Nzola dello Spezia e Zito Luvumbo del Cagliari, a cui sono legato da una storia particolare perché è stato il primo calciatore che ho portato nell’Academy del Primeiro de Agosto. È un grande giocatore, così come Nzola che è assolutamente di un altro livello. Sono due ottimi giocatori. Il mio compito in Nazionale è riuscire a dare coinvolgimento e impegno per cambiare la mentalità in Angola. Questo paese ha avuto per tanti anni una guerra civile, fino al 2002, e in quegli anni molte persone hanno lasciato il paese per andare all’estero. Piano piano le cose si stanno riassestando. La maggior parte dei nostri giocatori gioca proprio qui nel paese, ma ci sono diversi giocatori che giocano in Europa ed è importante per far crescere la mentalità. Le cose stanno cambiando, ci sono tanti figli dell’Angola che giocano in Nazionale e all’estero, e tanti nostri talenti che cresciamo in casa e poi facciamo maturare all’estero. Abbiamo rivoluzionato la Nazionale dal mio arrivo: abbiamo tantissimi giovani, molti dei ragazzi con cui avevamo raggiunto il Mondiale Under 17, ma non solo loro. Ci sono alcuni buoni giocatori, in Angola i migliori club concedono buoni stipendi e spesso i ragazzi, che in Angola sono molto attaccati alle famiglie, preferiscono rimanere nel paese e guadagnare una buona cifra piuttosto che tentare l’avventura all’estero. O arrivano grossi club europei a bussare alla porta, oppure molti di loro preferiscono restare a casa. Ad esempio, se arriva una squadra di bassa classifica in Serie B a chiedere un giocatore ai top club dell’Angola molti rifiutano e preferiscono rimanere in patria. Ma per fortuna questa cosa nelle nuove generazioni sta cambiando, hanno più coraggio nell’accettare queste opportunità per crescere, proprio come ha fatto Zito Luvumbo".

C'è qualche calciatore che crede sia pronto al salto in Italia?
"Posso consigliare qualche nome, come Manuel Keliano, centrocampista 20enne che gioca al Primeiro de Agosto ed è un giocatore strepitoso, con grandi qualità, con buone capacità sotto porta, forte, di grande mentalità. Penso che non resterà ancora molto in Angola. Ma c'è anche Antonio Hossi, giovane difensore di 21 anni, o Pedro Francisco, il nostro terzino sinistro. C’è poi Gilberto, che ha giocato titolare contro il Ghana scatenando il pubblico. Ha 22 anni, è un grande talento, una sorta di Dembelé. Questi ragazzi penso saranno i prossimi a lasciare l’Angola per l’Europa a fine anno”.

Nei suoi anni allo Sporting ha allenato anche Leao: si sarebbe aspettato un’esplosione del genere?
“Beh, pensa che nella mia ultima stagione nell’Academy era in Under 16 ed era ad un passo di essere lasciato fuori dallo Sporting. Era praticamente stato tagliato. Aveva giocato solo due partite in Under 15, era entrato allo Sporting a otto anni in una generazione d’oro, quella del ’99. C’era Luis Maximiano della Lazio, Thierry Correia del Valencia, Daniel Bragança che ora è in prima squadra allo Sporting, Miguel Luis che gioca in Polonia, Ruben Vinagre dell’Everton, e tanti altri, che ora giocano da professionisti. Molti di loro giocavano insieme da quando avevano 7-8 anni, e a volte il comportamento di Rafa era quello che vedi. A volte sembrava fuori dal gioco, ma poi bastava che scattasse un click nella sua testa ed ecco che si metteva in mostra. C’erano diversi dubbi, era praticamente stato fatto fuori, c’è stata una riunione per decidere il suo futuro e io ero il coordinatore di quel meeting. Ho detto che avremmo dovuto tentare fino all’ultimo a spronarlo, perché un giocatore di quel tipo non capita spesso. Dovevamo giocarci le nostre carte fino all’ultimo per cercare di fargli cambiare la mentalità, perché aveva tutto per arrivare ad altissimi livelli. Sono molto contento di aver insistito, tant’è che dopo appena tre mesi da questo meeting è stato convocato per la prima volta nella Nazionale Under 16 del Portogallo. Quella stagione è stata quella in cui Rafa ha veramente cominciato ad essere Leao. Basta un click e tutto può cambiare e Leao è proprio questo, con una giocata può cambiare le partite. Non lo riesci a fermare, è un giocatore straordinario, con tecnica fuori dal comune, qualità enormi, bravo sotto porta. Lui è il calcio ed è per quello che l’anno scorso ha vinto il titolo di miglior giocatore in Italia, che non è stata una sorpresa per me perché è talento puro”.

