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Un piano schizofrenico: come la Roma paga le scelte della dirigenza

Un piano schizofrenico: come la Roma paga le scelte della dirigenzaTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
Oggi alle 07:45Serie A
di Debora Carletti

A inizio anno, l’obiettivo fissato dalla famiglia Friedkin per la Roma era chiaro: riportare la squadra in Champions League. Un obiettivo ambizioso, che ben rappresentava le alte aspettative di una società pronta a investire massicciamente pur di vedere la Roma nuovamente protagonista in Europa.
Nonostante gli investimenti ingenti, ad oggi i risultati tardano ad arrivare, e le prestazioni della squadra non rispecchiano né l’impegno economico profuso né l’obiettivo dichiarato.

A questo punto, però, appare limitante soffermarsi unicamente sulle colpe di allenatore, capitano o squadra in generale. È necessario volgere uno sguardo più ampio, mettendo sotto la lente d’ingrandimento la pianificazione stagionale orchestrata dai piani alti della società.

Sin dal primo anno della nuova gestione americana, si era intuito un approccio non convenzionale e talvolta poco risoluto nel prendere decisioni fondamentali, ma oggi questa mancanza di coerenza sembra aver dato vita a una gestione altalenante, quasi schizofrenica. Decisioni spesso scollegate tra loro e a volte non supportate da una visione di lungo termine, stanno cominciando a mostrare le loro conseguenze. Ciò che emerge è un quadro in cui le scelte societarie sembrano frammentate, più reattive che strategiche, con un focus che si sposta di volta in volta senza un chiaro filo conduttore.

Questo atteggiamento ha portato a una gestione in cui il progetto sportivo ha finito per assumere contorni sempre più incerti e contraddittori, con ripercussioni dirette sulle prestazioni della squadra e sulla fiducia generale del pubblico.

Ad aggravare questa situazione c’è stata poi la scelta di affidare il coordinamento tecnico (dopo appena 4 giornate) ad un allenatore in cerca di affermazione, con idee di gioco difficilmente adattabili alla squadra costruita attraverso un mercato concepito per un altro mister.

Questo mismatch tra la visione dell’allenatore e le caratteristiche dei nuovi innesti ha generato un’incompatibilità tattica evidente, che si riflette in campo con prestazioni disomogenee e prive di identità.

Di conseguenza, ciò che vediamo oggi è una squadra priva di equilibrio, che paga non solo per una pianificazione poco lungimirante, ma anche per un mercato incoerente con le esigenze del tecnico, portando a galla una mancanza di sinergia che rischia di minare alla base l’intero progetto stagionale.

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