Cesena, Klinsmann Jr.: "Il calcio italiano? Un sogno. Nessuna pressione da mio padre"
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Alla domanda se gli capiterà mai un’intervista senza che gli venga chiesto di suo padre, Jonathan Lee Klinsmann sorride largo. Del resto, portare quel cognome non passa inosservato. Suo padre, Jürgen, fu un campione del mondo nel 1990 e una leggenda dell’Inter e della Sampdoria. Lui, invece, ha scelto un’altra strada: fare il portiere. Il classe '97, numero uno del Cesena, si è raccontato in una lunga intervista concessa a La Repubblica.
Un Klinsmann tra i pali fa effetto. Ma com’è successo?
"Da bambino giocavo in attacco nel Grünwald, in Germania, ma mi incuriosiva stare in porta. A 13 anni ho deciso di cambiare ruolo".
Cosa significa giocare in Italia?
"Volevo far parte di questo mondo. Da piccolo guardavo le partite di Inter e Samp con mio padre, immaginavo le emozioni dei giocatori. Ora le provo in prima persona: è bellissimo".
Paolo Maldini raccontava di non sopportare i commenti del padre dopo le partite. Per lei è lo stesso?
"No, mio padre è sempre stato un supporto, mai una fonte di pressione. Quando da ragazzo lasciai il calcio per il basket, mi incoraggiò comunque".
Jürgen ha detto di lei: “Jonathan is a gamer, più la partita diventa difficile, più si esalta”.
"Sì, mi piace la tensione della gara. Quando scatta l’adrenalina, entro nella cosiddetta ‘zone’: sentire l’energia di una parata, la spinta dei tifosi, il frastuono degli avversari… tutto questo mi carica".
Come ha trovato la Serie B italiana?
"Mi piace da matti. Negli USA ogni partita è uno show, qui si lotta per qualcosa: chi sogna la A, chi si batte per salvarsi. Amo questo clima da battaglia".
Il miglior complimento ricevuto da suo padre?
"Dopo il mio debutto da titolare a Salerno, mi disse: “You changed the game, hai cambiato la partita”. Stavamo perdendo, ho rilanciato velocemente Tavsan che ha subito fallo dal portiere avversario, poi espulso. Poco dopo abbiamo pareggiato. È stato un punto importante".
E la critica più dura?
"Non è mai stato troppo severo. Se sbaglio, ne trae spunti per farmi migliorare. Nel calcio tutti commettono errori. Lui lo sa bene".
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