Da portoghese, Mourinho è una ispirazione per lei?
“Chiaramente Mourinho è un punto di riferimento per tutti, non solo per noi portoghesi. La mia carriera è cominciata in maniera molto simile alla sua. Non ero un grande giocatore, ho capito presto che non avrei sfondato e mi sono iscritto all’università. Ho avuto una opportunità per iniziare ad allenare e ho smesso di giocare. Ho preso la laurea in scienze sportive e ho cominciato ad allenare i ragazzi. José più o meno ha seguito questo percorso, ha studiato anche lui nell’università dove mi sono laureato io ed è un punto di riferimento, anche se non è il profilo di allenatore a cui sono più legato. Lo rispetto tantissimo ovviamente, ha fatto la storia. Ho imparato molto da lui per il suo modo di essere, il suo modo di comunicare, ma io ho un modo diverso di approccio al calcio. Ha vinto tantissimo, sta facendo molto bene anche alla Roma, ma ho altri allenatori da cui traggo ispirazione, anche più anziani di Mourinho, come ad esempio Carlos Queiroz. Mi sento più vicino al suo modo di allenare e di vedere il calcio. Io poi sono cresciuto con il calcio italiano, quando era il migliore di sempre. Come dimenticare Arrigo Sacchi e Fabio Capello? Anche loro sono dei punti di riferimento per il mio modo di giocare”.

Siamo in un momento di grandi confronti tra Italia e Portogallo, con Inter-Benfica e Juventus-Sporting. Il calcio italiano si sta riavvicinando a quello di cui parlava lei?
“Quando ero giovane io non c’era niente come il calcio italiano. La passione che gli italiani mettono nel calcio è differente, così come il rigore, l’accuratezza tattica, sono cose che solo gli italiani sanno fare in questo modo. Sacchi e Capello hanno portato il calcio ad un livello superiore, hanno segnato una intera generazione. Ricordo quando i club portoghesi dovevano affrontare le italiane, tutti sapevano che la campagna europea sarebbe finita lì. Forse in dieci partite ne avrebbero potuta vincere una. Poi è arrivata la Premier, è cresciuta la Liga, è tornata la Bundesliga e la Serie A è un po’ calata. Ma ora penso che piano piano si stia riprendendo. Non è una sorpresa per me, così come non è stata una sorpresa per che l’Inter abbia battuto il Benfica, meritando. La partita è stata equilibrata, è vero, ma tutti sapevano che l’Inter aveva qualcosina in più, oltre ad avere giocatori migliori. Non è ancora finita, ovviamente, il Benfica proverà a fare del suo meglio a San Siro, ma sono abbastanza convinto che l’Inter sia già in semifinale. Sporting-Juventus sarà una partita dura. Lo Sporting ha un allenatore giovane che sta facendo davvero un grande lavoro, è molto intelligente. Non sono nella loro forma migliore in questo momento, stanno crescendo ma penso che anche la Juventus non sia più quella di qualche anno fa. Su questa partita non so che dire, non so come potrebbe finire, anche se poi vedendo le rose non ci dovrebbe essere partita. La Juventus ha giocatori migliori dello Sporting, ma lo Sporting è una squadra quadrata, molto attenta, anche se a volte gioca sempre nello stesso modo ed è difficile cambiare alcune situazioni all’interno delle partite. Penso che saranno due belle partite”.

La stella della vostra nazionale, M’Bala Nzola, brilla sempre di più.
“È un giocatore che ha tutto. Protegge la palla come pochi, è bravissimo ad attaccare in transizione, quest’anno sta giocando una stagione super dopo le difficoltà dell’anno scorso. Qualcosa è cambiato in termini di mentalità, sta migliorando sempre di più e step dopo step è diventato uno dei migliori attaccanti del momento”.

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