Scelte inspiegabili e prestazioni impalpabili: la Roma non si dà vita
La caratteristica principale di Claudio Ranieri è sempre stata considerata il pragmatismo, il fare cose semplici e razionali per dare (o, più spesso, restituire) logica alle squadre che allena, una caratteristica messa chiaramente al servizio della Roma anche in questo suo terzo stint da tecnico, in cui ha riportato la squadra ad avere un rendimento accettabile, o comunque al livello che ci si poteva aspettare all’inizio della stagione. E pragmatica era stata la scelta di domenica scorsa di risparmiare minuti a più di un titolare, visto che la situazione in campionato è quella che è il quarto di finale secco di Coppa Italia era una partita in cui lo storico non contava e in cui le chance di puntare all’obiettivo erano le stesse delle occasioni precedenti in cui si era raggiunto questo punto della competizione.
Fatte queste premesse, diventano ancora più inspiegabili alcune scelte dell’allenatore, non solo le più evidenti come quella di lasciare ancora fuori Artem Dovbyk, seduto in panchina per gran parte della gara contro il Napoli, e mandare in campo un calciatore come Eldor Shomurodov, piegato sui blocchi di partenza per tutto il mese di gennaio e lì rimasto solo perché Ghisolfi non ha reperito un’alternativa di livello superiore; scegliere, per esempio, Pisilli, in un periodo di fisiologica non brillantezza, in un appuntamento di questo livello è apparso una contraddizione da più di un punto di vista, così come rinunciare nel secondo tempo a Paredes, non certo più brillante di altri ma sempre riferimento per guidare il pallone dalla propria metà campo a quella avversaria, azione più che mai necessaria quando ricominci dopo l’intervallo sotto di due gol.
L’eliminazione arriva per questo? No, o per lo meno non solo, perché, tutto sommato, il primo tempo aveva dimostrato che anche la squadra messa in campo fosse potenzialmente al livello della gara, ma l’idea, forse l’illusione, di poter trovare in una sola partita tanto di ciò che manca da troppo tempo - prestazioni convincenti fuori casa, vittorie contro le big e proprio passaggi del turno in Coppa Italia - si è dissolta in una resistenza fiaccata dopo appena un quarto d’ora, con un piano partita (ammesso che di questo si possa parlare quando si lascia fuori certi giocatori in una gara senza appello) accartocciato e buttato nel cestino nello stesso tempo. La fase difensiva e le prestazioni negative di troppi singoli (possibile paradosso: forse a Hummels fa male riposare troppo spesso?) hanno cancellato ogni potenziale velleità in quello che se non era l’appuntamento dell’anno si avvicinava molto a esserlo (e rendere un quarto di finale di Coppa Italia un possibile appuntamento dell’anno dà l’idea della situazione in cui versa la Roma in questa stagione), un’ulteriore aggravante nella serata che, forse, ha visto la differenza più ampia tra aspettative e resa effettiva.
Ci sarà da riflettere ma non troppo, perché a questo punto anche i prossimi due appuntamenti infrasettimanali diventeranno, a questo punto, le serate dell’anno e così sarà finché la Roma rimarrà in gioco in Europa League, in una autoinflitta condanna a giocare ogni gara di coppa con l’idea che uscire sconfitti significherà chiudere anzitempo la stagione. Non è solamente colpa di questa sera, ma di certo non si è fatto tutto quel che si poteva per darsi un po’ più di vita e questa è la colpa più grande nell’ormai consueto stop invernale in Coppa Italia.