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Dove va il calcio?
Come volevasi dimostrare, le esternazioni di Ranieri dopo Porto - Roma portano all'Olimpico il francese Letexier, vincitore del "Premio Campanati" e pupillo del designatore Rosetti. I portoghesi avranno una direzione di gara perfetta, al contrario dei giallorossi. Detto questo, se la Premier ha capacità economica superiore, la Liga ci sovrasta sul piano tecnico e su quello politico non si esiste, è facile trovare spiegazione agli insuccessi nelle coppe. Se a queste considerazioni si aggiunge la Scuola di Coverciano, lontano ricordo di quella vera, viene facile domandare dove va il calcio. Potremmo ridurre il gap con facilità, avessimo gli uomini giusti ai posti giusti. So che è un'utopia, ma la speranza è l'ultima a morire.
Ricordo Andrea Agnelli quando contestò Collina, allora designatore UEFA. Finì tutto sotto silenzio. Anzi, l'arbitro si dimise, per occupare l'altra carica, ancora più importante, che gli apparteneva: la guida della FIFA. Non avevamo capito che un designatore italiano non poteva tutelare le nostre squadre senza perdere credibilità e incarico. Circolava il nome dello scozzese Dawson per la sostituzione. Invece Ceferin scelse Rosetti e si tornò punto e a capo. Quindi non continuiamo a lamentarci se nelle coppe abbiamo direttori non all'altezza o subiamo ingiustizie. E' già scritto: il torinese Rosetti deve mantenere il posto. Si potrebbe obbiettare che Gravina è Vicepresidente UEFA. Evidentemente il suo peso è zero.
Se nella finale di Europa League di due anni or sono, Roma - Siviglia, dirige l'inglese Taylor, che con l'allenatore Mourinho aveva avuto non facili rapporti, qualcosa non quadra. Se Ranieri, oltre a contestare Stieler, ricorda la sconfitta propiziata da Taylor, non può essere un caso. Se il Milan ha una partita non facile con il Feyenoord, l'arrivo del polacco Marciniak dà massime garanzie agli ospiti. Alle corte, bisogna tornare a Paolo Bergamo per avere un designatore che riusciva a non danneggiare i nostri club. Ma allora il calcio aveva al comando lo spagnolo Angel Maria Villar Llona e il nostro era il braccio destro. Non sbagliava un colpo. Le squadre e le nazionali spagnole erano ai vertici, ma le italiane non potevano lamentarsi. Erano protette da uno cui il protettore non poteva dire di no.
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