Un Cagliari che scalda il cuore e risveglia l'orgoglio del popolo sardo
Un Cagliari che riscalda il cuore, risvegliando l’orgoglio di un popolo di tifosi che sa che deve soffrire ma pretende che non si tema nessuno.
Lo spirito mostrato contro il Milan era stato frustrato a Roma con la Lazio, perché il Cagliari che va per la sua strada sapendo di dover scalare anche le montagne si era intravisto anche all’Olimpico, offuscato dalle vergogne arbitrali.
Non è un Cagliari che piange e si lamenta.
È un Cagliari padrone del suo destino, che non si pone problemi se non, crescere di partita in partita. Lo si capisce osservando i progressi dei singoli e non solo quelli immuni da critiche. Lo si vede da Deiola, che malgrado le valanghe e non di neve che subisce anche quando non piove, si mette a disposizione della squadra e nasconde l’assenza di Adopo, facendo l’operaio e non il ragioniere.
Lo si vede nell’umiltà di Makoumbou che pagato lo scotto di Udine sembra aver capito che la palla è preferibile viaggi più velocemente. Lo si vede nei grandi progressi di Van Zappen che Nicola ha portato a scuola di difesa per aumentare la sua autostima ma poi lo libera in attacco per riprendere a essere la promessa del settore giovanile dell’Inter, che giurava su di lui.
Progressi concreti, non partite fortunate.
Ci vuole pazienza perché la missione di far crescere i calciatori è certamente più rischiosa per un allenatore di quanto lo è parare tutto, anche le parti delicate del suo corpo, per evitare responsabilità, pronto a sparare a zero sui limiti altrui. È un Cagliari diverso dal recente passato. È forse il Cagliari che si voleva con Zeman, pronto a investire sui giovani da far crescere. Allora si era pensato che solo il tecnico boemo con la sua filosofia spiccia e severa potesse ottenere il risultato.
Lo si può fare anche con un allenatore sensibile che non ama essere uno sborone e che da anni vive il calcio come una missione impossibile. Guarda alle persone, guarda ai giovani, forse anche per ciò che gli ha riservato la vita. Ed è capace di pensare che si può vincere anche partendo dai difetti, dagli errori, per andare a cercare di correggerli. Con consapevolezza. Recuperare due volte non è solo questione di calcio: è questione di generosità, di disciplina, di pazienza, di perseveranza, di concentrazione e di fede.
La filosofia di un tecnico che riesce a farsi seguire, che dimostra di essere una guida, per i più giovani, un padre. Per questo con lui può crescere il Cagliari. Diamogli altri giovani, come Piccoli, come Zortea, come Adopo, anche dal nostro settore giovanile. Diamogli altri ragazzi come Luvumbo che anche nel corso della partita contro il Milan è stato redarguito severamente, ma poi, immediatamente incoraggiato, perché diventi calciatore e non rimanga solo un giocatore.
Sembrano dettagli insignificanti rispetto alla grande partita contro il Milan. Invece sono i contenuti fondamentali di una squadra che, altrimenti, dopo la sconfitta con Ayroldi e la vittoria del Milan al Bernabeu, si sarebbe impicciolita tanto da scansarsi, come diceva a suo tempo Buffon. Il Cagliari non si scansa, sta in mezzo al campo a testa alta. Le prende e le dà, nella prospettiva di poterle sempre più dare che prenderle.
L'altra sera l’ha capito anche il Milan.